Il diritto all'ambiente: evoluzione nel diritto internazionale ed europeo
Il diritto ambientale è uno di quei settori in cui è essenziale che vi sia uno studio parallelo delle fonti interne europee e internazionali.
Problema che si pone, però, è quello di capire cosa si intende per ambiente, poiché il concetto comprende tanti fenomeni eterogenei tra loro. In dottrina la definizione giuridica di ambiente è controversa, c'è chi accoglie una nozione polivalente e chi accoglie una nozione unitaria.
In base alla nozione polivalente, il diritto ambientale risponde alla necessità di tutelare e preservare le bellezze paesaggistiche, di difendere la qualità della vita, di lottare contro l'inquinamento, e contemporaneamente rientra nel diritto dell'ambiente anche il governo del territorio. Elemento comune a tutti questi aspetti è quello per cui il diritto dell'ambiente diventa strumento per tutelare l'interesse alla qualità della vita.
In base alla nozione unitaria, il diritto ambientale è quella disciplina che mira a regolamentare gli elementi biotici (fattori viventi) e abiotici (non viventi) di un ecosistema.
Questa difficoltà nella definizione del concetto di ambiente dipende dal fatto che, in realtà, non troviamo una nozione unitaria nei vari settori di disciplina, ma le definizioni a livello internazionale, eurocomunitario e a livello nazionale non coincidono tra di loro.
Le fonti che disciplinano il diritto dell'ambiente sono:
- Le norme internazionali;
- Le norme europee;
- Le norme costituzionali.
Per quanto riguarda il diritto internazionale, fino agli anni '70 la materia dell'ambiente non era stata attenzionata in quanto si era ritenuto che l'argomento ambiente fosse un problema attinente esclusivamente alla disciplina interna degli Stati. Questa condizione comincia a cambiare a partire proprio dagli anni '70, quando effettivamente la comunità internazionale si rende conto che la salvaguardia dell'ambiente deve costituire uno degli obiettivi primari, tanto è vero che si afferma un vero e proprio diritto internazionale dell'ambiente.
Esso si articola in norme consuetudinarie, principi generali di diritto internazionale e convenzioni.
Facciamo un excursus sui principi del diritto internazionali che riguardano l'ambiente…
Ora, il primo principio sancito a livello internazionale in materia ambientale è il cd. divieto di inquinamento transfrontaliero. Si tratta di un principio che nasce per regolare i cd. rapporti di vicinato, vale a dire i rapporti tra due Stati contigui tra di loro, soprattutto con riferimento a due problemi, cioè in relazione ai corsi d'acqua internazionali e alle emissioni di fumo e di sostanze tossiche o comunque con riferimento alle attività pericolose (come per esempio le attività nucleari). Questo principio afferma il divieto di inquinamento transfrontaliero, nel senso che nessuno Stato ha il diritto di potere usare il proprio territorio in modo da causare un danno ad altro territorio contiguo. Evidentemente questo principio comporta una limitazione della sovranità statale, dato che il principio base fondamentale della comunità statale è quello secondo cui lo Stato può fare tutto ciò che vuole sul proprio territorio. Dal divieto di inquinamento transfrontaliero deriva un doppio dovere, il cd. ''due diligence'' (espressione coniata dalla dottrina) cioè il dovere per lo Stato di adottare tutte le misure opportune in primo luogo per eliminare i rischi che possono derivare per un altro Stato contiguo e in secondo luogo, nel caso in cui il danno sia stato arrecato, per attenuare i possibili danni che possono derivare allo Stato contiguo.
Altro principio affermato dal diritto internazionale dell'ambiente è il cd. principio di prevenzione, il quale va di pari passo con il principio di riparazione perché il principio di prevenzione sta a monte, mentre il principio di riparazione sta a valle. Secondo il principio di prevenzione lo Stato deve adottare tutte le misure preventive necessarie ad impedire che la realizzazione di date attività rechi pregiudizi ambientali transfrontalieri.
Fondamentale è poi il principio di precauzione previsto dal principio 15 della Dichiarazione di Rio del 1992.
La ratio di questo principio è l'acquisita consapevolezza da parte della comunità internazionale che ci sono determinati danni ambientali che hanno natura irreversibile. Per cui questo principio impone allo Stato l'obbligo di agire preventivamente al fine di evitare il prodursi di un danno anche a prescindere dalla certezza scientifica che l'azione che pone in essere lo Stato sia idonea ad evitare il danno. Naturalmente però questo principio ha una sua limitazione espressamente prevista nella Dichiarazione di Rio, cioè quella per cui le misure necessarie a prevenire il danno devono comunque risultare efficienti in relazione al loro costo. Questo significa che è vero che lo Stato deve porre in essere tutte le azioni per evitare il danno ambientale anche se non ha la sicurezza scientifica che queste azioni sicuramente lo evitino, ma chiaramente gli oneri economici che derivano da queste azioni non devono superare la perdita economica che deriverebbe dal danno ambientale.
Necessario è poi, sulla base del principio di cooperazione, che gli Stati cooperino tra di loro: da un lato devono cooperare per stabilire misure idonee ad evitare il danno ambientale, mentre dall'altro lato devono cooperare per stabilire nuove regole di diritto internazionale che prevedano la responsabilità e il risarcimento del soggetto che determina un danno ambientale. Questo obbligo di cooperazione impone 3 obblighi agli Stati di carattere procedurale:
- gli Stati devono avere un obbligo di informazione nei confronti degli altri Stati in relazione alla loro volontà di intraprendere un'attività che possa potenzialmente arrecare un danno all'ambiente (obbligo costantemente trasgredito dalla Corea del Nord che spara missili senza preavviso);
- obbligo di avviare consultazioni nel caso in cui sorgano delle contestazioni in ordine a danni ambientali;
- obbligo della notifica urgente avente ad oggetto danni ambientali irreversibili.
