Il perdono giudiziale del minore
La disciplina del diritto penale minorile ha un legame con la Costituzione italiana, in particolare con gli artt. 27 e 31 comma 2 .
L'articolo 27 comma 3 Cost. stabilisce il principio rieducativo della pena e diventa altresì la funzione preminente in merito all'applicazione della pena nei confronti del minore, essendo quest'ultimo un soggetto ancora in fase di formazione e alla ricerca della propria identità.
Proprio per questo il trattamento sanzionatorio da infliggere deve garantire un repentino recupero all'interno del contesto sociale.
L'articolo 31 comma 2 Cost. impone alla Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù favorendo degli istituti necessari a tale scopo.
Compito a tal proposito del legislatore è quello di creare degli istituti che possono essere funzionali al recupero del minore, uno di questi è il perdono giudiziale.
Il perdono giudiziale è previsto e disciplinato dall' art. 169 del Codice Penale, ha natura giuridica di causa estintiva del reato ed è applicabile solo ed esclusivamente al minore di età ossia colui che, nel momento della commissione del fatto, abbia già compiuto quattordici anni, ma non ancora la maggiore età. In particolare, il giudice dispone una sentenza di non luogo a procedere comportando sia l'estinzione del reato e sia la mancata applicazione delle pene accessorie e degli effetti della condanna.
Tale istituto si attua a partire dall'udienza preliminare, nel corso di un procedimento penale già avviato, dopo che il Pubblico Ministero formula l'accusa e che sottopone i documenti riguardanti la responsabilità penale dell'imputato minorenne al Tribunale.
La peculiarità del perdono giudiziale è la funzione rieducativa in quanto il giudice assolve il minore con sentenza irrevocabile ,proprio per la sua minore età, avendo come obiettivo quello di consentire un rapido recupero all'interno della società.
I presupposti per la concessione del perdono giudiziale, ai sensi dell'articolo 169 c.p., sono così delineati:
- reato "bagattelare" commesso dal minore, ovvero un reato che dall'ordinamento giuridico non è considerato particolarmente grave;
- non può essere concesso sia se il minore ha precedenti condanne a pena detentiva per delitto e sia se è un delinquente abituale o professionale;
- accertare la responsabilità del minore, ossia il giudice deve accertare la sua colpevolezza prima di concedere il beneficio. L'accertamento di tale responsabilità non è sufficiente in quanto è sempre necessario il consenso del minore;
- la pena restrittiva della libertà personale (arresto o reclusione) non deve essere superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore ad euro 1.549,37. Secondo la giurisprudenza tale limite si riferisce alla pena che verosimilmente potrebbe essere irrogata dal giudice (Cass. Pen. Sez. II, Sentenza 04.05.2011 n. 23637);
- la possibile presunzione che il minore si asterrà dal commettere ulteriori fattispecie di reato tramite criteri di valutazione di cui all'articolo 133 c.p.;
Nonostante che tale istituto determini l'estinzione del reato non vuol dire che il fatto commesso venga cancellato.
La legge, infatti, prevede che il provvedimento emesso, ossia la sentenza di non luogo a procedere, venga iscritta nel casellario speciale fino al compimento della maggiore età per poi essere trasmessa nel casellario comune dove permane fino al ventunesimo anno d'età, per poi essere cancellata.
Come prescrive l'ultimo capoverso dell'art. 169 comma 1 c.p. ".. il giudice può astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio, quando, avuto riguardo alle circostante indicate nell'art. 133, presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati."
In tal senso il giudice deve valutare e verificare la gravità del reato, la capacità a delinquere e conoscere il passato del minore per accertare se sussiste o meno un rischio di recidiva.
Bisogna comprendere, dunque, se il minore abbia avviato un processo di cambiamento per dimostrare di aver "imparato la lezione" e che quindi sia andata a buon fine la funzione rieducativa di tale beneficio.
L'ultimo comma dell'articolo 169 c.p. prevede che il perdono non possa essere concesso più di una volta ma la Corte Costituzionale ha stabilito delle eccezioni attraverso le quali può essere concesso, ovvero: per reati diversi appartenenti al medesimo disegno criminoso o reati di concorso purché la pena detentiva prevista non superi nel massimo i due anni.
È bene sottolineare che il perdono giudiziale può essere concesso anche d'ufficio dal giudice senza che l'imputato o il suo difensore ne abbiano fatto richiesta e che è possibile riprodurre una documentazione utile per "provare" il futuro comportamento del minore.
Per documentazione utile intendiamo, ad esempio, la relazione svolta da uno psicologo o psicoterapeuta con cui il minore ha effettuato delle sedute, la pagella scolastica con rendimento positivo, lavoro o volontariato svolto dal minore abitualmente oppure svolto dallo stesso dopo aver commesso il fatto.
Qualora non sussistano i requisiti de quo supra previsti da tale beneficio, può essere concessa:
- la sospensione condizionale della pena che risulta essere meno favorevole in quanto con il perdono giudiziale l'estinzione del reato avviene con il passaggio in giudicato della sentenza mentre, con la sospensione condizionale, gli effetti dell'estinzione si producono decorsi cinque anni dalla condanna per delitti e due anni per le contravvenzioni senza che l'imputato commetta nuovi reati. Può essere sempre revocata dal giudice;
- La sospensione del processo con messa alla prova, disposta con ordinanza nel corso dell'udienza preliminare o dibattimento, prevede che il processo venga sospeso per un lasso di tempo per sottoporre il minore ad un progetto rieducativo predisposto dai servizi sociali in accordo con l'imputato. L'esito positivo della prova comporterà l'estinzione della pena;