Reato proprio e condotta tipica posta in essere dall’extraneus: la configurabilità nei termini siffatti della fattispecie secondo la Cassazione
Cass. pen., Sez. VI, 21 giugno 2024, n. 36566
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 36566 del 2024, ha ribadito che anche un soggetto privo della qualifica richiesta dalla legge (il c.d. "extraneus") può concorrere nel reato proprio di peculato insieme al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio (il c.d. "intraneus").
Tale concorso però è stato subordinato alla condizione per cui l'extraneus debba sfruttare il possesso qualificato dei beni in virtù della relazione di ufficio o di servizio del pubblico ufficiale.
In particolare, la Corte ha annullato con rinvio la condanna per peculato nei confronti di quattro imputati, privi di qualifica, in quanto non era emerso che gli stessi avessero sfruttato il possesso dei beni in capo ai pubblici ufficiali.
Nello specifico, il caso in esame ha interessato quattro dipendenti di una cooperativa, accusati di essersi appropriati di merci in transito per rivenderle sul mercato nero.
In primo luogo, la Corte d'Appello aveva escluso la qualifica di incaricati di pubblico servizio per i quattro, in quanto gli stessi svolgevano mansioni esclusivamente materiali ed esecutive, ma aveva ritenuto configurabile il concorso in peculato grazie a una collaborazione con due guardie giurate.
Le guardie giurate, omettendo il doveroso controllo, avrebbero concorso moralmente, ex art. 110 c.p., nella condotta criminosa dei dipendenti.
La Corte di Cassazione ha però sottolineato la necessità di verificare se queste guardie avessero una relazione di possesso con le merci e se tale relazione fosse stata strumentalmente sfruttata dagli imputati al fine di porre in essere il delitto di peculato.
Ad oggi, in materia di reati propri, è ormai pacifica la circostanza per cui si può configurare il concorso ex art. 110 c.p., nella suddetta fattispecie, in capo all'extraneus a condizione che quest'ultimo sia consapevole di concorrere con il soggetto titolare della qualifica (intraneus).
Tuttavia, questa possibilità non si applica ai reati di mano propria, nei quali la condotta deve essere esclusivamente posta in essere dal soggetto qualificato.
Al di là di questa ipotesi eccezionale, quindi, si ammette il concorso nel reato proprio del soggetto non qualificato.
Un elemento su cui ci si è discusso riguarda il ruolo che debbano tenere l'extraneus e l'intraneus durante la commissione della condotta criminosa.
Secondo un primo orientamento, è ammessa un'esecuzione frazionata, nel senso che l'intraneus può partecipare sfruttando unicamente la qualifica richiesta e l'extraneus può porre in essere la condotta tipica, la quale, integrandosi con la qualifica del concorrente, darebbe vita al reato proprio.
Secondo una tesi intermedia, l'intraneus deve esclusivamente mantenere il controllo della situazione, mentre, l'azione tipica può essere posta in essere dall'extraneus.
Un' ulteriore tesi, seppur minoritaria, afferma che, affinché si realizzi la fattispecie di reato proprio, è necessario che la condotta descritta dalla norma incriminatrice sia posta in essere interamente dal soggetto dotato della qualifica.
In tale sentenza, quindi, la Corte di Cassazione, aderendo al primo orientamento, statuisce in aggiunta un principio importante delineando i confini entro i quali la condotta dell'extraneus nel reato proprio di peculato può essere considerata idonea al fine della configurabilità del reato nella forma concorsuale.
Nello specifico, il Giudice di legittimità, nel caso de quo, ha annullato la sentenza di condanna in quanto ha affermato il principio di diritto per cui: "Al delitto di peculato possono certamente concorrere con l'agente pubblico, ai sensi dell'art. 110 cod. pen., anche soggetti non qualificati e non è necessario che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio sia l'esecutore materiale della condotta appropriativa, ben potendo questa essere compiuta da un extraneus.
Ciò che, tuttavia, è indispensabile è che il correo privo di qualifica soggettiva, per appropriarsi della cosa, sfrutti la relazione di possesso per ragioni di ufficio o di servizio del pubblico agente con la res."
Pertanto, la Corte ha annullato la sentenza con rinvio ritenendo che, nel caso specifico, non fosse emerso, in punto di prova, che gli agenti privi della qualifica pubblicistica, al fine di appropriarsi della merce, avessero sfruttato il rapporto di possesso qualificato con i beni esistente in capo alle figure appartenenti al novero dei c.d. soggetti "qualificati".
Dott.ssa Roberta Noè