Il principio di autoresponsabilità all’interno del contratto di compravendita
Cass. Civ. Sezione II, 2 luglio 2024, n. 27706
A cura di Dott. Gennaro Ferraioli
Massima: "Nella vendita di cosa gravata da oneri o diritti di godimento di terzi, la responsabilità del venditore ex art. 1489 c.c. è esclusa, tanto nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sul bene, comunque acquisita, presumendosi che egli l'abbia accettato con tale peso, quanto nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, cioè che risultino da opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, senza che rilevi la dichiarazione del venditore dell'inesistenza di pesi od oneri, non operando, in questi casi, il principio dell'affidamento, ma quello di autoresponsabilità".
La sentenza in esame origina dalla stipula di un negozio di compravendita avente ad oggetto un terreno.
L'acquirente procede in giudizio lamentando il silenzio serbato dalla parte alienante in ordine alle reali qualità del bene acquisito, il quale è totalmente inedificabile poiché asservito ad un altro immobile.
Il venditore oppone la circostanza secondo cui la parte acquirente era, in realtà, a conoscenza della suddetta caratteristica del bene che lo rendeva privo di qualsiasi potenzialità edificatoria.
L'acquirente, infatti, aveva acquisito le suddette informazioni da parte di terzi in un momento antecedente la stipula, lamentando, tuttavia, che su tali dichiarazioni sarebbe dovuto prevalere l'affidamento ingenerato dal contegno non veritiero dell'alienante.
La questione attiene a un contratto di compravendita, negozio giuridico consensuale, con cui le parti trasferiscono la proprietà della res o altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo.
Sul piano normativo, l'istituto ritrova la propria disciplina agli artt. 1470 e ss.; in particolare, con riguardo alla posizione dell'alienante, l'art. 1476 c.c. statuisce che le obbligazioni principali in suo carico sono "1) quella di consegnare la cosa al compratore; 2) quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o del diritto, se l'acquisto non è immediata conseguenza del contratto; 3) quella di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi della cosa".
Quanto a tale ultimo aspetto, soccorre in senso definitorio la norma ex art. 1490 c.c., ai sensi della quale la garanzia dei vizi investa la qualità del bene, in altri termini, il venditore deve garantire che la cosa alienata sia idonea all'uso a cui è destinata e sia immune da vizi che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
Attraverso tale norma, il legislatore ha inteso tutelare l'acquirente come parte sostanzialmente svantaggiata all'interno dell'operazione negoziale.
Il compratore, infatti, fa affidamento sull'ottemperanza dell'alienante agli obblighi di cui all'art. 1476 c.c., in particolare sulle sue dichiarazioni in merito all'inesistenza di pesi od oneri sul bene medesimo.
Se ne ricava conferma dal confronto di cui agli artt. 1229 e 1490, 2° co. c.c.
Laddove l'art. 1229 c.c. commina in termini generali la nullità di qualsiasi patto che esclude o limita la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave, la norma ex art. 1490, co. 2 c.c. richiede un quid pluris.
Per opinione dominante, la disciplina in materia di compravendita costituisce, per l'importanza e la particolarità dell'istituto, lex specialis rispetto alla disciplina generale, infatti in tale sede il patto che esclude o limita la garanzia dell'alienante non ha effetto solo "se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa venduta".
A conferma di tale impostazione, per argomento topografico, lo stesso legislatore ha posto in posizione immediatamente successiva la norma di cui all'art. 1491 c.c.
L'articolo prevede che non è dovuta alcuna garanzia "se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi".
In ordine alla portata della norma, l'orientamento maggioritario ritiene che la conoscenza dei vizi possa provenire anche aliunde, dunque anche tramite terzi. Quanto, invece, ai "vizi facilmente riconoscibili", è pacifico come non sia richiesto al compratore una specifica competenza tecnica, ovvero il ricorso ad esperti, essendo sufficiente la ordinaria diligenza per rilevare i difetti di facile percezione da parte dell'uomo medio.
L'art. 1491 c.c., dunque, fonda il principio di autoresponsabilità, il quale prevale su quello dell'affidamento, secondo l'antico brocardo vigilantibus, non dormientibus, iura succurunt.
Quando non rilevano interessi generali e assoluti, l'ordinamento richiede che la parte si sia attivata al fine di tutelare da sé, in prima istanza, la propria posizione giuridica.
Recita l'ordinanza oggetto di esame come "nella vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi, la responsabilità del venditore è esplicitamente esclusa nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, comunque acquisita, presumendosi che egli l'abbia accettata con tale peso", e aggiunge "non operando, in tal caso, il principio dell'affidamento su cui prevale quello di autoresponsabilità".
Infatti, da un lato conferma la Suprema Corte come il principio dell'affidamento rimane centrale in seno all'ordinamento, poiché si valorizza la fiducia riposta nella veridicità delle dichiarazioni del venditore, anche in caso di vizi riconoscibili; dall'altro, specifica come non si consente "alcuna tutela dell'affidamento ove la conoscenza dei vizi sia stata effettiva".