Video autoerotici estorti: è violenza sessuale online?
Cass. Pen. III Sez., 12 febbraio 2025, n. 5688
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A cura di Avv. Sara Spanò
Massima: "Affinché possa ritenersi integrato il reato di violenza sessuale in assenza di contatto fisico tra l'imputato e la vittima, l'immediatezza dell'interazione tra costoro non deve essere necessariamente connotata dalla sua contestualità, ben potendo anche essere differita allorquando l'atto involgente la propria corporeità sessuale posto in essere dalla p.o. sia l'effetto della vis psichica ovvero della condotta induttiva esercitata su di lei dall'agente all'interno di un rapporto di causa-effetto, indipendentemente dalla finalità da quest'ultimo perseguite".
Preliminarmente è necessario precisare che la violenza sessuale non richiede necessariamente il rapporto diretto tra vittima e soggetto agente; essa si può configurare anche in presenza di un ricatto, operato tramite internet o altri strumenti di contatto a distanza, come i sistemi di messaggistica WhatsApp e le videochiamate, con cui il reo impone alla vittima un atto di autoerotismo.
L'elemento materiale che caratterizza la violenza sessuale è tipizzato attraverso il richiamo nel modello legale a tre diverse modalità di estrinsecazione della condotta punibile che si risolvono in : 1) una costrizione fisica o morale contrassegnata rispettivamente dall'uso della violenza o della minaccia; 2) un abuso di autorità; 3) un'induzione che si realizza: a) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della p.o. al momento del fatto; b) traendo in inganno la p.o. per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
A tal proposito, la Giurisprudenza di legittimità è intervenuta molteplici volte al fine di interpretare la nozione di atto sessuale non soltanto attribuendogli un mero significato di sintesi comprendente una vasta e diversificata tipologia di condotte in precedenza sussumibili nel reato di congiunzione carnale o in quello degli atti di libidine, ora tutte ricomprese nella nozione di atto sessuale, ma richiede che si debba anche tenere conto, con un approccio interpretativo di tipo sintetico, dell'intero contesto in cui il contatto tra soggetto attivo e p.o. si è realizzato e della dinamica intersoggettiva, precisando che, per stabilire ciò che può considerarsi atto sessuale, occorre esaminare il contesto di azione definito alla stregua dell'interesse penalmente tutelato dalla norma incriminatrice , non essendo sufficiente fare esclusivamente riferimento alle parti anatomiche aggredite.
Nel caso in esame, tra le parti non vi era un contatto fisico tale da rappresentare un'indebita intrusione della sfera sessuale, in senso fisico, consistita in toccamenti delle zone genitali ma anche di quelle ritenute erogene, ossia in grado di stimolare l'istinto sessuale secondo gli approdi conseguiti dalla scienza medica, psicologica, antropologica e sociologica.
Ciò che si rileva è un ricatto sessuale che pur in assenza di contatto fisico tra autore e vittima, lede la libertà sessuale nonché il libero convincimento della vittima di disporre del proprio corpo, anche attraverso l'utilizzo di strumenti telematici (internet, chat, social media, ecc.).
Difatti, la predetta veniva minacciata – ripetutamente – di inviare immagini e video erotiche allo scopo di evitare alla stessa un grave nocumento all'onore e alla sua reputazione per il tramite della divulgazione pubblica di contenuti sessualmente espliciti che la vedevano protagonista.
La Cassazione ha ribadito che il bene giuridico tutelato dall'articolo 609-bis c.p. è la libertà sessuale della persona, cioè il diritto di autodeterminarsi in merito alla propria sfera intima. Questa libertà può essere lesa anche da una coercizione psicologica, come la minaccia, che costringe la vittima a compiere atti sessuali contro la sua volontà.
L'elemento chiave del reato di violenza sessuale, infatti, è la costrizione o l'induzione: la vittima, cioè, deve essere stata costretta (con violenza o minaccia) o indotta (con l'inganno o l'abuso di autorità/condizione di inferiorità) a compiere l'atto sessuale contro la sua volontà.
La minaccia può essere di qualsiasi tipo, purché sia idonea a intimidire la vittima e a condizionare la sua volontà. Nel caso specifico, la minaccia di diffondere il video di un rapporto sessuale intimo ed extraconiugale è stata considerata una forma di coercizione particolarmente grave.
Infine, la Cassazione ha chiarito, quindi, che la compresenza telematica non è un requisito necessario per il reato di violenza sessuale. Anche se l'autore del reato non assiste in diretta alla realizzazione del video, il fatto di aver costretto la vittima a compierlo e a inviarglielo costituisce comunque una violazione della sua libertà sessuale. Perciò il reato sussiste anche in queste ipotesi.
Lo scopo dell'autore del reato è irrilevante. Anche se l'uomo non ha agito per soddisfare un proprio impulso sessuale, il fatto di aver costretto la vittima a compiere un atto sessuale contro la sua volontà è sufficiente a configurare il reato de quo.
Fonti:
Cass sez. III n. 24683/2015;
Cass. Pen. III Sez., 12 febbraio 2025, n. 5688;
S. Beltani, Codice penale commentato, ed. Giuffrè 2024;
https://www.laleggepertutti.it/721557_video-autoerotici-estorti-e-violenza-sessuale-online