Versamento parziale dell’assegno di mantenimento: sussiste la violazione degli obblighi di assistenza familiare?

14.03.2023

Cass. Pen., Sez. VI, 11 novembre 2022 n. 43032

Nel nostro ordinamento positivo la famiglia è considerata un istituto prevalentemente di diritto pubblico fondato sul matrimonio monogamico, come affermato dagli artt. 29-31 della Costituzione ed è tutelata sul piano penale in quanto considerata indispensabile per la compagine statuale. La famiglia costituisce, infatti, il "centro di irradiazione di ogni civile convivenza"[1].

Nonostante ciò, il Codice penale, in vista di una possibile evoluzione dell'istituzione, non contiene una definizione formale di famiglia: il che ha consentito di estendere la tutela di alcune norme penali anche alle unioni di fatto che oggi sono largamente diffuse.

I delitti contro la famiglia sono previsti dal libro II, titolo IX del Codice penale (artt. 556-574 bis) e tutelano i principi costituzionali del matrimonio monogamico e dell'uguaglianza dei coniugi.

I reati in esame sono divisi in quattro categorie principali:

delitti contro il matrimonio

delitti contro la morale familiare

delitti contro lo stato di famiglia

delitti contro l'assistenza familiare

Nell'ambito di questo gruppo di delitti, merita particolare attenzione la violazione degli obblighi di assistenza familiare, previsto da due norme: gli articoli 570 c.p. e art. 570bis c.p. Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare ex art. 570 c.p. punisce "Chiunque abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale, o alla qualità di coniuge".

Il secondo comma prevede l'applicazione congiunta delle pene di cui al primo comma a chi "malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge; fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa".

Sebbene si riferisca a "chiunque", si tratta di reato proprio, in quanto può essere commesso solo da un membro della famiglia che abbia obblighi di assistenza familiare.

L'art. 570bis c.p.[2], invece, estende l'applicazione delle pene previste dall'articolo 570 "al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli".

Il delitto appena citato si configura anche in presenza di un adempimento parziale dell'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile, non essendo riconosciuto all'obbligato un potere di adeguamento dell'assegno in revisione della determinazione effettuata dal giudice.

Lo conferma, infatti, la sesta sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 43032 del 2022, depositata lo scorso 11 novembre 2022.

La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano del 15 luglio 2020, che aveva condannato l'imputato per il reato di cui all'art. 570 bis c.p. alla pena ritenuta giustizia, condizionalmente sospesa alla corresponsione del dovuto alla persona offesa, nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile. All'imputato era stato contestato di aver violato gli obblighi di natura economica stabiliti dal giudice in sede di separazione coniugale per il mantenimento dei figli minori, omettendo di versare, almeno in parte, la somma mensile di 400 euro, dal gennaio 2016 al dicembre 2017.

Il difensore di fiducia ha proposto ricorso per Cassazione avverso l'anzidetta sentenza, lamentando i vizi di legge e di motivazione nei limiti di cui all'art. 173 disp. Att. c.p.p. e all'art. 165 c.p.: l'imputato ha sostenuto di aver ospitato per diversi e continuativi periodi di tempo i figli (quindi mantenendoli) e che dalle risultanze probatorie emergeva che la parte civile aveva ricevuto denaro sia dall'imputato sia dalla madre dello stesso per via delle difficoltà economiche legate ad un lungo periodo di disoccupazione; periodo durante il quale non si è mai disinteressato dei figli.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, rigettando il motivo per cui l'imputato ha tentato di giustificare il proprio inadempimento sulla base dello stato di disoccupazione in quanto egli non ha provato di trovarsi in uno "stato di impossibilità assoluta di adempiere" e annullando la sentenza impugnata limitatamente alla condizione cui è stato condizionato il beneficio di cui all'art. 163 c.p.

Infatti, se a seguito di una separazione o un divorzio il giudice pone a carico di uno dei coniugi l'obbligo di versare una somma per l'altro coniuge e figli minori, il soggetto obbligato commette il reato di cui all'art. 570 bis c.p. "se si riduce da solo l'importo e corrisponde quindi solo una parte del quantum dovuto".

Gli Ermellini sostengono, quindi, che "le difficoltà economiche in cui versa l'obbligato non escludono la sussistenza del reato in questione, qualora non risulti provato che le difficoltà medesime si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nell'impossibilità di adempiere, sia pure in parte, l'obbligazione: incombe all'imputato l'onere di allegazione di idonei e convincenti elementi indicativi della concreta impossibilità di adempiere".

Invero, un conto è l'allegazione, da parte dell'obbligato, di una situazione di assoluta ed effettiva indigenza tale da impedirgli di adempiere ai relativi doveri economici, altro conto è l'allegazione di una "mera" situazione di difficoltà economica, tale da rendere preferibile una riduzione dell'assegno mensile disposto in favore del figlio.

Ciò sulla base del fatto che il delitto di cui all'art. 570 bis c.p. è integrato non dalla mancata prestazione di mezzi di sussistenza (che in astratto potrebbe configurare, semmai, la fattispecie di cui all'art. 570, co. 2, n. 2, c.p.), ma dalla mancata corresponsione delle somme stabilite in sede civile, cosicché "l'inadempimento costituisce di per sé oggetto del precetto penalmente rilevante, non essendo consentito al soggetto obbligato operarne una riduzione e non essendo necessario verificare se per tale via si sia prodotta o meno la mancanza di mezzi di sussistenza".[3]

È necessario pertanto tenere in considerazione i beni giuridici in conflitto, assegnando certamente prevalenza alla tutela della prole e, comunque, del familiare c.d. "debole", in ragione dei doveri di solidarietà imposti dalla legge civile.

Per concludere, con la sentenza in esame il Supremo Giudice ha ribadito il suo orientamento, confermando l'importanza della famiglia alla quale appresta una tutela giuridica sempre più estesa. 

 Dott.ssa Melissa Cereda


[1] Relazione al progetto definitivo: "Nella comunione famigliare i genitori con la parola, e in più con l'esempio, plasmano l'anima del fanciullo, che sarà poi il cittadino: secondo che l'ambiente domestico è moralmente puro, o viziato e malsano, germina con esso e fiorisce la pianta dell'uomo onesto, ovvero vi alligna quella triste e intossicata del criminale".

[2] Il reato in esame è stato introdotto, in una prospettiva di riorganizzazione sistematica dell'ordinamento penale, attraverso il D.Lgs. n. 21 del 01.03.2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22.03.2018 e rubricato "Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'art. 1, comma 85, lett. q), L. 23 giugno 2017, n. 103". la "nuova" fattispecie di reato assorbe due previsioni: i) l'art. 12 sexies, L. n. 898/1970 ("Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio"), il quale già disponeva l'applicazione delle pene di cui all'art. 570 c.p. al coniuge che si sottragga all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto ex artt. 5 e 6, L. n. 898/1970; ii) l'art. 3, L. n. 54/2006 ("Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli"), che pure prevedeva l'applicazione delle pene di cui all'art. 570 c.p., attraverso il rinvio a quanto previsto dal detto art. 12 sexies, nei casi di violazione di obblighi di natura economica.

[3] Cass. pen., Sez. VI, ud. 6 maggio 2021, n. 24554 e Cass. pen., Sez. IV, 13 aprile 2021, n. 35501 secondo cui "L'imputato che alleghi l'impossibilità di fare fronte ai propri obblighi in ragione della incapacità economica non può limitarsi a produrre una prova del proprio stato di disoccupazione dovendo specie laddove non giustifichi la fonte di sostentamento che gli consenta la sopravvivenza".