Altro principio che ha luogo sia nella disciplina nazionale che internazionale è il cd. principio dello sviluppo sostenibile. Con esso si obbliga lo Stato di sviluppare e usare le proprie risorse non soltanto tenendo in conto le esigenze delle generazioni presenti, ma facendo programmazione a lungo raggio e quindi pensando anche a quali potrebbero essere le conseguenze dello sviluppo delle risorse economiche e industriali dello Stato anche in relazione alle generazioni future.
Per ciò che riguarda la disciplina del diritto dell'Unione Europea, invece, questo accetta una nozione molto ampia di ambiente perché, nel diritto dell'Unione, l'ambiente abbraccia tutto ciò che riguarda lo stato delle acque, dell'aria, del suolo, della flora, della fauna, del territorio e degli spazi naturali. Il diritto dell'ambiente nell'Unione Europea si è affermato, nel corso degli anni, in modo progressivo e non immediato, tant'è che fu possibile individuare delle fasi differenti dal punto di vista formativo nel riconoscimento giuridico dell'ambiente.
Nella prima fase, nella fase iniziale (trattato CEE), l'ambiente non era contemplato come valore da proteggere perché in realtà l'unica esigenza dei trattati istitutivi era quella di liberare il mercato; quindi le prime e le poche direttive che venivano adottate erano "direttive indirette" che tutelavano indirettamente l'ambiente perché questo in qualche modo poteva rilevare sotto il profilo economico e della tutela della concorrenza del mercato.
Una prima tutela, nell'ambito dell'ordinamento dell'Unione Europea, avvenne attraverso un riconoscimento giurisprudenziale che faceva perno sulla cd. teoria dei poteri impliciti, oggi prevista dagli articoli 115 e 352 del trattato di funzionamento dell'Unione Europea (TFUE).
Che cosa sono i poteri impliciti?
Sono poteri che consentono all'Unione Europea da un lato di intervenire quando l'azione dello Stato non è idonea al raggiungimento dell'obiettivo stabilito dall'Unione Europea, e dall'altro lato la possibilità all'Unione Europea di intervenire per rendere omogenee le normative nazionali su una determinata materia. Quindi era con riferimento ai poteri impliciti che la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha iniziato a riconoscere una tutela all'ambiente a livello comunitario.
Il primo riconoscimento normativo dell'ambiente a livello comunitario si ha con l'atto unico europeo del 1987 che prevede una disciplina volta a disciplinare la materia dell'ambiente. Queste disposizioni vengono confermate dai successivi trattati quindi dal trattato dell'Unione Europea che segue l'atto unico europeo anche come modificato dal successivo trattato di Amsterdam. A questo segue un riconoscimento dell'ambiente come diritto fondamentale, tant'è che con la Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea cioè la Carta di Nizza, all'art 37 tra i vari diritti fondamentali si riconosce anche un diritto alla tutela dell'ambiente. Quindi per la prima volta anche a livello europeo il diritto dell'ambiente diventa un diritto fondamentale, che deve essere garantito, dice l'art 37 "conformemente allo sviluppo sostenibile" .
Con riferimento alla normativa dei trattati oggi dobbiamo fare riferimento a tre articoli, cioè in particolare all'articolo 191, 192 e 193 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.
L'art 191 stabilisce gli obiettivi e i principi della clinica ambientale; l'art 192 del trattato stabilisce le procedure attraverso cui vanno realizzati i suddetti principi; l'art 193 prevede la facoltà degli Stati di stabilire una protezione maggiore rispetto alla stessa protezione riconosciuta a livello europeo.
In particolare, l'Art. 191, stabilisce gli scopi, gli obiettivi cui mira l'azione dell'Unione Europea in materia di tutela dell'ambiente. Gli obietti sono fondamentalmente quattro:
- la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente;
- la protezione della salute umana;
- l'utilizzazione razionale delle risorse naturali;
- l'adozione di misure che siano destinate a risolvere i problemi ambientali.
Invero, stabilisce anche dei principi ispiratori della normativa europea e sono:
- principio dell'azione preventiva cioè predisporre tutte le misure volte a prevenire eventi nocivi per l'ambiente;
- il secondo principio è quello del dovere di correzione dei danni ambientali;
- il terzo principio è quello del 'chi inquina paga' in base al quale il soggetto che determina un danno ambientale non ha solo il dovere di rimuovere il danno ma anche di risarcire il soggetto leso;
- principio di precauzione cioè adottare tutte le misure volte ex ante ad impedire che si possa concretizzare il danno.
Altro principio è quello dello sviluppo sostenibile, che torna anche a livello europeo, previsto dall'art 3 del trattato dell'Unione Europea attuale come modificato dal trattato di Lisbona che include l'obiettivo dello sviluppo sostenibile dell'Europa. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che qualunque politica in materia ambientale dovrà tenere conto di una crescita economica equilibrata, di una stabilità dei prezzi, di un'economia sociale di mercato tutto volto alla tutela ambientale.
Settore specifico di riferimento è anche il settore di inquinamento relativo ai cambiamenti climatici disciplinato dalla direttiva 29 del 2009 il così detto "pacchetto clima energia" che aveva come obiettivo di ridurre le emissioni di energia e di migliorare l'efficienza energetica.
Anche il settore dell'inquinamento delle acque trova disciplina nella direttiva 60 del 2006, finalizzata ad istituire un quadro comune per l'azione comunitaria in materia di acque ponendosi tre obiettivi:
- garantire una fornitura sufficiente delle acque superficiali agli Stati membri;
- ridurre in maniera significativa l'inquinamento delle acque;
- proteggere le acque territoriali.