La vendita separata di garage e appartamento: dal vincolo pertinenziale alla piena liberalizzazione

07.07.2025

A cura di Avv. Michele Zabeo

Una delle domande più ricorrenti nella materia condominiale è: si può vendere il garage separatamente dall'appartamento? Questa è una delle questioni più complesse e articolate cui dare risposta che, realisticamente, è: dipende. Molti sono i fattori da prendere in considerazione tra cui l'epoca in cui l'edificio è stato eretto, la legge allora vigente e quelle che sono le interpretazioni fornite dalla dottrina e dalla giurisprudenza in una materia che, per il vero, non ha mai brillato per chiarezza.

Con il presente contributo s'intende, dunque, cercare di fornire un quadro il più ordinato possibile di un coarcevo di norme in cui spesso è complicato muoversi anche per gli operatori del diritto.

Il punto di partenza normativo è la legge n. 765/1967 (cd. Legge ponte) la quale, per esigenze meramente urbanistiche legate al tentativo di evitare il sovraffollamento e il degrado della sosta di veicoli su strada pubblica, modificò la legge urbanistica del 1942 introducendo, mediante l'art. 18, una nuova disposizione che imponeva l'obbligo di destinare all'interno dei condomini una certa metratura di spazi dedicati ai veicoli[1]. Si poneva così uno standard minimo per le costruzioni condominiali.

La sinteticità normativa diede però adito ad una serie di interpretazioni dottrinali le quali ruotavano intorno ad un quesito: la norma deve intendersi come meramente pubblicistica e, dunque, rivolta alla sola disciplina urbanistica oppure ha anche ricadute sui rapporti tra privati?

Si svilupparono due teorie al riguardo: secondo la prima, cd. oggettiva, in forza di tale disposizione non si creava nessun vincolo tra la proprietà esclusiva condominiale e il singolo garage e per tale ragione esso poteva essere alienato a e utilizzo anche da soggetti terzi non proprietari di alcuna unità nel condominio.

Viceversa, secondo la teoria soggettiva si creava con la citata norma un vincolo di destinazione necessario ed inderogabile tale per cui solo i proprietari delle unità condominiali avrebbero potuto utilizzare tali aree ed esserne proprietari.

Tali due orientamenti contrapposti erano presenti anche in seno alla giurisprudenza la cui evoluzione ebbe un primo passaggio fondamentale con una serie di pronunce delle Sezioni Unite[2] attraverso le quali il giudice di Legittimità rinvenne nell'art. 41 sexies l. urbanistica, un vincolo non solo pubblicistico ma anche di carattere privatistico. Veniva, dunque, consacrata la teoria soggettiva.

Le permanenti difficoltà interpretative condussero successivamente il Legislatore a tentare di far chiarezza mediante la l. 47/1985 la quale, da un lato, vincolò espressamente gli spazi di cui si discute quali pertinenze delle singole unità, ma dall'altro maldestramente rinviava all'art. 818 c.c. il quale, in effetti, al suo comma II prevede che: "Le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici".

Il problema interpretativo rimaneva, dunque, inalterato.

Sul punto si è, quindi, trovata costretta a pronunciare nuovamente la Corte di Cassazione e nuovamente a Sezioni Unite ribadendo il principio già enunciato dalla cd. "Legge ponte" ovvero rilevando la natura pubblicistica, ma anche privatistica del vincolo e, dunque l'inscindibilità di unità abitativa condominiale e garage pertinenziale associato.

Quando il quadro normativo sembrava assestato e chiarito, intervenne nuovamente il Legislatore con la l. 122/1989, cd. Legge Tognoli, la quale tra le altre novità prevedeva che: "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero in locali siti al piano terreno parcheggi da destinarsi a pertinenza delle singole unità immobiliari e ciò anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti"[3] e che: "non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli[4]". Seppur la legge si riferiva espressamente solo ad una certa tipologia di garage (ovvero quelli costruiti con i benefici fiscali previsti dalla medesima legge) , essa è stata utilizzata da entrambe le originarie correnti dottrinarie per sostenere la loro tesi. Da un lato i fautori della teoria oggettiva rivenivano una limitazione della circolazione dei garage solo per i manufatti costruiti in forza della legge de quo ovvero successivi al 1989 mentre per i precedenti non vigeva alcun vincolo; dall'altro lato la teoria soggettiva l'hanno intesa come una generalizzata conferma all'indisponibilità dei garage.

Quindi, riprendendo gli spunti di un'altra sentenza della Cassazione[5] poteva essere così ricostruita una triplice distinzione:

  • "parcheggi soggetti a vincolo di destinazione, cioè "a utilizzazione vincolata", ai quali inerisce una qualificazione pertinenziale ex lege, in quanto realizzati ai sensi dell'art. 18 della legge ponte (poi integrata dall'art. 26 della legge sul condono).
  • parcheggi soggetti a vincolo di destinazione e a vincolo di inscindibilità dall'unità principale, cioè "a utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a circolazione controllata", perché costruiti in base alla Legge Tognoli (122/1989).
  • parcheggi non rientranti in tali due specie, soggetti alla regole del diritto comune e, quindi, "a utilizzazione e a circolazione libera", non vincolata in base a speciali limiti (inderogabili) di legge"

Di nuovo però il Legislatore è intervenuto nel 2005 con la l. 246 la quale ha di fatto liberalizzato la circolazione di garage prevedendo espressamente che: "Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse"[6].

Ancora una volta, però, un elemento di difficoltà interpretativa è stato posto questa volta dalla giurisprudenza, dalla Cassazione in particolare, la quale ha specificato che: "la nuova disposizione è destinata ad operare solo per il futuro, e cioè per le costruzioni non ancora realizzate e per quelle realizzate, ma per le quali non siano iniziate le vendite delle singole unità immobiliari"[7].

Intervenne infine il D.L. Semplificazioni del 2012 che, invece, andò a toccare specificamente solo la disciplina della legge Tognoli[8] prevedendo che, con riferimento ai garage collocati su area privata, veniva prevista la possibilità di una loro liberalizzazione, ovvero circolazione, purché però venissero associati a vincolo pertinenziale con un unità sita nel medesimo comune ove si trovano[9]

Dunque, anche considerando i più recenti interventi normativi, si può operare la seguente distinzione: i garage siti in condomini edificati sotto la vigenza della Legge ponte del 1967, in base all'evoluzione interpretativa e normativa, oggi non sono liberamente alienabili se non a favore di altri condomini non potendo essere utilizzati da soggetti estranei alla compagine condominiale.

Viceversa per i garage in condomini eretti tra il 1989 e il 2005 vige una più severa inscindibilità ovvero un rigido legame pertinenziale tra unità di proprietà esclusiva e garage potendo però essere alienati a favore di un soggetto terzo purché vincolati ad un'unità sita nel medesimo territorio comunale.

Per tutti gli altri, invece, opererebbe un sistema pressoché liberalizzato.


[1] Art. 18 l. Ponte: "Alla legge 17 agosto 1942, n. 1150, dopo l'articolo 41, è aggiunto il seguente articolo 41-sexies:

"Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione".

[2] Sez. Un. 17.12.1984, nn. 6600, 6601 e 6602;

[3] Art. 9, co. I legge Tognoli;

[4] Art. 9, co. IV legge Tognoli;

[5] Cassazione civile sez. II - 01/08/2008, n. 21003;

[6] Art. 12, co. IX legge n. 246/2005;

[7] Cass. Sez. Unite 18 luglio 1989, n. 3363;

[8] Art. 10, D.L. n. 5/2012;