Principio di legalità 4.0

21.10.2022

Il principio di legalità, quale colonna portante del nostro ordinamento, si erge da pilastro anche nell'area del diritto amministrativo, trovando espressa regolamentazione all'art. 1 della L. n. 241 del 1990.

Tale norma statuisce che: "l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princípi dell'ordinamento comunitario". 

Quanto appena riportato sancisce la sottoposizione della Pubblica Amministrazione alla legge, a cui è assegnato il compito di perseguire l'interesse pubblico, nonché i modi ed i mezzi tramite i quali ha l'obbligo di provvedere alla cura degli interessi pubblici, in osservanza dei principi costituzionalmente garantiti - dall'art. 97 - di buon andamento ed imparzialità.

Ciò considerato, sembra lecito chiedersi: 

Cosa accade ogniqualvolta la Pubblica Amministrazione - ed in particolare il principio di legalità - si interfacciano con l'evoluzione tecnologica? È possibile definire e trattare i procedimenti amministrativi attraverso procedure schematizzate che non risentano dell'impulso umano, quali gli algoritmi?

Appare ovvio che anche il diritto risenta dello sviluppo informatico; così, proprio a tal proposito, si è espresso il Consiglio di Stato che - con la decisione della Sezione VI del 13 dicembre del 2019 n. 8472 - ha delineato il principio della c.d. legalità algoritmica, contemplando "la possibilità che il procedimento di formazione della decisione amministrativa sia affidato a un software, nel quale vengono immessi una serie di dati così da giungere, attraverso l'automazione della procedura, alla decisione finale". 

Nel suddetto decisum il Consiglio non solo ammette l'opportunità di addivenire all'adozione di provvedimenti amministrativi attraverso procedure robotizzate, ma precisa come la stessa Unione Europea ed il nostro assetto ordinamentale, già a partire dalla L. n. 241/90, accogliessero tale possibilità. 

Invero, il ricorso a procedure automatizzate consentirebbe sia di rispondere ad esigenze di celerità e di semplificazione sia a quelle proprie della legge sul procedimento amministrativo, quali i principi di economicità ed efficacia della P.A.; essendo altresì funzionale a far fronte alla necessità di un minor dispendio di energie pubbliche e ad uno snellimento processuale nonché all'accelerazione degli iter procedimentali.

Peraltro, precisa il Consiglio, l'utilizzo di tali strumenti informatici deve essere improntato al rispetto delle regolamentazioni ed osservare gli obiettivi perseguiti dal nostro sistema.

L'algoritmo viene inquadrato in termini di modulo organizzativo, di strumento procedimentale ed istruttorio, soggetto quindi - a fronte di quanto sopra esposto - alle verifiche tipiche di ogni procedimento amministrativo, da svolgersi sulla scorta della legislazione attributiva del potere e delle finalità perseguite dall'organo pubblico, titolare dello stesso.

Tuttavia, i Giudici di Palazzo Spada pur ammettendo - ab origine - il ricorso ai mezzi de quo in relazione alle sole attività vincolate (non soggette quindi ad alcun tipo di discrezionalità) impongono l'osservanza di alcuni criteri: "a) la piena conoscibilità a monte del modulo utilizzato e dei criteri applicati; b) l'imputabilità della decisione all'organo titolare del potere, il quale deve poter svolgere la necessaria verifica di logicità e legittimità della scelta e degli esiti affidati all'algoritmo; c) il carattere non discriminatorio dell'algoritmo utilizzato".

Dunque, è possibile procedere all'analisi delle suddette limitazioni in tal senso:

- il punto a) attiene al concetto di "conoscibilità" che si estrinseca sia nella piena conoscibilità da parte dei privati che da parte della Pubblica Amministrazione, quale proiezione del principio di trasparenza. Affermando che il modulo deve essere pienamente "conoscibile" il Consiglio vuole sottolineare come la regola tecnica che attiene alle modalità di elaborazione della decisione debba poi risolversi in una regola giuridica, potendo quindi essere conosciuta ed intuita dalla totalità dei consociati. Vediamo come il requisito della conoscibilità si snodi in quello della "comprensibilità". Infatti, affinché le procedure algoritmiche vengano accolte è necessario che siano comprese dalla totalità dei soggetti e che i medesimi possano verificarne il rispetto, la conformità e le finalità perseguite. La conoscibilità dell'algoritmo deve essere garantita in modo tale che sia permesso ai soggetti di individuare gli autori, i criteri decisionali ed il procedimento utilizzato per l'elaborazione della decisione.

L'interesse conoscitivo della persona è ulteriormente tutelato dal diritto di accesso riconosciuto a livello nazionale dall'art. 22 della L. n. 241 del 1990 e sovranazionale dall'articolo 15 del Regolamento n. 679/2016 (EU GDPR) che contempla, a sua volta, l'opportunità per l'individuo di ricevere informazioni relative all'esistenza di eventuali processi gravanti sulla propria persona e trattati con le procedure automatizzate.

- Il criterio b) prevede, invece, la non esclusività della competenza del procedimento informatizzato in quanto il soggetto passivo su cui incide il provvedimento ha diritto a che la sua sfera giuridica non sia influenzata - esclusivamente - dai mezzi qui in esame. 

Quanto esposto trova conferma anche in ambito europeo, dove il Reg. n. 679 del 2016 all'art. 22, titolato "processo decisionale automatizzato relativo alle persone fisiche, compresa la profilazione" conferisce il diritto a non essere sottoposti alle sole procedure automatizzate.

- Con il punto c) viene invece spostata l'attenzione sulla tutela dell'individuo in capo al quale gravano i provvedimenti ottenuti con il ricorso agli algoritmi. Il sopra citato Regolamento europeo, concentrandosi sulle modalità di elaborazione dei dati, integra la disciplina già contenuta nella Direttiva 95/46/CE con l'intento di arginare il rischio di trattamenti discriminatori per il singolo che trovino la propria origine in una sconsiderata fiducia nell'utilizzo degli iter computerizzati. 

A tal proposito, dal considerando n. 71 del Reg. n. 679/16 il diritto sovranazionale elabora il principio di non discriminazione algoritmica, secondo cui è doveroso utilizzare procedure matematiche che siano allineate con la profilazione, affinché sia garantita la correzione e la rettifica di elementi inesatti nonché sia attenuato il rischio di errori. Tutto ciò al fine di eliminare od erodere qualsiasi effetto di stampo discriminatorio.

Il più recente approdo del Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 febbraio 2020, n. 88, consente di estendere il principio di cui sopra anche alle attività discrezionali della P.A., superando il limite della vincolatività e permettendo agli algoritmi di intervenire in quelle materie in cui all'Amministrazione è consentito adottare decisioni effettuando - in base alla legge - una scelta fondata sulla ponderazione di un interesse pubblico primario con interessi secondari, pubblici, privati o collettivi.

Dott.ssa Lucrezia Menotti