Reati tributari: par conditio creditorum versus privilegium fisci in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria

19.05.2023

Rimessa alle Sezioni Unite penali la questione riguardante i rapporti tra misure obbligatorie penali e sottoposizione a procedura fallimentare del soggetto destinatario della misura. In particolare si chiede se, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta anteriormente alla adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare, l'avvenuto spossessamento del debitore erariale per effetto dell'apertura della procedura concorsuale osti al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro debba comunque prevalere attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta (Questione Pendente n. 30947/2022 del 22 giugno 2023).

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> IL FATTO

Il quesito scaturisce dal ricorso avverso il rigetto di un'istanza di dissequestro delle quote di capitale sociale di un'impresa fallita. 

Nel 2019, infatti, l'impresa L.G. Snc ed i suoi soci illimitatamente responsabili erano stati dichiarati falliti (oggi "in liquidazione giudiziale"). 

Nel medesimo anno la curatela del Fallimento L.G. Snc chiedeva la revocatoria degli atti riguardanti il trust "D." per chiedere l'inefficacia rispetto alla massa fallimentare della attribuzione ad esso delle quote societarie dei soci falliti unitamente alla società de quo.

Nel frattempo nel 2020 veniva disposto in sede penale il sequestro di tutti i beni conferiti dai soci nel suddetto trust a causa di ingenti debiti tributari: così facendo infatti costoro avevano "privato il loro patrimonio personale di risorse utili a garantire gli ingenti debiti tributari già accumulati dalla società L.G. Snc (…) sottraendoli alla garanzia patrimoniale su di essi ricadente in quanto soci solidalmente ed illimitatamente responsabili per le obbligazioni di quest'ultima".

Nel 2021 veniva infine disposta la revoca dell'efficacia rispetto alla massa fallimentare dell'atto pubblico con cui era stato costituito il trust e ne era stata disposta la dotazione patrimoniale, così come chiesto dalla curatela in sede di azione revocatoria nel 2019.

La curatela riteneva il suddetto sequestro erroneo in virtù della dichiarazione di fallimento dell'impresa avvenuta precedentemente al sequestro, privando così il titolare dell'amministrazione e della disponibilità dei beni sociali (ex art. 42 L. Fall.).

La motivazione del successivo rigetto dell'istanza di dissequestro invece si basava sull'assunto secondo cui "il sequestro preventivo prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto di qualsiasi procedura concorsuale, data l'obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro, per cui il rapporto fra il vincolo imposto tra l'apertura della procedura concorsuale e quello discendente dal sequestro deve essere risolto a favore della seconda misura".

La curatela ha quindi proposto ricorso in Cassazione lamentando la violazione degli artt. 321 c.p.p., 42 Legge Fallimentare[1] e 12bis del D.Lgs. 74/2000[2].

> IL DIBATTITO

Invero, il rapporto tra le misure obbligatorie penali e la sottoposizione a procedura fallimentare del soggetto destinatario della misura è stato oggetto di un annoso dibattito dottrinario e giurisprudenziale, soprattutto circa la legittimazione attiva del curatore fallimentare ad impugnare provvedimenti penali incidenti sulla consistenza della massa fallimentare stessa. Al fine di chiarire meglio la questione di diritto che qui interessa, occorre preliminarmente distinguere due casi.

  • Una prima ipotesi, nell'ambito della quale il sequestro dei beni sociali sia disposto prima della pronuncia di fallimento: nulla quaestio. Infatti, in questo caso permane il vincolo di indisponibilità dei beni.
  • Una seconda ipotesi, in cui il sequestro dei beni sia successivo alla pronuncia di fallimento.
  • Nel caso in cui i beni della massa fallimentare siano già stati assegnati ai creditori prima del provvedimento di sequestro (cautelare o definitivo): la titolarità dei beni viene attribuita personalmente ai singoli creditori in qualità di soggetti terzi rispetto alla commissione del reato a causa del quale si dispone il sequestro o la confisca; quindi, questi sono immuni rispetto alla misura ablatoria[3].
  • Invece, nel caso in cui i beni non siano già stati assegnati, stante i diversi indirizzi interpretativi, sarà ora compito delle SSUU chiarire se questi possano essere sottratti alla massa oppure se questi debbano rimanervi obbligatoriamente.

