Gestione dei servizi pubblici e società partecipate: prospettive giuridiche e operative

17.11.2025

A cura di Dott.ssa Linda Vallardi

Negli ultimi decenni del XX secolo, il panorama della gestione dei servizi pubblici in Italia ha subito una trasformazione profonda, determinata da una combinazione di fattori economici, normativi e politici.

Da un lato, la crescente spinta verso la privatizzazione degli enti pubblici economici ha segnato un deciso allontanamento dal tradizionale modello di Stato imprenditore, sostituendolo con un approccio più regolatorio e di vigilanza.

Dall'altro, la necessità di adeguare la finanza pubblica ai parametri imposti dal Trattato di Maastricht del 1992 ha imposto una gestione più rigorosa e razionale delle risorse statali.

In questo contesto, lo strumento societario è emerso come una modalità privilegiata per organizzare e gestire i servizi di interesse pubblico, dando origine a una pluralità di società a partecipazione pubblica e, in particolare, alle società in house, che hanno rappresentato una soluzione innovativa ma al contempo complessa sotto il profilo giuridico e operativo.

Il fenomeno delle società pubbliche trova le proprie radici nel processo di privatizzazione avviato in Italia negli anni '90, che si articolava secondo due modalità principali: la cosiddetta privatizzazione fredda, consistente nella vendita di partecipazioni a soggetti privati, e la privatizzazione calda, che implicava la completa dismissione del capitale pubblico.

Nella pratica, tuttavia, la privatizzazione fredda non ha quasi mai coinciso con una reale uscita dello Stato dal capitale sociale, determinando la permanenza sul mercato di società a carattere ibrido, caratterizzate dalla coesistenza di capitale pubblico e privato. Queste entità ibride hanno sollevato notevoli questioni in merito alla loro qualificazione giuridica, generando incertezze sul piano della disciplina applicabile e comportando spesso inefficienze gestionali, con conseguente spreco di risorse pubbliche.

La convivenza di regole pubblicistiche e regole di diritto comune ha reso necessario un intervento normativo capace di ricondurre le società pubbliche a criteri di chiarezza, efficienza e responsabilità.

Il Testo Unico delle Società Pubbliche (TUSP) ha rappresentato un primo tentativo organico di razionalizzazione della materia.

L'obiettivo principale del legislatore è stato duplice: da un lato, definire con precisione la disciplina giuridica applicabile alle società pubbliche, e dall'altro garantire il recupero del controllo democratico sulla spesa e sulla gestione delle risorse, evitando logiche di intervento pubblico indiscriminato. In base all'art. 1 co. 3 del TUSP, le società costituite da enti pubblici sono in linea generale soggette alla disciplina civilistica, con l'eccezione di quelle deroghe strettamente necessarie a salvaguardare interessi pubblici. Tale impostazione ha permesso di restituire alle società pubbliche uno statuto di regola privatistico, pur riconoscendo la possibilità di deroghe specifiche, coerenti con finalità di interesse generale.

All'interno di questo quadro, le società in house si collocano come una categoria peculiare di società a controllo pubblico, caratterizzate dall'esercizio di un controllo analogo e funzionale da parte dell'ente pubblico.

Il controllo analogo implica che l'ente eserciti un'influenza sulla società equivalente a quella esercitata sui propri uffici interni, mentre il controllo funzionale prevede che la società persegua finalità pubbliche specificamente definite, rimanendo allineata agli obiettivi strategici dell'ente controllante.

La partecipazione privata, inoltre, è ammessa solo nei casi in cui sia prevista obbligatoriamente da una legge nazionale. In questo modo, le società in house rappresentano uno strumento di gestione diretta dei servizi pubblici, senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica, ma con limiti rigorosi per evitare distorsioni del mercato e garantire trasparenza e concorrenza.

La qualificazione giuridica delle società in house è stata oggetto di un dibattito dottrinale e giurisprudenziale intenso e articolato. 

Da un lato, la tesi pubblicistica considera la società come una longa manus dell'ente pubblico, assimilabile a una articolazione interna della pubblica amministrazione. 

Questa impostazione è stata confermata da alcune pronunce del Consiglio di Stato, che hanno rilevato come tale qualificazione sia rilevante ai fini della responsabilità degli amministratori e della possibilità di affidamento diretto dei contratti. Dall'altro lato, la tesi privatistica interpreta la società in house come un ente privatistico con personalità giuridica autonoma, separata dall'ente pubblico, pur soggetta ad alcune deroghe pubblicistiche previste dalla legge. Questo orientamento è supportato da numerose pronunce della Corte di Cassazione e della Corte dei conti, che sottolineano l'alterità soggettiva della società rispetto all'amministrazione controllante e la necessità di rispettare regole civilistiche in molteplici ambiti operativi.

La scelta tra queste due tesi ha conseguenze pratiche rilevanti, in particolare per quanto riguarda gli affidamenti diretti, la gestione del personale, l'erogazione di incentivi e la responsabilità amministrativa. In termini di affidamenti diretti, ad esempio, una qualificazione privatistica impone il rispetto dei requisiti generali di legge, mentre la presenza di controllo analogo può consentire deroghe limitate, a condizione che siano rispettate specifiche condizioni di trasparenza e documentazione. 

Analogamente, il principio di rotazione previsto dal D.Lgs. n. 36/2023 si applica agli affidamenti, ma può essere modulato nei casi di società in house che abbiano già ricevuto affidamenti dall'ente controllante. La possibilità di affidare concessioni direttamente all'in house, così come la disciplina del personale, dei benefici economici e degli incentivi tecnici, sono tutti ambiti in cui la qualificazione della società influenza in modo diretto le regole operative, così come l'applicabilità di norme civilistiche, ad esempio per quanto riguarda gli interessi moratori nelle transazioni commerciali.

La giurisprudenza recente ha cercato di trovare un equilibrio tra le due impostazioni: pur riconoscendo la natura privatistica della società, la qualificazione come longa manus dell'ente pubblico continua ad avere rilievo per finalità specifiche, come l'affidamento diretto dei contratti e la determinazione della responsabilità per danno erariale degli amministratori. Il TUSP, in questo senso, ha contribuito a chiarire i limiti e i presupposti della gestione delle società pubbliche, riducendo le zone di ambiguità e promuovendo un utilizzo più efficiente delle risorse. Particolarmente rilevante è la distinzione tra controllo pubblico e controllo analogo, che costituisce un principio cardine per garantire la tutela della concorrenza e prevenire distorsioni del mercato. 

Il controllo analogo non può essere presunto: deve essere effettivo, documentato e corrispondere a un collegamento operativo reale tra ente e società.

Il percorso evolutivo delle società pubbliche e delle società in house mette in luce la tensione continua tra efficienza gestionale, tutela della concorrenza e controllo democratico della spesa. L'introduzione del TUSP ha permesso di delimitare in modo più chiaro i confini operativi e giuridici di queste società, stabilendo regole precise per l'affidamento diretto, la gestione del personale e l'applicazione delle norme civilistiche, pur salvaguardando le finalità di interesse pubblico.

Le società in house, in particolare, rappresentano un caso emblematico di questa complessità: da un lato consentono all'ente pubblico di gestire direttamente i servizi, dall'altro mantengono caratteristiche privatistiche che impongono l'osservanza di regole civilistiche e di trasparenza. La giurisprudenza, con orientamenti consolidati, ha contribuito a chiarire le responsabilità, i limiti e le possibilità operative di queste società, consentendo una gestione più coerente e responsabile.

In sintesi, il quadro normativo e giurisprudenziale attuale mostra come le società pubbliche italiane, pur nate in un contesto di incertezza e transizione, abbiano progressivamente acquisito una struttura giuridica più definita e prevedibile. Il TUSP, le pronunce della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato hanno contribuito a creare un equilibrio tra autonomia gestionale, tutela dell'interesse pubblico e rispetto delle regole di mercato, delineando una disciplina più chiara e funzionale alle esigenze della pubblica amministrazione contemporanea.

La combinazione di regole civilistiche e deroghe pubblicistiche consente di conciliare la flessibilità necessaria alla gestione dei servizi pubblici con la salvaguardia degli interessi collettivi, rendendo le società pubbliche e le società in house strumenti efficaci, regolati e trasparenti nella complessa realtà italiana.