Processo Open Arms: la Procura sceglie il ricorso per saltum

19.07.2025

A cura di Dott.ssa Gemma Colarieti

Leggi anche: Processo Open Arms: depositate le motivazioni dell’assoluzione a Salvini

Continua la saga del "processo Opens Arms", che vede coinvolto l'allora Ministro dell'Interno Matteo Salvini per i reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio per aver negato, nel 2019, lo sbarco alla nave della Ong spagnola con a bordo 147 migranti soccorsi in mare. Dopo l'assoluzione dello scorso 20 dicembre e il deposito delle motivazioni della sentenza (ne abbiamo parlato qui), la Procura di Palermo ha scelto di ricorrere direttamente davanti ai Supremi Giudici, senza impugnare in appello la sentenza, attraverso la cosiddetta revisio per saltum.

Questo istituto giuridico disciplinato dall'articolo 569 del Codice di procedura penale, infatti, permette di impugnare una sentenza di primo grado direttamente in Cassazione, ma affinché sia valido, è necessario l'accordo di entrambe le parti. Il codice di rito, a tal proposito, stabilisce che se entro quindici giorni dalla notificazione, le parti che hanno proposto appello dichiarano tutte di rinunciarvi per proporre direttamente ricorso per cassazione, «l'appello si converte in ricorso e le parti devono presentare entro quindici giorni dalla dichiarazione suddetta nuovi motivi, se l'atto di appello non aveva i requisiti per valere come ricorso».

Naturalmente, se non sussistono i requisiti per il ricorso immediato per Cassazione, ad esempio in presenza di vizi come la mancata assunzione di prove decisive o una motivazione contraddittoria, il ricorso viene automaticamente ri-convertito in appello. Si tratta di una procedura utilizzata raramente, che comporta vantaggi in termini di rapidità ma limita le possibilità di integrazione probatoria che normalmente si avrebbero in secondo grado.

Nel caso Open Arms, dunque, i magistrati della Procura contestano l'interpretazione giuridica della sentenza di primo grado, che ha assolto Salvini. La decisione non ha smentito i fatti contestati ma ha interpretato in modo errato le norme sui porti sicuri e sulle responsabilità istituzionali perché il ragionamento giuridico sostenuto dal Collegio, interpretando erroneamente leggi e convenzioni internazionali, avrebbe negato che in capo all'Italia gravasse l'onere di assegnare alla nave della ong spagnola il porto sicuro (Pos). In particolare, si legge nell'impugnazione, l'assoluzione sarebbe viziata da violazioni di leggi perché «il Tribunale di Palermo ha accolto pienamente le prospettazioni del Pubblico Ministero sulla complessiva ricostruzione dei fatti, divergendo dalla tesi accusatoria solo con riguardo all'individuazione e interpretazione della normativa applicabile alla fattispecie». A tal proposito, i pm citano poi la decisione delle Sezioni Unite Civili della Cassazione che il 18 febbraio scorso condannò il Ministro dell'Interno per un caso analogo, quello della nave Diciotti, a cui pure fu negato lo sbarco. Anche allora, a causa del mancato rilascio del Pos che il Ministero dell'Interno riteneva dovuto da altri Stati, l'imbarcazione rimase in acque territoriali, nei pressi di Catania, e i naufraghi non poterono raggiungere la terraferma.

«Nella pronuncia - scrive la Procura - si è sostanzialmente affermato che il negato sbarco, lungi dall'essere giustificabile alla luce delle procedure previste in tema di search and rescuе, non solo si pone in contrasto con la chiara normativa internazionale sul soccorso in mare che, comunque, si fonda sul generale e cogente obbligo di soccorso e sul dovere di collaborazione solidarietà tra Stati, ma soprattutto viola l'art. 13 della Costituzione e le altre norme sovranazionali che tutelano il medesimo bene giuridico». «Di conseguenza, si è affermato che i migranti subirono indubbiamente un'arbitraria privazione della libertà personale e che, anzi, la decisione di merito, che non si era confrontata con tali disposizioni di rango superiore, doveva ritenersi priva di una vera e propria motivazione».

La scelta dei pm di affidarsi alla valutazione giuridica della Cassazione è espressione della volontà di ottenere un orientamento su un tema che ha inevitabilmente ripercussioni sui confini delicati e precari tra potere politico e legalità, oltre che su potere politico e giudiziario.