La non punibilità per particolare tenuità del fatto alla luce della Riforma Cartabia

24.05.2025

Cass. pen., sez. III, del 10 gennaio 2023, n. 21183

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A cura di Avv. Laura Giusti 

La Riforma Cartabia ha inciso, in senso ampliativo, sulla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta nell'ordinamento nel 2015.

In particolare, ha apportato tre innovazioni:

- in primo luogo, è stato modificato l'ambito applicativo della norma (la versione originaria della norma faceva dipendere l'applicabilità della stessa dal massimo edittale previsto per il reato, che non doveva essere superiore a 5 anni. La Riforma invece attenziona il minimo edittale, che non deve essere superiore a 2 anni. Tale scelta risponde anche alle sollecitazioni della Corte Cost., che nel 2020 si era spinta a dichiarare l'incostituzionalità della norma, nella parte in cui non consentiva l'applicazione dell'art. 131 bis c.p. a reati privi di un minimo edittale, ancorché sanzionati con un massimo di pena superiore a 5 anni – sentenza Corte Cost. n. 156/20);

- in secondo luogo, si è prevista espressamente la rilevanza anche della condotta susseguente al reato;

- in terzo luogo, la norma ha introdotto un nuovo terzo comma nel quale si enumerano le ipotesi delittuose specifiche, cui la norma non è applicabile.

Tale norma ha tuttavia lasciato irrisolte due questioni controverse, ossia la rilevanza delle condotte successive al reato e l'applicabilità dell'art. 131 bis c.p. al concorrente nel reato.

Prima questione controversa (rilevanza delle condotte successive al reato): la giurisprudenza precedente aveva escluso che le condotte successive al fatto potessero incidere sulla valutazione di particolare tenuità per due ragioni, ossia, sul piano del dato testuale (Cass. SU n. 18891/22), la precedente formulazione della norma ancorava i parametri di valutazione della particolare tenuità dell'offesa al solo comma primo dell'art. 133 c.p. (la condotta susseguente al reato è collocata nel comma 2), e sul piano della ratio dell'art. 131 bis c.p. (Cass. n. 893/18), si sosteneva che le condotte susseguenti al reato fossero inidonee a rendere lieve un fatto originariamente non tale.

Almeno in un'occasione, però, la Cassazione aveva dato rilievo al comportamento susseguente al fatto, in ragione di condotte ripristinatorie-riparatorie; tuttavia, la Suprema Corte aveva affermato che le condotte successive al reato di tipo riparatorio erano valutabili anche ai fini del 131 bis c.p., non tanto per affermare l'esiguità dell'offesa, quanto a supporto dell'esclusione dell'abitualità della condotta (Cass. n. 4123/18).

Dato che con la Riforma Cartabia viene in rilievo anche la condotta successiva al fatto, si pone il dubbio di perimetrare la rilevanza di quest'ultima. Di tale compito si fa carico la Cassazione n. 18029/23.

Cass. pen., sez. III, n. 18029 del 04.04.23: il Giudice di merito aveva escluso l'applicabilità dell'art. 131 bis c.p., valorizzando il fatto che non fosse stata pagata la somma dovuta ai fini dell'oblazione.

La Suprema Corte evidenzia l'illogicità dell'argomentazione del Giudice di merito, in quanto il mancato pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione non può essere indice di fatto non tenue, in quanto il pagamento della medesima estingue il reato.

La Cassazione afferma che la condotta susseguente al reato è un parametro che non è mai in grado da solo di rendere il fatto tenue.

Tale pronuncia si inserisce in quello che può già considerarsi un orientamento consolidato, inaugurato dalle SU prima della Riforma Cartabia, le quali hanno affermato che la condotta susseguente al reato è oggi un elemento suscettibile di essere preso in considerazione nell'ambito del giudizio di particolare tenuità dell'offesa, ai fini di valutare l'offensività oggettiva e soggettiva del fatto (Cass. SU n. 18891/22).

Nel delineare quali siano le condotte successive valutabili ai fini dell'art. 131 bis c.p., la Cassazione individua due parametri:

- il primo, di ordine cronologico, è dato dal fatto che deve trattarsi di atti posti in essere dopo la consumazione del reato;

- il secondo, che si ricava dalla ratio dell'art. 131 bis c.p., consiste nell'idoneità delle condotte ad incidere sulla misura dell'offesa.

Peraltro, è stata sostenuta l'applicabilità retroattiva, ai sensi dell'art. 2 comma 4 c.p., della valutazione della condotta susseguente al reato, tuttavia la Cassazione, con la sentenza che stiamo esaminando, ha affermato che delle tre modifiche – modifica dell'ambito applicativo della norma; introduzione della rilevanza delle condotte susseguenti al reato; ampliamento delle esclusioni oggettive – solo le prime due sono favorevoli al reo e dunque operano retroattivamente.

Seconda questione controversa (applicabilità dell'art. 131 bis c.p. al concorrente nel reato): sul tema si è pronunciata la seguente sentenza.

Cass. pen., sez. III, n. 21183 del 10.01.23: essa ha affermato che, dal momento che il Legislatore ha accolto la teoria monistica del concorso di persone nel reato, così facendo ha attribuito l'evento a carico di tutti i concorrenti. Ne deriva che la solidarietà nel delitto, importa la solidarietà nella pena, con il solo limite della non punibilità della mera connivenza, dovendo valutare caso per caso se l'art. 131 bis c.p sia applicabile o meno a ciascuno dei concorrenti.