I tratti essenziali e i tratti problematici della sospensione condizionale della pena
La sospensione condizionale della pena si inserisce a pieno tra quegli istituti volti a bilanciare le esigenze sanzionatorie e di special-prevenzione con la finalità rieducativa prevista all'art. 27, comma 3, Cost.
Infatti, il legislatore ha previsto la possibilità che la pena detentiva applicata dal giudice del merito in misura non superiore a due anni venga sospesa e, a determinate condizioni, che il reato si estingua.
Il fatto che l'istituto sottende un bilanciamento fra diverse esigenze si evince proprio dal disposto dell'art. 164, comma 1, c.p., secondo il quale il citato beneficio è ammesso solamente se il giudice ritenga che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati. Il giudice del merito deve perciò compiere una valutazione prognostica alla luce dei criteri di cui all'art. 133 c.p. e di tutte le circostanze del caso concreto.
La citata prognosi positiva è però automaticamente esclusa, ai sensi di quanto previsto dall'art. 164 c.p., nei seguenti casi: se il condannato sia stato dichiarato delinquente o contravventore abituale o professionale; se alla pena inflitta che dovrebbe essere ipoteticamente sospesa debba essere aggiunta una misura di sicurezza. In questi casi, è il legislatore a fissare una incompatibilità legale con una prognosi favorevole di non commissione di ulteriori reati della stessa indole.
Il citato giudizio di probabilità non è l'unica condizione alla quale il legislatore subordina la concessione della sospensione condizionale della pena.
Infatti, il condannato può godere del beneficio non più di una volta. Tale rigidità è però mitigata dalla previsione secondo la quale se la pena da infliggere cumulata a quella precedentemente irrogata non superi i limiti quantitativi di durata di cui all'art. 163 c.p., il giudice del merito può comunque concedere la citata sospensione.
La misura di cui agli artt. 163 ss. c.p. è, per così dire, una misura di durata. Infatti, la pena resterà sospesa per una durata pari a cinque anni, se il reato per cui il soggetto è stato condannato è un delitto, o pari a due anni, se invece tale reato è una contravvenzione. Durante tale periodo, la persona condannata deve astenersi dal commettere delitti o contravvenzioni della stessa indole di quello per cui è intervenuta condanna. Inoltre, è possibile che il giudice del merito subordini la concessione della sospensione condizionale della pena all'adempimento di determinati obblighi[1], elencati all'art. 165 c.p.
Nel caso in cui si verifichino le condizioni evidenziate nel precedente paragrafo, il reato si estingue a norma dell'art. 167 c.p. Di conseguenza, la pena non potrà essere eseguita, ma restano fermi i cosiddetti effetti penali della condanna[2].
Così ricostruiti i tratti salienti dell'istituto della sospensione condizionale della pena, è opportuno esaminare alcune problematiche sollevate dalla pratica: la concessione della sospensione condizionale della pena in assenza dei suoi presupposti; l'applicazione ex officio del citato istituto.
Per quanto concerne la prima problematica, sul punto sono intervenute le Sezioni unite penali[3] con una decisione per così dire salomonica. Infatti, la soluzione individuata dal giudice di legittimità permette, da un lato, di evitare che l'imputato possa godere di un beneficio a cui non aveva diritto; dall'altro lato, che un errore "colpevole" del giudice possa ricadere in danno dell'imputato.
In particolare, con la citata decisione le Sezioni unite penali hanno stabilito il seguente principio: il giudice dell'esecuzione deve verificare se il giudice del merito non potesse in alcun modo essere consapevole della sussistenza di cause ostative alla concessione della sospensione condizionale della pena, oppure se tali cause risultassero documentalmente e il giudice del merito sia incorso in una svista. A tal fine, le Sezioni unite penali hanno stabilito l'obbligo per il giudice dell'esecuzione di acquisire il fascicolo della precedente fase di cognizione e procedere ai citati accertamenti.
Più complesso è il tema relativo alla concedibilità della sospensione condizionale della pena ex officio. Se si condivide l'impostazione per cui l'istituto in esame consiste sempre e comunque in un beneficio per l'imputato, nulla quaestio: anche se l'imputato non ha effettuato richiesta in tal senso, il giudice del merito potrebbe comunque intervenire sul punto d'ufficio. Di conseguenza, l'imputato non potrebbe dolersi della sospensione della pena impugnando la statuizione sul punto.
Tale ricostruzione è però osteggiata da parte della dottrina che, da un lato, rileva come l'imputato potrebbe avere interesse a scontare nell'immediato la pena e riservarsi la possibilità della sospensione della pena per una possibile futura condanna[4]; dall'altro lato, evidenzia come, nel caso concreto, la sospensione condizionale della pena possa rappresentare un pregiudizio per l'imputato.
Sul punto, si registra una apertura della più recente giurisprudenza di legittimità[5] che, sul punto, riconosce la possibilità che nel caso concreto la concessione ex officio della sospensione condizionale della pena rappresenti un pregiudizio per l'imputato e, di conseguenza, imponga la revoca della relativa statuizione. Tuttavia, la medesima giurisprudenza precisa che la possibilità di riservarsi il beneficio per future occasioni non solo si identifichi in ragioni di mera opportunità, ma anzi contrasti con la stessa valutazione prognostica dell'astensione dalla commissione di ulteriori reati.
Quanto finora considerato permette di giungere alle seguenti conclusioni: la sospensione condizionale della pena è pensata come un beneficio per l'imputato al fine di assicurare che lo stesso possa ottenere un effettivo reinserimento all'interno della società; tuttavia, in concreto tale istituto può stravolgere la propria natura e rappresentare un pregiudizio per l'imputato.
[1] In particolare, questi possono essere: l'obbligo delle restituzioni; il pagamento di una somma liquidata a titolo di risarcimento; la eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato; la prestazione di attività lavorativa a favore della collettività. Si noti che, in questi casi, si rende ancor più evidente l'esigenza di risocializzazione del reo. Infatti, l'adempimento dei citati obblighi concretizza la volontà del condannato a ripristinare un legame con la società e eliminare le conseguenze subite dalla eventuale vittima.
[2] Questi sono da identificare nella impossibilità di godere nuovamente della sospensione condizionale della pena; nella possibilità di tenere conto della condanna ai fini della dichiarazione della qualifica di delinquente abituale, professionale o per tendenza, o ai fini della recidiva; nell'iscrizione del reo nel Casellario giudiziale; nella impossibilità di partecipare ad alcuni concorsi pubblici o attività pubbliche.
[3] Cass. pen. Sez. U n. 37345 del 15 settembre 2015.
[4] Ciò avviene soprattutto nei casi in cui la pena non sia di tipo detentivo, bensì pecuniario. In questi casi, l'imputato potrebbe preferire riservarsi la sospensione per una possibile ed eventuale futura condanna a pena detentiva, piuttosto che "sprecarla" per una pena pecuniaria.
[5] Cass. pen., Sez. I, n. 35315 del 22 settembre 2022.