i. Secondo un indirizzo più diffuso, il sequestro preventivo dei diritti di credito prevale sulle altre pretese derivanti da procedura concorsuale sui medesimi beni, "anche qualora la dichiarazione di fallimento sia intervenuta prima del sequestro"[4]. Tale interpretazione troverebbe conforto nelle seguenti circostanze:

  • Anzitutto la disciplina prevista dagli artt. 317 ss. D.Lgs. 14/2014, secondo cui vige la prevalenza delle misure cautelari reali rispetto alle procedure concorsuali seppur nei soli casi di sequestro preventivo strumentale alla confisca ex art. 321 comma II c.p.p.. Tale priorità verrebbe meno infatti nell'ipotesi di sequestro conservativo.
  • In secondo luogo, riprendendo il principio di diritto della sentenza a Sez. Unite Uniland[5] e seguendo un percorso ermeneutico logico, il curatore fallimentare non sarebbe legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo dei beni della società fallita, in quanto "non essendo titolare di alcun diritto sui beni del fallito, né in proprio, né quale rappresentante dei creditori del fallito (i quali prima della conclusione della procedura concorsuale non hanno alcun diritto restitutorio sui beni), lo stesso non è portatore di alcuna posizione soggettiva tutelabile né in relazione al sequestro preventivo né in ordine alla successiva confisca - sia essa diretta od anche per equivalente"[6].
  • Inoltre, la tesi di diverse pronunce giurisprudenziali secondo cui "il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente ex articolo 322ter c.p. prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto della dichiarazione di fallimento, attesa la obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro[7] e nelle quali la ratio di tale prevalenza dell'interesse statale sull'interesse dei creditori risiede nell'esigenza di inibire l'utilizzazione di un bene cd. pericoloso in vista della sua definitiva acquisizione da parte dello Stato"[8].
  • Infine, secondo quanto addotto dalla Procura Generale nella requisitoria scritta, "il vincolo patrimoniale apposto a seguito dell'apertura della procedura concorsuale importa lo spossessamento del fallito" in un'ottica di salvaguardia dal tracollo di tutti coloro che abbiano avuto rapporti economici con l'impresa coinvolta. La priorità, quindi, sarebbe la tutela delle esigenze economiche della collettività, relegando in posizione subalterna l'interesse originario dei singoli creditori rispetto a quello pubblicistico.

ii. Secondo un differente orientamento, invocato dalla curatela della società in liquidazione giudiziale e adottato da recente giurisprudenza a Sezioni Unite della Suprema Corte[9], sussisterebbe la legittimazione delle curatele fallimentari all'impugnazione dei provvedimenti cautelari reali incidenti sulla dotazione della massa e dunque a chiedere la revoca del sequestro preventivo ai fini di confisca. Tale tesi, in riferimento al caso di specie, è corroborata da diverse argomentazioni:

  • Il ragionamento giuridico sotteso al principio di diritto espresso dalle Sez. Unite n. 45936 del 2019. Il punto di partenza è l'identificazione da parte della giurisprudenza civilistica del curatore come detentore dei beni della liquidazione giudiziale. Da qui, si rileva la natura pubblicistica di codesta funzione, che la rende pertanto una detenzione qualificata: "la legittimazione all'impugnazione del curatore, in quanto derivante dalla sua posizione di soggetto avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati, investe necessariamente la totalità dei beni facenti parte dell'attivo fallimentare. Ciò corrisponde peraltro al dato normativo di cui all'art. 42 L. Fall. per il quale la dichiarazione di fallimento, privandone il fallito, conferisce alla curatela la disponibilità di tutti i beni di quest'ultimo esistenti alla data del fallimento, e quindi anche di quelli già sottoposti a sequestro".
  • Il tenore letterale dell'art. 12bis d.lgs. 74/2000 nella parte in cui prevede che la confisca operi solamente nei confronti dei beni di cui il reo ha la disponibilità. Ammettere il caso contrario significherebbe consentire il sequestro anche su beni usciti dalla disponibilità del soggetto sottoposto a procedura concorsuale (cd. "fallito").[10]
  • In terzo luogo, il principio della par condicio creditorum. La prevalenza del sequestro sui beni della massa fallimentare comporterebbe una prelazione nel soddisfacimento dello Stato (nel caso di specie, l'Erario – cd. privilegium fisci) rispetto agli altri creditori, compresi quelli privilegiati, rispetto ai quali anzi dovrebbe assumere posizione recessiva.
  • Inoltre, la ratio della natura sanzionatoria della confisca è quella di colpire il reo e non i terzi: rafforzando la precedenza della confisca si andrebbe a sacrificare invece i creditori fallimentari, del tutto estranei al reato.

