Non è da escludere il collocamento paritetico nonostante la tenera età dei figli
Cass. civ., Sez. I, 21 gennaio 2025, n. 1486
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A cura di Dott.ssa Martina Carosi
Una madre adiva, tramite reclamo ex art.473-bis.24 c.p.c., la Corte d'Appello di Venezia per impugnare l'ordinanza del Tribunale di Padova con cui il giudice aveva disposto l'affidamento condiviso dei figli minori con collocamento paritario, disponendo anche l'affidamento del nucleo familiare agli assistenti sociali competenti a cui veniva affidato il compito di vigilare sulle condotte dei genitori circa i loro obblighi di cura e assistenza.
In particolare, il Tribunale aveva assunto tali decisioni con la seguente motivazione: "(…) rilevato
che parte convenuta si oppone chiedendo il collocamento prevalente presso la stessa, essendo la figli ancora troppo piccola per vivere fuori casa; rilevato che parte ricorrente abita insieme alla madre e al fratello al piano di sotto rispetto all'appartamento adibito a casa familiare; ritenuto che rientri ritenuto che rientri nell' interesse prioritario della minore avere la possibilità di frequentare in misura paritetica il padre e la madre, essendo oramai svezzata, situazione che risulta all'evidenza agevolata dal fatto che i genitori vivono nello stesso palazzo, e consente di superare molti aspetti di conflittualità legati al diritto di visita paterno (…)".
Si costituiva come parte resistente il padre, chiedendo per il rigetto del reclamo.
In fase di reclamo la Corte d'Appello di Venezia rilevava che la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente necessita di una valutazione piuttosto ponderata da parte del giudice di merito che deve porre, anzitutto, in primo piano la necessità di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, "tenendo conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativo".
Rilevando, nel caso di specie, la tenera età della minore ed il fatto che la stessa avesse instaurato un particolare rapporto con la madre, decideva di riformare l'ordinanza disponendo il collocamento prevalente presso la madre e disciplinando, di conseguenza, i turni di cura del padre.
Avverso tale provvedimento, il padre proponeva ricorso dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione.
In particolare con cinque motivi di doglianza, l'uomo impugnava l'ordinanza in relazione alla nuova valutazione relativa al collocamento prevalente della minore presso la madre, deduceva, inoltre, la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 337-ter c.c., anche in combinato disposto con gli articoli 30 Cost., 24 Carta di Nizza, 9 della Convenzione di New York, 24 Carta dei diritti dell'Unione Europea e 8 Convenzione europea dei diritti dell'uomo, nonché con l'art. 115 c.p.c., oltre al difetto assoluto di motivazione, ai sensi dell'art. 360, comma 2, n. 3), c.p.c., con riferimento alla parte in cui nel caso di figlio minore in età prescolare o consimile, sia più rilevante la posizione materna perché rispondente agli interessi dei figli.
Impugnava anche la riduzione dei propri tempi di cura e del mantenimento da corrispondere per la minore.
Nell'esaminare la questione ad ella sottoposta, la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso, reputandolo limitativo della relazione genitoriale tra padre e figlia in quanto sono stati compressi i tempi ed i modi di esercizio della responsabilità genitoriale rischiando di compromettere il rapporto tra la bambina ed il papà.
Circa la decisione di stabilire il collocamento prevalente presso la mamma, in particolare, la Cassazione l'ha ritenuta fondata sul solo elemento della tenera età della bambina che aveva più di tre anni e quindi completamente, astratta dal dal tipo di rapporto relazionale della minore con i genitori nonché dalle esigenze relazionali della stessa.
Per tali ragioni, gli Ermellini hanno accolto i relativi motivi di ricorso con la seguente motivazione: "Nei procedimenti previsti dall'art. 337-bis c.c., il giudice è chiamato ad adottare provvedimenti
riguardo ai figli seguendo il criterio costituito dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale ai sensi dell'art. 337-ter c.c. è quello di conservare un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, sicché le statuizioni sull'affidamento, il collocamento e la frequentazione dei figli devono rispondere ad una valutazione in concreto finalizzata al perseguimento di tale finalità, non potendo essere adottati provvedimenti che limitino grandemente la frequentazione tra uno dei genitori e il figlio in applicazione di valutazioni astratte non misurate con la specifica realtà familiare".
Tutto quanto sopra premesso, la Cassazione ha ritenuto di cassare l'ordinanza rinviandola alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione.