La Corte si pronuncia sul rapporto tra il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.)

15.11.2025

Cass. pen. sez. I, 28 marzo 2024 n.33230

MASSIMA: In tema di rapporti tra i reati di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.), i due delitti concorrono tra loro e non configurano un'ipotesi di reato complesso ex art. 84 c.p., in quanto presentano elementi costitutivi e beni giuridici tutelati differenti. 

A cura di Avv. Francesca Saveria Sofia

Questo principio è stato di recente ribadito dalla Suprema Corte, con sentenza del 28/04/2024, n.33230, con la quale ha rigettato il ricorso, condannando l'imputato al pagamento delle spese processuali.

Il caso trae origine dall'impugnazione proposta contro la sentenza della Corte d'appello di Roma che aveva confermato la condanna dell'imputato per i reati di atti persecutori (art. 612-bis c.p., contestati al primo capo d'imputazione) e di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 613-ter c.p., di cui al secondo capo d'imputazione), commessi in danno dell'ex compagna.

Secondo la ricostruzione operata dei Giudici di merito, il ricorrente, non accettando la decisione della vittima di interrompere la relazione, ha iniziato a molestarla e insultarla, prospettando di rivelare la vicenda ai suoi familiari. A tali minacce ha fatto seguito l'invio ai figli non solo di messaggi denigratori nei confronti della madre, ma anche di fotografie a contenuto sessualmente esplicito. Questo comportamento ha determinato nella persona offesa un grave stato d'ansia e un profondo stravolgimento delle proprie abitudini di vita, sfociato nella rottura della convivenza matrimoniale e nella necessità di trasferirsi in altra abitazione.

Ebbene, oggetto di analisi nel presente elaborato è il terzo motivo di ricorso sollevato dalla difesa dell'imputato, secondo cui la Corte d'appello avrebbe erroneamente qualificato i reati contestati come unificati dal vincolo della continuazione, dovendosi invece ritenere il reato di revenge porn assorbito in quello di stalking.

In particolare, a dire della difesa, l'art. 612-bis cod. pen. costituirebbe un reato complesso, idoneo a ricomprendere non solo le condotte di minaccia o di molestie continuate, ma anche il delitto di revenge porn continuato, qualora si realizzi almeno uno degli eventi tipici previsti dalla norma incriminatrice. Di conseguenza, il fatto oggetto del secondo capo d'imputazione risulterebbe interamente assorbito nel più ampio e più grave reato di stalking, configurandosi come una delle condotte persecutorie poste in essere dall'imputato.

A sostegno di tale impostazione, la difesa ha richiamato la recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 38402 del 15/07/2021 in materia di reato complesso, sostenendo che l'art. 612-ter c.p. punisca i singoli episodi di diffusione illecita, mentre l'art. 612-bis c.p. riguardi le condotte persecutorie reiterate, le quali possono concretizzarsi, in tutto o in parte, anche attraverso atti di revenge porn. Ne deriverebbe, quindi, che nei casi di reiterata diffusione di immagini a contenuto sessualmente esplicito, ancorché accompagnata da ulteriori condotte persecutorie, troverebbe applicazione esclusivamente il delitto di stalking, idoneo a ricomprendere tutte le condotte moleste.

Il ricorrente ha, dunque, fondato la propria tesi sulle seguenti argomentazioni: 1) la presenza della clausola di sussidiarietà presente nell'art. 612-ter cod. pen. e il contemporaneo l'innalzamento della pena prevista per il reato di stalking; 2) la collocazione sistematica dell'art. 612-ter cod. pen., tra i reati a tutela della libertà morale, di seguito al reato di stalking; 3) la circostanza che, prima dell'introduzione dell'art. 612-ter cod. pen., le condotte ivi descritte erano considerate alla stregua di atti persecutori dalla giurisprudenza di legittimità.

Tuttavia, la Cassazione, aderendo all'iter logico – giuridico seguito dalla Corte d'appello che aveva riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati contestati, ha respinto le deduzioni formulate dal ricorrente.

La Suprema Corte ha preso spunto proprio dalle argomentazioni contenute nella citata sentenza a Sezioni Unite Magistri del 2021 la quale, soffermandosi sui profili dogmatici del reato complesso, ha sottolineato che l'art.84 c.p. esclude l'applicazione delle precedenti norme in materia di concorso formale di reati e di reato continuato e configura il reato complesso quando "la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per sé stessi, reato".

Ne consegue che requisito essenziale per configurare il reato complesso è l'interferenza fra le norme incriminatrici su un fatto oggettivo, comune agli ambiti applicativi delle stesse; circostanza che, secondo il Collegio, non ricorre nel caso in esame.

Difatti, i due reati in esame si distinguono principalmente per le condotte incriminate: l'art. 612-bis c.p. punisce comportamenti minacciosi o molesti, mentre l'art. 612-ter c.p. sanziona la diffusione di immagini a contenuto sessualmente esplicito, senza che sia richiesto il requisito della violenza o della minaccia.

In secondo luogo, sono diversi gli eventi, ravvisabili per lo stalking nell'induzione nella vittima di stati di ansia, paura o timore per l'incolumità propria o di congiunti, ovvero nella costrizione della persona offesa all'alterazione delle proprie abitudini di vita; eventi all'evidenza non richiesti per la configurabilità del revenge porn.

Anche i beni giuridici tutelati sono differenti. Sebbene entrambi i reati siano inseriti nel Codice penale tra quelli a tutela della libertà morale, l'art. 612-ter si configura come reato plurioffensivo, in quanto tutela la privacy della persona offesa (come impone di ritenere l'inciso "destinati a rimanere privati") e la sua sfera sessuale in ragione del carattere "sessualmente esplicito dei materiali diffusi".

Secondo la Suprema Corte, un altro elemento decisivo che vale ad escludere l'ipotesi del reato complesso, «…è poi la considerazione che, affinché si realizzi tale fattispecie, il fatto deve essere previsto dalla norma incriminatrice, che si assume configurare un reato complesso, quale elemento necessario della relativa fattispecie astratta, non essendo rilevante l'eventuale sua ricorrenza, nel caso concreto, quale occasionale modalità esecutiva della condotta».

Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il c.d. revenge porn rappresenta, nel caso di specie, solo un'occasionale modalità esecutiva della condotta e non un elemento necessario della fattispecie astratta.

Considerata anche l'oggettiva differenza tra i fatti idonei a integrare ciascuno dei due reati (dei quali, peraltro, il primo – art. 612 bis c.p. - ha natura abituale e l'altro – 612 ter c.p. è reato istantaneo), il Collegio ha ritenuto irrilevante la richiamata clausola di riserva prevista dall'art. 612-ter, primo comma, c.p. ("salvo che il fatto costituisca più grave reato"), presente anche nell'ambito del reato di stalking, che appare piuttosto riferirsi ad altre fattispecie incriminatrici, come ad esempio il reato di estorsione.

Infine, la Prima Sezione della Cassazione ha rigettato anche la deduzione del ricorrente relativa all'innalzamento della pena per il reato di cui all'art. 612-bis c.p., in quanto tale circostanza non rifletterebbe in alcun modo la volontà del legislatore di ricomprendere in detta fattispecie le condotte previste dall'art. 612-ter c.p., ma risponde piuttosto ad autonome scelte di politica criminale.