Rilevanza del silenzio anti-doveroso per il conseguimento di erogazioni pubbliche: differenze ed affinità tra la fattispecie di cui all’art. 316-ter c.p. e quella dell’art. 640-bis c.p.

05.12.2024

Informazione Provvisoria Sezioni Unite del 20 Novembre 2024

Può il silenzio costituire un requisito costitutivo di un reato? Gli ultimi approdi giurisprudenziali hanno interpretato le fattispecie di cui agli artt. 316-ter e 640-bis c.p. in senso evolutivo, tracciando i confini tra le stesse ed attribuendo una specifica valenza al silenzio anti-doveroso, ove si inserisca in un determinato contesto fattuale. Le Sezioni Unite, con l'Informazione Provvisoria del 20/11/2024, hanno altresì delineato l'ambito applicativo e di consumazione del reato di cui all'art. 316-ter c.p

Il silenzio, sebbene venga generalmente inteso come "inazione", in ambito giuridico, quando è "anti-doveroso", può assumere una determinata rilevanza.

Se nel Codice Civile esprime una fondamentale regola di condotta per le parti in sede di trattativa, che non devono occultare elementi significativi all'accordo, in ossequio al canone della buona fede (art. 1337 c.c.), nel diritto penale può assurgere anche ad elemento costitutivo di una singola fattispecie.

In particolare, con riguardo al reato di truffa di cui all'art. 640 c.p., la Suprema Corte si è pronunciata in più occasioni circa la configurabilità di quell'atteggiamento fraudolentemente preordinato ad ingannare il soggetto passivo mediante la condotta omissiva del silenzio, specificando come non ogni silenzio rilevi ai fini penali, ma soltanto quello "qualificato", che non si risolva in una mera stasi, bensì assuma un carattere comunicativo in grado di indurre in errore il soggetto passivo come fosse un'azione di artifizio o raggiro.

Del pari, simile rilevanza si riflette nelle fattispecie delittuose che con la truffa presentano caratteri costitutivi comuni, quali gli artt. 316-ter e 640-bis c.p., così come chiarito dalle ultime pronunce.

Tali previsioni, seppur apparentemente simili, presentano una sostanziale differenza nei tratti tipici.

Anzitutto l'art. 316-ter c.p. si apre con una clausola di sussidiarietà espressa ("salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'art. 640-bis"), indicativa dell'insussistenza di un rapporto di specialità tra le due fattispecie. 

Invero, mentre la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche si rifà ai presupposti tipici descritti dall'art. 640 c.p. – artifizi e raggiri, induzione in errore, ingiusto profitto ed altrui danno – potendosi, quindi, ritenere configurato solo quando le erogazioni siano state percepite all'esito di un'azione truffaldina che abbia incarnato le caratteristiche dell'artifizio o del raggiro, l'art. 316-ter c.p. presuppone che l'azione si esaurisca in una mera attestazione mendace ovvero in un silenzio significativo.

Il discrimen tra le due norme, pertanto, è da rinvenirsi nell'induzione in errore, necessaria ai fini del perfezionamento della fattispecie di cui all'art. 640-bis c.p. e non anche nel silenzio caratterizzante la disciplina dell'art. 316-ter c.p.

Conseguentemente, deve concludersi per la piena configurabilità della fattispecie di cui all'art. 316-ter c.p. mediante "silenzio anti-doveroso", quando non si risolva in una mera inerzia, bensì risulti determinante, tacendo "informazioni dovute", ai fini della percezione indebita dell'erogazione pubblica.

Ulteriore questione inerente al reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche che ha richiamato l'attenzione dei dibattiti dottrinali e giurisprudenziali è rappresentato dall'estensione della condotta e dal momento di consumazione.

A superamento dello storico contrasto, con la recentissima decisione del 20 novembre 2024 le Sezioni Unite - contrariamente a quanto sostenuto dalla tesi minoritaria, a mente della quale il contegno dell'agente, ai fini della rilevanza, deve necessariamente assumere i connotati di una condotta attiva, esulando dalla punibilità la mera esenzione di pagamento - hanno chiarito che nell'ambito applicativo del delitto di cui all'art. 316-ter c.p. rileva non solo l'elargizione attiva di una somma di denaro, ma anche il c.d. "risparmio di spesa", addivenendosi comunque ad una lesione del bene giuridico tutelato dalla norma e ad un indebito vantaggio per il privato, elemento costitutivo della fattispecie.

La pronuncia in esame ha ulteriormente fatto luce sul momento consumativo, sancendo che, in caso di reiterate percezioni periodiche di contributi erogati dallo Stato, il delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche deve considerarsi unitario, con la conseguenza che la relativa consumazione cessa con la percezione dell'ultimo contributo, superando quella interpretazione che individuava plurimi reati derivanti da ciascuna percezione.  

Dott.ssa Simona Ciaffone