Quali tutele sono garantite, oggi, al lavoratore licenziato illegittimamente?

24.10.2023

Negli ultimi anni si sono succeduti una serie di interventi normativi, che hanno reso estremamente variegato il tema delle conseguenze in caso di licenziamento illegittimo.

Uno specchietto riassuntivo può essere utile sia ai lavoratori, per conoscere gli strumenti che l'ordinamento mette a loro disposizione, sia agli imprenditori, per valutare se risolvere o meno un rapporto di lavoro tenendo conto adeguatamente dei rischi che tale scelta comporta.

Sebbene ragioni di sintesi non consentano ovviamente di esporre nel dettaglio tutte le conseguenze previste per ciascuno dei molteplici casi di illegittimità del licenziamento, ciò che si può fare in questa sede è schematizzare i criteri con cui deve essere individuata la normativa applicabile, che potrà poi essere consultata con specifico riferimento a ciascuna fattispecie concreta.

Innanzitutto, occorre guardare alla data di assunzione del dipendente.

Se il rapporto è stato instaurato a partire dal 7 marzo 2015, si applicheranno le c.d. "tutele crescenti", previste dal d.lgs. n. 23/2015 (uno dei decreti attuativi del c.d. "Jobs Act").

Per le assunzioni precedenti, invece, sarà necessario verificare preliminarmente il numero di dipendenti occupati dall'azienda.

E così, si applicherà l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, riformato dalla "legge Fornero" del 2012 e da alcune recenti sentenze della Corte costituzionale, laddove il datore occupi alle sue dipendenze più di quindici lavoratori (o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo) nel comune in cui si trova lo stabilimento presso il quale ha avuto luogo il licenziamento e, in ogni caso, laddove il datore di lavoro occupi più di sessanta dipendenti, indipendentemente dal luogo in cui essi lavorano.

Nel caso in cui il datore non abbia invece tali dimensioni, si applicheranno le tutele previste dalla l. n. 604/1966.

Occorre ricordare, infine, che il licenziamento dovrà essere impugnato stragiudizialmente, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla sua comunicazione, e che l'impugnazione sarà inefficace se non seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso innanzi al giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

Avv. Claudio Serra