Lo Smart Working nella PA

24.02.2023

Il tumultuoso avvento della pandemia ha comportato uno stravolgimento, a livello globale, non solo delle più comuni abitudini di vita dell'uomo, ma anche delle modalità di svolgimento del lavoro, sfociando inevitabilmente in nuove e semisconosciute forme di lavoro a distanza, sia nel settore pubblico che in quello privato o, comunque, in quei settori in cui è stato possibile un adeguamento immediato rispetto alle difficoltà legate allo spostamento sul luogo di lavoro.

In Italia, nello specifico, nel periodo pre-covid, potevano contarsi limitatissime realtà nelle quali andava sperimentandosi un tale assetto organizzativo, mentre, a distanza di tre anni dall'esplodere dell'emergenza sanitaria, si è arrivati a non poter non parlare di contratti di lavoro dipendente senza menzionare, anche solo come ipotesi, una tale forma di impiego.

Ebbene, se fino ad ora il ricorso allo smart working si è reso necessario e indispensabile per combattere il costante dilagare del contagio, adesso che il pericolo si rende meno insidioso, il Legislatore si trova nella condizione di dover valutare, attraverso un attento esame delle circostanze, gli aspetti positivi e negativi dell'esperienza del lavoro a distanza, nell'ottica di intervenire nella regolamentazione della materia e di sostenere le modalità di lavoro alternative.

Non a caso, nella legge di Bilancio 2023 è fatta salva la previsione che assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working da parte del datore di lavoro, seppur con delle limitazioni, per ciò che attiene il regime semplificato, a determinati soggetti beneficiari, mentre per gli altri tornano in vigore le regole pre-pandemia.

Il Ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo si pone, però, come a voler accelerare il processo di inserimento definitivo della previsione del lavoro agile all'interno del comparto pubblico, purché dettagliatamente strutturato. In un'intervista dello scorso 12 dicembre al Messaggero ha espresso, infatti, parole di fiducia: "serve ... una vera rivoluzione culturale, oltre che organizzativa, finalizzata a rendere il lavoro agile pienamente efficace, così da non pregiudicare i servizi erogati agli utenti".

A questo punto, però, si rendono necessarie alcune precisazioni.

Come accennato poco sopra, lo scorso 31 dicembre è scaduta la proroga dello smart working semplificato prevista dal "Decreto Aiuti"; dal 1° gennaio, dunque, diviene nuovamente obbligatorio sottoscrivere un accordo individuale tra le parti per poter attivare il lavoro agile, così come previsto dalla normativa pre-covid, legge n. 81 del 2017.

Le linee guida da seguire per stipulare l'accordo individuale sono dettate direttamente dal Ministero del Lavoro e si riferiscono a elementi caratterizzanti la prestazione a distanza, relativi, ad esempio, alla durata dell'accordo, agli strumenti di lavoro, ai tempi di riposo, all'attività formativa eventualmente necessaria, ai luoghi per lo svolgimento della prestazione, nonché alle forme e alle modalità di controllo della prestazione lavorativa, quando il tutto si svolge all'esterno della sede aziendale. Sono però fatte salve le modalità di comunicazione semplificata già utilizzate in periodo di emergenza sanitaria.

La Legge di Bilancio 2023 dispone, altresì, regole differenti per alcune categorie di individui, prevede infatti la proroga del regime semplificato fino al 31 marzo per i soli lavoratori fragili, nello specifico dipendenti pubblici e privati affetti da gravi patologie e condizioni certificate, mentre ne restano fuori i lavoratori con figli under 14, i quali, per poter usufruire delle modalità di lavoro agile dovranno stipulare un accordo individuale, secondo le regole ordinarie previste dal protocollo siglato dal Ministero del Lavoro.

Quello fino ad ora delineato è il quadro normativo attualmente vigente, che riguarda tanto il pubblico quanto il privato. Ma la situazione è in netta evoluzione, in entrambi i settori.

Così come molte aziende private stanno (o hanno già) firmato accordi per disciplinare, e quindi adottare, nuove forme di lavoro "misto" che prevedano un'alternanza di lavoro in presenza e in smart working, così anche la PA non può lasciarsi sfuggire l'occasione di reinventarsi e adeguarsi ai tempi e alle necessità dei suoi dipendenti, sfruttando l'onda del cambiamento per una revisione radicale del suo modello organizzativo-strutturale, in termini spaziali e temporali.

Una valutazione complessiva dei fattori che hanno caratterizzato l'esperienza registratasi in questi anni permette, infatti, di evidenziare come, se ben gestita, la realtà organizzativa alternativa a quella del lavoro in presenza può rappresentare una risorsa e non un pregiudizio, perché incrementa la produttività, abbattendo i costi, sia per le imprese e le amministrazioni, sia per le famiglie e i singoli lavoratori, riportando significativi benefici anche dal punto di vista ecologico e sociale.

Non solo, l'analisi dell'utilizzo forzato dello smart working, orientata alla sfera personale del dipendente, ha condotto a delle riflessioni importanti circa le implicazioni sul tenore di vita e i livelli di benessere. Si è potuto constatare, in effetti, che, oltre ad un fruttuoso aumento del rendimento lavorativo, in termini di raggiungimento degli obiettivi, si è avuto anche e soprattutto un reale miglioramento dello stato psicofisico del lavoratore che è stato messo nella condizione di meglio conciliare i tempi di vita con quelli del lavoro.

Flessibilità e autonomia, si può così affermare, hanno reso il dipendente più responsabile e orientato al conseguimento del proprio traguardo.

Lo smart working è dunque una scelta organizzativa. Una PA avanguardista che si appresta ad affrontare nuove sfide, soprattutto quelle legate all'era della digitalizzazione, non può non tener conto delle nuove modalità di lavoro agile, svincolandole dal fatto che queste avvengano necessariamente in presenza; a maggior ragione quando si tratta di uno strumento già ampiamente in uso che promuove l'efficienza dei servizi pubblici e l'innovazione dell'intero comparto pubblico, secondo gli obiettivi di riforma intrapresi anche dal PNRR.

Dott.ssa Sara Nuzzo