Rilevanza penale della condotta in tema di rivelazione ed utilizzazione dei segreti di ufficio (art. 326 c.p.)

07.12.2022

Cass. pen., Sez. VI, 18 ottobre, n.39312

La rivelazione ed utilizzazione dei segreti di ufficio, disciplinata dall'art. 326 c.p., è un reato proprio in quanto può essere commesso esclusivamente dal pubblico ufficiale o dall'incaricato al pubblico servizio (artt. 357,358 c.p.) che ,per procurare a sé o ad altri indebito profitto patrimoniale, rivela notizie d'ufficio o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza abusando della sua qualità. 

Si desume, quindi, che bene giuridico di meritevole tutela non è solo e soltanto il buon andamento della pubblica amministrazione, ma anche la segretezza e riservatezza di talune informazioni che devono essere riservate e non divulgate ad altri. 

La norma in questione sanziona non solo la rivelazione diretta delle informazioni, ma anche l'agevolazione nella diffusione e circolazione.

In particolare una delle ultime sentenze della Corte di Cassazione, Sez. VI, 18 ottobre, n.39312 si è pronunciata in merito a tale fattispecie di reato. 

La pronuncia in commento riporta il caso di un pubblico ufficiale (Guardia di finanza) ritenuto responsabile della rivelazione colposa ad un avvocato di:

  • accertamenti investigativi preliminari su trasferimenti di quote societarie in Lussemburgo di un gruppo imprenditoriale di gestione di un marchio (capo H);
  • intercettazioni ambientali avvenute all'interno dello studio professionale di un commercialista (capo I);

La sentenza della Corte di appello di Napoli lo condanna alla pena di un mese di reclusione per il capo H e sei mesi di reclusione per il capo I. 

I difensori dell'imputato impugnarono tale sentenza ed optarono per la proposizione di due separati ricorsi per Cassazione. Andiamo ad analizzare sinteticamente i motivi oggetto del ricorso per il Capo H e Capo I.

Capo H:

  • Difformità tra oggetto della notizia indicato nell'imputazione e quanto detto nell'effettiva rivelazione, avvenutosi nel corso di una cena, in quanto l'imputato e l'avvocato avevano parlato esclusivamente del mondo della ristorazione in generale menzionando approssimativamente un vecchio accertamento preliminare svolto dalla Guardia di finanza sulle operazioni societarie di un gruppo imprenditoriale;

Capo I :

  • La sentenza della Corte di appello di Napoli si fonda su mere congetture desunte da elementi non decisivi quali la meticolosità dell'imputato, le cautele nei colloqui con l'avvocato, la mancanza di prova in merito all'effettiva esistenza dello scritto anonimo. In sostanza si omette di considerare come tema centrale la mancata individuazione della fonte cui il pubblico ufficiale avrebbe appreso dell'esistenza dell'intercettazione telefonica informando successivamente l'avvocato. L'imputato, infatti, afferma che il motivo dell'incontro con l'avvocato era solo quello di ottenere ulteriori informazioni in merito alla veridicità dello scritto anonimo e non per rivelare delle notizie riservate, protette dal segreto professionale. La veridicità di tale scritto è stata confermata in fase istruttoria da un teste, anche se la sua deposizione era stata considerata inidonea ai fini dell'accertamento in ragione della sua vicinanza con l'imputato. Tali considerazioni sono state smentite dal fatto che il teste era in congedo e non aveva più un rapporto di subordinazione gerarchica con l'imputato.

Sulla base di tali motivazioni la Suprema Corte afferma che per il capo H non si è verificata una "violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, atteso che la fattispecie concreta contestata al capo H è stata formulata in termini particolarmente ampi, comprendenti anche gli accertamenti "preliminari investigativi" sulla società." Fondata invece è l'insussistenza dell'oggetto materiale della condotta.

In tal caso la Suprema Corte ha precisato che " la contestata rivelazione ha un contenuto piuttosto vago e generico, in quanto, da un lato, si riferisce genericamente ad un atto dell'ufficio del ricorrente ("gli accertamenti preliminari") e dall'altro, ad un oggetto di tali accertamenti- i trasferimenti di quote societarie all'estero- che, come dedotto dal ricorrente, non appartiene al patrimonio di conoscenze esclusivo dell'ufficio di appartenenza del ricorrente".

Per quanto riguarda il contenuto della rivelazione scritta il Collegio sostiene che " nel processo di merito è mancato qualunque approfondimento istruttorio in merito alla sua permanenza al momento della rivelazione ascritta all'imputato. Va, infatti, considerato che anche nel procedimento penale la segretezza degli atti cessa quando l'imputato ne viene a conoscenza ovvero con la chiusura delle indagini preliminari. " Nel caso di specie sarebbe stato opportuno verificare se la notizia era coperta o meno dal segreto. In sintesi " a fronte di una rivelazione riguardante il mero fatto dell'accertamento sui trasferimenti di quote, tenuto conto, da un lato, del carattere non riservato del suo oggetto, e, dall'altro, della assoluta carenza di approfondimenti istruttori su natura e risultati dell'indagine svolta dalla Guardia di Finanza, la segretezza della notizia rivelata appare più oggetto di una presunzione da parte dei Giudici di merito che un risultato dimostrato ed acquisito con certezza al giudizio."

Proprio perché ci sono delle gravi lacune istruttorie, mancano i presupposti per ravvisare l'oggetto materiale della condotta rivelatoria ascritta all'imputato. La Corte ha affermato che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente al capo H, perché il fatto non sussiste.

Per quanto riguarda il capo I la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata non è congrua né logica disponendone l'annullamento e il rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per un nuovo giudizio valutando il compendio probatorio, in riferimento alla deposizione del teste. Inoltre la Corte ha sottolineato che" in tema di valutazione della prova testimoniale il Giudice non può assumere come base del proprio convincimento l'ipotesi che il teste riferisca scientificamente il falso, salvo che sussistano specifici e riconoscibili elementi atti a rendere fondato un sospetto in tal genere. In assenza, quindi, di siffatti elementi, il giudice deve presumere che il teste, fino a prova contraria, riferisca correttamente quanto a sua effettiva conoscenza e deve perciò limitarsi a verificare se sussista o meno incompatibilità fra quello che il teste riporta come vero, per sua diretta conoscenza, e quello che emerge da altre fonti di prova di eguale valenza."

Si rileva altresì che la "presunzione di inesistenza dello scritto anonimo è stata rafforzata sulla base di un ulteriore indizio desunto dal comportamento e dalle abitudini di vita del pubblico ufficiale di conservare meticolosamente tutta la documentazione, cosicché la mancanza dello scritto anonimo è stata considerata quale ulteriore "prova" della sua inesistenza. In tema di valutazione della prova indiziaria il giudice di merito non si deve limitare solo ed esclusivamente ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi ma deve, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza( nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e , successivamente, procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguità di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato al di là di ogni ragionevole dubbio e , cioè, con un alto grado di credibilità razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana."

Sulla base di quanto esposto la Corte Suprema:

  • ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, relativa al capo H, perché il fatto non sussiste;
  • ha annullato la sentenza impugnata, relativa al capo I, disponendo un rinvio per un nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.