Assicurazione sulla vita a favore degli “eredi”: quota uguale dell’indennizzo ai beneficiari-eredi
Cass. civ., Sezioni Unite, del 30 aprile 2021, n. 11421
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 11421 del 2021 hanno affermato che "la designazione generica di "eredi" come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dall'Art 1920 c.c. , co 2, comporta l'acquisto di un diritto proprio nei vantaggi dell'assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all'assicuratore per individuare i creditori della prestazione.
La designazione generica di "eredi" come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripetizione dell'indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della porzione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della causa obligandi, una quota eguale dell'indennizzo assicurativo".
Con tale sentenza le Sezioni Unite sono intervenute sul contrasto giurisprudenziale sull'assicurazione a favore del terzo per il caso di morte del contraente non beneficiario, riconducendo tale negozio al contratto a favore del terzo, ex Art 1411 c.c., con la differenza circa la designazione.
Sarebbe infatti, un negozio inter vivos con effetti post mortem, dice la Cassazione, considerato che a dare efficacia al contratto è la morte del contraente non beneficiario.
Il beneficiario si indentifica in coloro che rivestono la qualità di eredi al momento della morte del soggetto che ha stipulato il contratto, in forza della delazione ex Art. 547 c.c., cosa che vale anche per gli eredi testamentari.
Orbene, ciò comporta che la designazione degli eredi come beneficiari dell'assicurazione, abbia una pluralità di destinatari legati da un'unica causa obligandi, la cui quota è divisa in parti eguali.
Cosa è il contratto di polizza a vita?
È un contratto di assicurazione che garantisce al beneficiario un capitale in caso di decesso, durante la durata del contratto.
Si tratta, sostanzialmente, di una forma di protezione di sostegno economico ad un nucleo familiare o ad un singolo soggetto, nell'eventualità in cui il contraente muore e dunque viene a mancare la principale fonte di reddito.
I soggetti che stipulano il contratto di polizza a vita sono:
- L'assicuratore (ente pubblico o privato), soggetto professionale e autorizzato ad esercitare tale attività;
- Il contraente, colui che stipula il contratto "a vita";
- Il beneficiario, designato dal contraente e a cui verrà devoluta l'indennità assicurativa in caso di morte del contraente, durante il contratto.
Al contratto potrebbe applicarsi l'Art 1920 co 3, c.c. riconducibile al contratto a favore del terzo, con la differenza che quest'ultimo nel contratto di assicurazione a vita ha solo diritto ai vantaggi e dunque, all'indennità a causa di morte, non avendo stipulato in prima persona il contratto, ma essendo solo stato designato (è efficace anche se fatta genericamente).
Storiche sentenze della Corte di Cassazione del 1994 e del 1996 avevano affermato che l'Art 1920 co 3 c.c. derivasse dalla generica designazione degli "eredi" quali unici beneficiario dei diritti che nascono dalla polizza, attraverso l'accertamento della qualità di erede (delazione ereditaria) legittimo o testamentario, senza un rinvio alla disciplina della successione in sé.
Stante la recente delle SU poi e che il contratto è la fonte regolatrice della polizza, si segue la disciplina relativa all'indennità assicurative e dunque iure proprio e non quella successoria.
Invero, la clausola generale di "eredi" dà luogo ad una obbligazione soggettivamente collettiva, potendosi, dunque presumere eguale, secondo la regola generale, la quota di indennizzo spettante a ciascuno[1].
Nonostante le numerose affermazioni degli Ermellini nel corso degli anni, la Cass. 192010/2015 si espresse in senso contrario, affermando che la clausola recante la generica designazione di "eredi" si dovesse interpretare nel senso della sola individuazione dell'erede dello stipulante, ma non alle altre quote di ripartizione dell'eredità in base alle regole successorie, poiché sarebbe privo di giustificazione stante che la parola erede indica alla fonte di successione stessa e alla posizione del chiamato all'eredità.
A dirimere il contrasto ci ha pensato proprio la sentenza a commento delle Sezioni Unite n. 11421 del 2021.
Da ultimo, la premorienza di uno degli eredi/beneficiari del contraente comporta un subentro degli eredi del beneficiario premorto a condizione che questi sia già stato designato tra gli stessi beneficiari.
[1] Impostazione accolta dalle sent. Cass. 5119/2002- 26606/2016- 25635/2018