I reati a mezzo stampa: la responsabilità del direttore
I reati commessi a mezzo stampa sono disciplinati agli artt. 57-58bis del codice penale e sono collocati nel capitolo relativo alla responsabilità oggettiva.
La responsabilità oggettiva sorge ogni qualvolta sia attribuibile la responsabilità al soggetto pur in assenza di dolo o colpa quale conseguenza di un fatto antigiuridico dallo stesso commesso, imputando quindi all'agente il solo rapporto di causalità.
La Corte Costituzionale, con un'importante sentenza del 23 marzo 1988 n. 364, si è occupata della compatibilità tra la responsabilità oggettiva e il principio di personalità della responsabilità penale ex art. 27 Cost. osservando che, ammettendo l'esistenza della responsabilità oggettiva in materia penale si andrebbe incontro ad un contrasto con il principio costituzionale nulla poena sine culpa.
La responsabilità oggettiva, prevista ad esempio in ambito civilistico, non è quindi compatibile con il diritto penale e per ciò detto non esistono ipotesi di tale responsabilità in ambito penalistico.
La Corte Costituzionale ha quindi adottato un'interpretazione adeguatrice delle fattispecie concepite in termini di responsabilità oggettiva dovendole ricondurre sempre, quanto meno, ad ipotesi colpose.
Ciò detto, l'originaria ipotesi ex art. 57 c.p. veniva concepita come una ipotesi di responsabilità per fatto altrui poiché suddetto articolo prevedeva che fosse responsabile del reato commesso dall'autore dell'articolo anche il direttore del giornale, essendo sufficiente l'omissione di controllo sul contenuto dell'articolo stesso.
A seguito della interpretazione adeguatrice data dalla Corte Costituzionale, come sopra detto, l'attuale art. 57 c.p. punisce il direttore del giornale a titolo di colpa in quanto "[...] omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati".
Oggi quindi la responsabilità del direttore del periodico è una responsabilità per fatto proprio e colpevole che si sostanza nell'omesso esercizio di un generico dovere di controllo sul contenuto del periodico.
La responsabilità colposa del direttore si fonda sulla posizione di preminenza relativa all'obbligo di controllo, potere di censura e facoltà di sostituzione.
Il reato in esame, secondo la giurisprudenza maggioritaria, è da considerarsi come reato autonomo anche in virtù della clausola di sussidiarietà.
Altra tesi, rimasta peraltro minoritaria, considera il reato ex art. 57 c.p. quale ipotesi di concorso colposo in reato doloro commesso dall'autore dell'articolo.
L'art. 57-bis c.p. contempla un'ipotesi di responsabilità sussidiaria dell'editore o dello stampatore qualora l'autore dell'articolo sia ignoto o non imputabile.
A seguito di interpretazione estensiva della giurisprudenza, è stata ritenuta applicabile la responsabilità ex art. 57 c.p. anche del direttore di periodico online, da sempre esclusa al fine di evitare di incappare inuna interpretazione analogica in malam partem.
La Cassazione infatti, con sentenza del 11 gennaio 2019, n. 1275, ha ritenuto responsabile anche il direttore di una testata online per aver colpevolmente omesso di vigilare circa la liceità dei contenuti pubblicati.
La Suprema Corte infatti sottolinea come "[...] il giornale telematico soggiace alla normativa sulla stampa, perchè ontologicamente e funzionalmente è assimilabile alla pubblicazione cartacea e rientra, dunque, nella nozione di "stampa" di cui all'art. 1 della legge 8 febbraio 1948 n. 47, con la conseguente configurabilità della responsabilità ex art. 57 del codice penale ai direttori della testata telematica".[1]
La Corte ha infatti precisato che, per affermare ciò, si è proceduto a svolgere un'interpretazione adeguatrice ed estensiva anziché analogica così evitando di violare il principio del divieto di analogia in malam parte previsto in materia penale.
[1]Cass. Pen., Sez V, 11 gennaio 2019, n. 1275