> L'ULTIMA PAROLA ALLE SEZIONI UNITE

Con ordinanza n. 7633 del 29 novembre 2022[11], la terza sezione penale, quindi, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite per il chiarimento della questione suesposta in merito ai rapporti fra sequestro preventivo in tema di reati tributari e fallimento dell'impresa coinvolta, riassumendo il quesito nei termini che seguono:

se, in caso di fallimento dichiarato anteriormente alla adozione del provvedimento cautelare di sequestro preventivo, emesso nel corso di un procedimento penale relativo alla commissione di reati tributari, avente ad oggetto beni atti alla massa fallimentare, l'avvenuto spossessamento del debitore erariale (indagato o inciso dal provvedimento cautelare) per effetto della apertura della procedura concorsuale, operi o meno quale causa ostativa all'operatività del sequestro ex art. 12 bis comma 1 D. Lgs. 74/2000, secondo il quale la confisca e, conseguentemente il relativo prodromico sequestro, non opera nel caso di beni pur costituenti il profitto o il prezzo del reato se questi appartengono a persona estranea al reato (art. 321 c.p.p., art. 42 Legge Fallimentare e art. 12bis D.Lgs. 74/2000).

Dott.ssa Chiara Battistoni

[1] Art. 42 L. Fall.: "La sentenza che dichiara il fallimento priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento.

Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi.

Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può rinunciare ad acquisire i beni che pervengono al fallito durante la procedura fallimentare qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi."

[2] Articolo 12 bis D.Lgs. 74/2000 "Confisca": Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del c.p.p. per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta.

Articolo così modificato dal D. Lgs. del 24/09/2015 n. 158 Articolo 10.

[3] Che trasferisce coattivamente la disponibilità o titolarità di beni o utilità a vantaggio della pubblica amministrazione.

[4] Cass. Pen., Sez. III, 01 febbraio 2022, n. 3575.

[5] Cass. Pen. SS. UU., 17 marzo 2015, n. 11170: in caso di fallimento di società a carico della quale era stata rilevata una ipotesi di responsabilità da reato ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, "i diritti acquisiti dai terzi in buona fede che, ai sensi dell'art. 19 del cit. D.Lgs., sono fatti salvi rispetto alla confisca, si identificano nel diritto di proprietà e negli altri diritti reali che gravano sui beni oggetto dell'apprensione da parte dello Stato e non anche nei diritti di credito". Di conseguenza "i creditori, prima della conclusione della procedura concorsuale della assegnazione dei beni, non sono titolari di alcun diritto su questi ultimi e quindi sono privi di un titolo restitutorio".

[6] Cass. Pen. Sez. II, 19 giugno 2019, n. 27262.

[7] Cass. Pen. Sez. III, n. 23907, cit. pag. 9 ordinanza in oggetto.

[8] Cass. Pen. Sez. III, 07 giugno 2017, n. 28077.

[9] Cass. Pen. SS. UU., 13 novembre 2019, n. 45936.

[10] Secondo diverse pronunce giurisprudenziali il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all'articolo 12 bis del D.Lgs. 74/ 2000 non può essere disposto su beni coinvolti nella liquidazione giudiziale, "in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento. (…) Il curatore infatti subentra ope legis nell'amministrazione della massa attiva nella prospettiva della sua conservazione ai fini della tutela nell'interesse dei creditori". Ex multis: Cass. Pen. Sez. III, 10 ottobre 2018, n. 45574; Cass. Pen. Sez. III, 8 luglio 2022, n. 26275.

[11] Dep. 22 febbraio 2023.