
La notifica della sentenza al difensore che abbia cessato la sua attività produce effetti?
A cura di Dott. Gennaro Ferraioli
Nel caso in cui il difensore sia stato colpito da una grave patologia e abbia per questo motivo chiuso lo studio e cessato l'attività professionale, egli perde il potere di ministero, vale a dirsi il potere di compiere e ricevere gli atti del processo?
A sostegno di una risposta positiva, si può osservare come l'effettiva cessazione dell'attività impedisca all'assistito sia di avere notizia degli atti processuali che di esercitare l'attività di difesa, costituzionalmente garantita.
Le Sezioni Unite, tuttavia, sposano
la giurisprudenza prevalente che fornisce risposta di segno negativo.
È
solo la cancellazione dall'albo a determinare la decadenza del professionista
e, dunque, a privarlo dello ius postulandi.
La cessazione di fatto dell'attività professionale, anche quando si traduce nella rinunzia al mandato, non dispensa il difensore dal compito di ricevere la notificazione degli atti e darne notizia al cliente, in adempimento del dovere di diligenza professionale a lui incombente, a meno che non si sia provveduto alla sua sostituzione con un altro avvocato e la stessa sia stata ritualmente portata a conoscenza delle controparti e dell'ufficio.
Dunque, la notifica della sentenza
allo studio dell'avvocato difensore, titolare dello ius postulandi, è
atto idoneo al decorso del termine breve per l'impugnazione anche se il
difensore, senza che si sia cancellato dall'albo, abbia, a tutti gli effetti,
cessato la propria attività.
Di
conseguenza, l'assistito che non abbia avuto notizia della notifica non avrà
diritto a una rimessione in termini una volta che sia decorso il termine breve
per impugnare.
