Sulla compatibilità del rinvio pregiudiziale ex art. 24-bis c.p.p. con la fase delle indagini preliminari
Cass. pen., sez. II, 30 ottobre 2025, n. 35593
Massima: La dichiarazione di incompetenza territoriale pronunciata dal GIP in fase di indagini preliminari ha efficacia limitata al provvedimento richiesto, secondo l'art. 22, comma 2, cod. proc. pen., e non comporta la stabilità necessaria per l'attivazione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 24-bis cod. proc. pen.
A cura di Dott. Marco Misiti
Con sentenza del 30 ottobre 2025, n. 35593, la Seconda Sezione penale della Corte di cassazione si è interrogata sulla compatibilità con la fase delle indagini preliminari dell'istituto del rinvio pregiudiziale alla Suprema Corte per la decisione sulla competenza per territorio di cui all'art. 24-bis c.p.p.[1]
In particolare, nel caso concreto Giudici per le indagini preliminari di vari uffici giudiziari avevano negato la competenza a conoscere delle fattispecie di reato provvisoriamente contestate. In particolare, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani, dopo aver trasmesso gli atti ex art. 22 c.p.p. e poi essere stato indicato quale giudice territorialmente competente da altro Giudice per le indagini preliminari, ha deciso di rinviare la questione alla Suprema Corte ricorrendo al nuovo istituto disciplinato dall'art. 24-bis c.p.p. La Corte di cassazione, tuttavia, ha ritenuto inammissibile la richiesta sulla base dei seguenti rilievi.
Innanzitutto, il giudice di legittimità ha precisato che il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione trova la propria ratio nella volontà di raggiungere una intangibile definizione della competenza per territorio al fine di scongiurare il rischio di procedimenti che, quasi al termine della loro celebrazione, debbano essere avviati dal principio per una errata attribuzione di competenza. Pertanto, con tale strumento processuale, basato sulla rimessione della soluzione della questione alla Suprema Corte, si vuole raggiungere una decisione definitiva su tale aspetto e la conseguente preclusione a una ulteriore prospettazione della medesima questione nel corso del procedimento.
Svolta tale premessa, il giudice di legittimità ha evidenziato che il primo e sesto comma dell'art. 24-bis c.p.p. fissano i presupposti, i soggetti legittimati e il termine finale entro il quale il rinvio pregiudiziale sia esperibile. Tuttavia, il legislatore non ha previsto alcunché con riferimento al dies a quo, con conseguente necessità di desumere in via interpretativa il termine iniziale per l'attivazione del rimedio processuale.
Nella sentenza ora in esame, preso atto della mancanza di precedenti che abbiano affrontato direttamente il tema, la Seconda Sezione penale ha ritenuto di dover affermare l'incompatibilità tra la fase delle indagini preliminari e il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione. In particolare, tale inconciliabilità tra il citato istituto e la fase procedimentale deriverebbe dal fatto che nelle indagini preliminari il capo di imputazione è provvisorio e caratterizzato da una certa fluidità, quando invece il rimedio di cui all'art. 24-bis c.p.p. postula un'imputazione già cristallizzata con l'esercizio dell'azione penale.
A supporto della propria ricostruzione interpretativa la Suprema Corte ricorda che, nella fase investigativa, la pronuncia del giudice di legittimità ha la limitata efficacia prevista dall'art. 22 c.p.p., e non quella definitivamente vincolante (salva la sopravvenienza di fatti nuovi) prevista dall'art. 25 c.p.p.
Pertanto, alla luce delle precedenti argomentazioni, la Suprema Corte ha statuito che il rinvio pregiudiziale di cui all'art. 24-bis c.p.p. non possa essere esperito nella fase delle indagini preliminari in ragione dell'assenza di stabilità sulla formulazione del capo di imputazione.
[1] Per una analisi dell'istituto si rinvia a F. Della Casa, G. P. Voena, I soggetti, in Compendio di procedura penale, (a cura di) M. Bargis, Milano, 2023, 24 ss.
