La sussidiarietà dell’azione di ingiustificato arricchimento

25.05.2024

Cass. Civ. Sez. Unite, 05 Dicembre 2023, n. 33954 

Le Sez. Unite Civili con sent. n. 33954 del 05/12/2023 hanno affermato il seguente principio di diritto: «Ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all'art. 2042 c.c., la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo. Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l'esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall'illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l'ordine pubblico.».

L'azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. rappresenta un rimedio restitutorio volto a correggere lo squilibrio derivante da atti o fatti giuridici che hanno influenzato le sfere patrimoniali di due distinti soggetti. 

Tale tipo di rimedio si applica esclusivamente quando l'arricchimento di un soggetto a fronte dell'impoverimento di un altro non è giustificato da una causa valida. Esso è stato introdotto nel nostro ordinamento nel Codice del 1942, in via interpretativa, al fine di porre rimedio a tutti gli spostamenti di ricchezza privi di giustificazione. Tuttavia, l'introduzione di tale tipo di azione è stata accompagnata da una "cautela" rappresentata dalla "regola" della sussidiarietà di cui all'art. 2042 c.c.. 

Tale norma dispone che l'azione di ingiustificato arricchimento non è applicabile nell'ipotesi in cui l'impoverito può esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito. Sulla natura giuridica della clausola di sussidiarietà, sono state formulate diverse interpretazioni:

a) parte della dottrina ha sostenuto che la natura della clausola di sussidiarietà trova le sue radici nel principio di certezza del diritto, la cui assenza minaccerebbe l'integrità del sistema giuridico: attraverso un'indebita locupletazione dell'impoverito, che potrebbe avanzare in modo cumulativo altri rimedi volti a ripristinare la sua posizione o attraverso l'elusione della disciplina generale utilizzando tale rimedio anche in presenza di preclusioni o decadenze relative alle azioni principali. La clausola, pertanto, sarebbe applicata in termini astratti, precludendo l'azione di ingiustificato arricchimento quando l'impoverito abbia a disposizione altri rimedi, indipendentemente dalla loro effettiva azionabilità;

b) un altro orientamento ha sostenuto la natura equitativa della clausola di sussidiarietà il cui campo di applicazione si estende o si contrae a seconda della disponibilità di rimedi alternativi. In tal caso si opterebbe per un'applicazione concreta della clausola, consentendo l'azione ex art. 2041 c.c. anche quando, pur essendo in astratto azionabili altri rimedi, essi sono concretamente preclusi per qualsiasi ragione;

c)altra parte della dottrina ritiene che la norma vieti solo l'uso simultaneo di altri rimedi legali, consentendo però un'alternativa o un'integrazione.

Con la pronuncia sopra citata le Sez. Unite hanno chiarito la questione inerente all'ipotesi in cui si presenta la domanda di arricchimento senza causa ex art 2041 c.c. nel contesto di un procedimento in cui è già stata avanzata in via principale una domanda di adempimento contrattuale. In sostanza si configura un discrimen tra:

a) l'ipotesi in cui esercitata l'azione principale quest'ultima sia stata respinta perché la fattispecie concreta, pur congrua in astratto alla previsione di legge sia risultata "difettosa" di qualche requisito imputabile al richiedente la cui inerzia ha determinato il mancato assolvimento di oneri cui la legge subordinava la difesa di un suo interesse (come ad es. nel caso in cui il rimedio principale sia colpito da prescrizione o decadenza);

b) dall'ipotesi in cui l'azione principale sia stata respinta per non riconducibilità della fattispecie concreta alla fattispecie legale, cioè dalla carenza ab origine dei presupposti fondanti la domanda principale.

Con un primo orientamento sostenuto nel 2012, la Cassazione aveva preso posizione in merito affermando che "l'azione tipica che preclude al danneggiato la facoltà di agire per conseguire il risarcimento derivante dall'arricchimento ingiustificato debba essere individuata esclusivamente nell'azione contrattuale o in ogni altra azione specificamente riconosciuta dalla legge in relazione a una particolare situazione".

Successivamente, la Cass. con sent. del 17/01/2020 n. 843 ha affermano che "il divieto di perseguirla in presenza di un'azione tipica, trova effettivamente la sua ragione nella necessità di evitare duplicazioni risarcitorie a favore del soggetto impoverito che abbia già ottenuto soddisfazione attraverso un altro mezzo".

Con l'ordinanza n. 5222/23 la Cass. contesta l'idea che la disponibilità di un'azione tipica debba escludere l'azione di arricchimento evidenziando che questo principio non vieta il cumulo risarcitorio, ma mira piuttosto a impedire di eludere l'eventuale esito negativo di un'azione principale ricorrendo all'azione di arricchimento ingiustificato.

Le Sezioni Unite pronunciandosi sull'ammissibilità dell'azione di ingiustificato arricchimento disciplinata dall'articolo 2041 c.c. in virtù della sussidiarietà prevista ai sensi del successivo art. 2042 c.c. affermano che quest' ultima è proponibile quando la domanda principale si basa su clausole generali previste dall'articolo 1337 e dall'art. 2043c.c, ma queste mancano dei presupposti costitutivi ab origine. 

Al contrario, tale azione non può essere esercitata quando manca la prova sostanziale del danno derivante dalla natura aquiliana o precontrattuale della responsabilità. 

Dott.ssa Giulia Luca