La falsa incolpazione quando è già avviato il procedimento penale costituisce calunnia

09.08.2025

Cass. pen., Sez. VI, del 27 giugno 2025, n. 23965

A cura di Dott.ssa Gemma Colarieti

Massima: Ai fini della configurabilità del reato non è necessario l'inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, ma è sufficiente che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile, cosicché, soltanto nel caso di addebito che non rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare, perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso, la concreta ipotizzabilità del reato denunciato, deve escludersi la materialità del delitto di calunnia.

L'art. 368, c.p., rubricato «Calunnia», punisce con la reclusione da due a sei anni, la condotta di «chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato».

Si distingue tradizionalmente tra calunnia formale e calunni materiale

La calunnia formale è quella che si realizza mediante denuncia, o qualsiasi altro tipo di notitia criminis, anche non qualificata o anonima, ma idonea a far sorgere un procedimento penale. Viene quindi esclusa tale fattispecie nei casi in cui il reato oggetto della denuncia sia sottoposto a condizione di procedibilità e questa manchi e nei casi in cui i fatti denunciati siano assurdi al punto tale da escludere l'avvio di un procedimento penale.

La calunnia materiale, invece, dipende dalla simulazione delle tracce di reato, che naturalmente non devono riguardare un reato veramente accaduto e che possono consistere in segni e indizi materiali oppure in segni sulla persona del denunciante o su altri. In ogni caso dovranno essere in modo inequivocabile dirette ad indicare il soggetto incolpato quale responsabile del reato.

Fatto questo necessario preambolo, è interessante soffermarsi sulla sentenza resa lo scorso 27 giugno dalla Corte di cassazione penale, Sez. VI, n. 23965, che si è pronunciata riguardo al caso di una donna che aveva modificato alcuni messaggi WhatsApp provenienti dal sindaco del Comune, facendoli apparire come richieste concussive, ovvero favori sessuali in cambio di agevolazioni per l'associazione. Questi messaggi erano stati poi allegati ad un esposto presentato da un consigliere comunale contro il sindaco, determinando l'apertura di un procedimento penale a suo carico. 

Convocata due volte dal Pubblico Ministero per sommarie informazioni, l'imputata nella prima occasione confermava le accuse, mentre nella seconda ritrattava parzialmente, ammettendo di aver alterato i messaggi. La Corte d'appello, confermando sul punto la decisione del tribunale, aveva pertanto ritenuto la donna colpevole della calunnia.

La Cassazione nel disattendere la tesi difensiva secondo cui la condotta dell'imputata fosse riconducibile all'art. 371 bis c.p., cioè il reato di false informazioni al pubblico ministero, e non a quello di calunnia perché mancava il requisito della "possibilità che inizi un procedimento penale", essendo state le dichiarazioni rese in un procedimento già avviato, ha affermato il principio garantista secondo cui la falsa incolpazione di un innocente, resa in sede di sommarie informazioni testimoniali nell'ambito di un procedimento penale già pendente, integra il reato di calunnia, purché la dichiarazione sia idonea a determinare o aggravare la posizione processuale del soggetto incolpato. 

La calunnia, dunque, può configurarsi anche quando la falsa accusa non dà origine a un nuovo procedimento, ma si inserisce in uno già avviato, a condizione che l'incolpazione abbia i requisiti di serietà e determinatezza richiesti dalla giurisprudenza e, dunque, siano idonee a incidere sulla posizione processuale dell'incolpato.

I giudici di legittimità hanno a tal proposito precisato che il requisito della possibilità di inizio di un procedimento penale non è elemento strutturale di cui all'art. 368 c.p., ma rappresenta un criterio di offensività del fatto, da valutarsi in concreto sulla base della serietà e credibilità dell'incolpazione, serve cioè a verificare la credibilità dell'incolpazione, in modo da circoscrivere l'ambito di rilevanza penale della fattispecie alla luce della materialità della condotta. 

La Cassazione ha inoltre chiarito che la ritrattazione non rileva ai fini della non punibilità per il delitto di calunnia e che la tesi proposta dalla difesa non è accoglibile perché escluderebbe la rilevanza penale della condotta di chi, nelle ipotesi di cosiddetta "calunnia mediata", abbia dato inizio, seppure "per interposta persona", ad un procedimento penale, successivamente confermando le accuse artificiosamente create davanti al pubblico ministero.