Nel calcolo dell'assegno di mantenimento si tiene conto anche della convivenza prematrimoniale

29.12.2023

Cass. Civ. Sez.Unite n. 35385 del 18 dicembre 2023

Con la Sentenza in commento i Giudici di Piazza Cavour hanno affermato, il 18 dicembre 2023, il principio di diritto secondo cui nel calcolo dell'assegno divorzile è necessario tenere conto del periodo di convivenza prematrimoniale.

Con la sentenza n.1581/2020, la Corte d'Appello di Bologna ha riformato parzialmente la pronuncia di primo grado che, relativamente alle condizioni di divorzio, assegnava la casa coniugale all'ex moglie ponendo a carico dell'ex marito, l'obbligo di versarle un assegno di divorzio pari a 1600.00 € mensili, più un contributo per il figlio pari a 700 € oltre al 100% del pagamento delle spese straordinarie.

In secondo grado, tali contributi venivano ridotti alla somma di € 400 per il contributo di mantenimento per il figlio e ad € 400 per l'assegno di divorzio dell'ex moglie, rilevando che il reddito dell'uomo fosse più alto di quello dichiarato.

Dalle risultanze della costituzione in appello dell'ex moglie, appariva chiaro che ella avesse lasciato il proprio lavoro di commessa da tempo e quindi, la scelta fatta prima del matrimonio non poteva essere valutata ai fini della determinazione dell'assegno.

Tuttavia, se a tal riguardo, la Corte d'Appello nulla osservava circa il diritto da ella maturato relativamente alla corresponsione dell'assegno divorzile, ne veniva di conseguenza ridotto l'importo sia nei riguardi della Signora, sia nei riguardi del figlio maggiorenne ma non economicamente autosufficiente.

Affidata alla I Sezione Civile della Corte di Cassazione, vista l'importanza della questione posta dai primi due motivi di doglianza in cui veniva fatto riferimento alla durata del rapporto di convivenza, veniva disposta la trattazione del procedimento dinanzi alle Sezioni Unite.

In modo più preciso, con un'ordinanza interlocutoria, la Prima Sezione ha osservato che "La convivenza prematrimoniale è un fenomeno di costume che è sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento – nei dati statistici e nella percezione delle persone – dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali".

Le stesse Sezioni Unite, sono partite, dall'art.5, co. VI della L.n.898/1970 che prevede che il giudice deve tenere conto di vari parametri nel calcolare il quantum dell'assegno di divorzio tra cui:

  • le condizioni economiche dei coniugi
  • l'apporto di entrambi nella famiglia sia personale che patrimoniale
  • le ragioni della decisione di divorziare.

Naturalmente, l'assegno di di divorzio non può essere ritenuto perenne, essendo infatti corrisposto all'ex coniuge economicamente "più debole", solo se e fino a quando, quest'ultimo non contragga nuove nozze.

E' stata altresì, considerata anche la più nota "Legge Cirinnà" che ha dotato di rilevanza giuridica sia le convivenze more uxorio, sia le unioni civili. In special modo, infatti, la predetta legge ha posto la possibilità per i conviventi di stipulare il patto di convivenza con cui regolamentare gli aspetti patrimoniali della coppia durante la convivenza, prevedendo che la stessa sia in grado di far sorgere in capo ai conviventi il diritto agli alimenti per un periodo proporzionato al tempo di durata della convivenza, laddove uno dei due non abbia le possibilità economiche per provvedere ai propri bisogni per motivi oggettivi.

In ultimo, gli Ermellini, hanno prestato ulteriore attenzione anche agli artt.8 e 14 della CEDU, che prevede una nozione di famiglia, molto vasta finalizzata a ricomprendere anche le formazioni non corrispondenti al modello matrimoniale, tra cui quindi, le convivenze e le unioni civili.

Nella stessa sentenza, sono state passate in rassegna numerose pronunce giurisprudenziali della Suprema Corte; in primis, si è analizzata la Sentenza n.11490/1990 che ha inteso l'assegno di divorzio come un beneficio di carattere assistenziale per la cui concessione si rende necessario come presupposto, che il coniuge "più debole" non abbia mezzi adeguati per continuare ad avere un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio.

Si è passati poi alla Sentenza del 2018 delle Sezioni Unite con cui, il precedente orientamento, rimasto inalterato per anni, viene mutato adeguando i parametri per la concessione dell'assegno divorzile agli standard europei, e affermando che i criteri presenti nell'art.5, co.VI della L.n. 898/1970 vadano presi come indici per l'attribuzione e la determinazione dell'assegno. Inoltre sempre, la presente sentenza, riteneva che il principio di autoresponsabilità andasse valutato con riferimento all'intera durata della vita matrimoniale della coppia e non solo relativamente al priodo di crisi coniugale.

In conclusione, i Giudici di Piazza Cavour, nella sentenza in commento, hanno sancito un ulteriore e rivoluzionario principio di diritto destinato a restare scolpito come i precedenti, affermando che: "Ai fini dell'attribuzione e della quantificazione, ai sensi dell'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, dell'assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l'assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l'esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all'interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio".

Dott.ssa Martina Carosi