Il reato complesso della bancarotta fraudolenta impropria da falso in bilancio

27.01.2024

Cass. pen. sez. V, 19 giugno 2023, n.37264

Con una interessante pronuncia la Corte di Cassazione ha chiarito i confini del reato di falso in bilancio, rilevando come la condotta in questione venga assorbita nell'autonomo e diverso reato di bancarotta fraudolenta impropria se è causa o concausa del dissesto societario.

In particolare, il Supremo Giudice ha dovuto decidere sul ricorso presentato dall'imputata, presidente del C.d.A. di una cooperativa, ritenuta responsabile del delitto di bancarotta impropria da mendacio bilancistico poiché avrebbe contribuito a cagionare e ad aggravare il dissesto della società, esponendo in bilancio fatti materiali non rispondenti al vero.

Ritenendo l'impugnazione infondata, la Corte ha colto l'occasione per illustrare gli elementi che integrano la fattispecie di cui all'art. 223 L.F. da condotte ex art. 2621 c.c.

Nel richiamare le Sezioni Unite del 2016, sentenza n. 22474, la Cassazione ha spiegato che il reato di false comunicazioni sociali si configura nel caso in cui l'agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa in modo da indurre concretamente in errore i destinatari delle comunicazioni.

Secondo tale impostazione, la falsità diviene rilevante nel caso cui i dati informativi forniti abbiano la capacità di influire sulle determinazioni dei soci, dei creditori o del pubblico.

Per configurare il reato descritto dall'art. 223 L.F, occorre tuttavia che delitto societario di cui all'art. 2621 c.cc. sia un antecedente causale del dissesto societario.

Per accertare tale rapporto è necessario osservare il periodo successivo alla approvazione dei bilanci stessi, nel senso di accertare se le false dichiarazioni sociali, nascondendo la reale entità delle perdite della società, abbiano determinato o contribuito a determinare il dissesto. Vi deve essere dunque una stretta consequenzialità.

Il delitto ex art. art. 223 L. F. è strutturato quindi come reato complesso, rispetto al quale un reato societario, tra quelli espressamente previsti nella medesima norma, deve essere causa o concausa del dissesto societario. A tal proposito, si precisa che il momento consumativo del reato fallimentare sarà da individuarsi nella dichiarazione di fallimento che fissa anche il termine da cui decorrerà la prescrizione.

In sintesi, nel caso in cui al delitto di falso in bilancio segua il fallimento della società, non si realizza una ipotesi aggravata del reato societario, ma l'autonoma e diversa fattispecie della bancarotta fraudolenta impropria.

Dal punto di vista dell'elemento soggettivo, la Cassazione ha spiegato che il dolo nel reato ex art. 223 L.F. richiede una consapevolezza diretta a rappresentare una probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico.

Più nel dettaglio se il reato fallimentare derivi dalla condotta di mendacio bilancistico, "l'elemento soggettivo presenta una struttura complessa comprendendo il dolo generico (avente ad oggetto la rappresentazione del mendacio), il dolo specifico (profitto ingiusto) ed il dolo intenzionale di inganno dei destinatari, il predetto dolo generico non può ritenersi provato in quanto "in re ipsa" - nella violazione di norme contabili sulla esposizione delle voci in bilancio, né può ravvisarsi nello scopo di far vivere artificiosamente la società, dovendo, invece, essere desunto da inequivoci elementi che evidenzino la consapevolezza di un agire abnorme o irragionevole attraverso artifici contabili".

Gli elementi sopra esposti sono stati ravvisati dalla Corte di Cassazione nel caso di specie, secondo cui la ricorrente ha esposto dati non veritieri nel bilancio, creando le condizioni di fatto per l'aggravamento del dissesto ed ha pertanto rigettato l'impugnazione.

Avv. Elia Francesco Dispenza