Bullismo nei confronti di una studentessa: condannato l’istituto scolastico

28.09.2024

CA penale dell'Aquila, 17 luglio 2024, n. 985

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La pronuncia in esame ha riguardato atti di bullismo perpetrati ai danni di una studentessa di un liceo abruzzese.

Con atto di citazione, si costituivano in giudizio i genitori della studentessa minore, in proprio e in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale, nonché la stessa ragazza che, naturalmente, all'epoca dei fatti era minorenne.

Chiedevano al Tribunale di Pescara la condanna dell'istituto scolastico presso il quale la ragazza era iscritta, ai sensi degli artt. 1218 e 2048 c.c., al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da quest'ultima patiti a causa degli atti di bullismo perpetrati da un suo compagno di classe durante gli anni scolastici 2013/2014 – 2014/2015.

A fondamento delle domande, deducevano che nel corso degli anni scolastici poc'anzi citati, il ragazzo aveva ripetutamente percosso e deriso la studentessa appellandola con termini volgari dallo sfondo sessuale ed offensivo, divulgando, inoltre, alcune fotografie che la ritraevano in atteggiamenti intimi, senza tralasciare il fatto, che l'aveva costretta ad avere rapporti orali nel bagno della scuola.

A tali angherie aggiungevano, nel tempo, anche le prese in giro dei compagni che avevano reso la situazione talmente insopportabile, da costringere la giovane, nei primi mesi del 2015 a recarsi dal Preside che, provvedeva a convocare separatamente i genitori dei due ragazzi coinvolti decidendo di infliggere al ragazzo, come punizione, la sospensione dalle lezioni per una settimana.

Reputata una decisione non sufficientemente adeguata, la studentessa decideva di cambiare istituto perdendo l'anno scolastico, e, contestualmente, iniziando a patire le conseguenze dei predetti atti di bullismo sfociati in disturbi alimentari, in ansia e frustrazione, nonché in una patologia psico-fisica diagnosticata in "disturbo post traumatico da stress reattivo a situazioni di violenza subita e riferita".

Ciò posto, i genitori della ragazza adivano le sedi giudiziarie ritenendo pienamente sussistente la responsabilità dell'istituto per omessa vigilanza, chiedendo a titolo di risarcimento € 52.989,00.

Resisteva, l'istituto frequentato dalla giovane assumendo di aver sempre vigilato sul rispetto delle regole scolastiche da parte degli studenti e insisteva per il rigetto della domanda.

Il Tribunale di Pescara, nel 2021 emetteva una sentenza parziale a seguito delle prove orali, stabilendo che la domanda si qualificava come una domanda contrattuale di responsabilità ex art.1218 c.c. e distinguendo due condotte distinte:

  • da una parte il bullismo perpetrato mediante comportamenti verbali
  • dall'altra l'estorsione finalizzata ad ottenere prestazioni sessuali.

In ordine al primo caso, il giudice di prime cure, nella predetta sentenza parziale, riteneva provati i fatti riferiti in tema di offese e minacce dinanzi a tutta la classe, in quanto, ad onor del vero, dai registri di classe risultavano note e richiami disciplinari nei confronti del giovane, ma nessuna riguardava la condotta che egli perpetrava ai danni della minore. Inoltre, dalle dichiarazione dello stesso coordinatore didattico che solo dopo la denuncia da parte della ragazza, la scuola aveva sospeso l'alunno e quindi riteneva che non fossero state prese tutte le cautele da parte dell'istituto.

Per quanto attinente invece al secondo caso, il Tribunale non aveva ritenuto provata l'estorsione in quanto il fatto era stato segnalato solo tramite la denuncia del 2015 e che in seguito ad essa l'istituto aveva adottato immediatamente dei provvedimenti.

All'esito del giudizio di primo grado, dopo aver espletato anche la CTU, il Tribunale di Pescara riteneva provata la sussistenza del danno biologico circa la sfera psichica ritenendo che la ragazza "era affetta da disturbo di personalità evitante, concretizzatosi a seguito di un disturbo post traumatico da stress temporaneo accaduto in età pre-adolescenziale, e che detta patologia psichica era compatibile, anche in base a criteri cronologici, quantitativi ed i idoneità lesiva, con i ripetuti e intensi episodi di bullismo subiti".

Si puntualizzava, inoltre, che il danno biologico fosse da considerare nella misura del 13% e quello temporaneo in quella del 50%, ritenendo riconosciuto il danno al 75% ed anche ai genitori un danno morale pari al 30%, poiché i fenomeni di bullismo patiti dalla ragazza si erano ripercossi negativamente sull'intero nucleo familiare.

Avverso il provvedimento proponeva appello l'istituto scolastico chiedendo la rideterminazione delle spese nonché la quantificazione del danno in quanto il 75% di colpa appariva più che eccessivo.

La Corte d'Appello di L'Aquila, prima di entrare nel merito della questione ha ritenuto necessaria una puntualizzazione in merito alla disciplina applicabile al caso di specie.

In particolare, ha precisato che la disciplina più idonea è quella di cui all'art.2048 c.c. e che la "configurabilità della responsabilità extracontrattuale degli insegnanti ex art. 2048 c.c. postula che l'allievo sottoposto al controllo e alla vigilanza dell'insegnante abbia posto in essere nei confronti di un altro alunno o di terzi un fatto illecito del quale l'istituto scolastico risponde salvo prova liberatoria", richiamando a tal proposito anche il principio della Suprema Corte di Cassazione espresso nella Sentenza n.23202/2015, secondo il quale "incombe sull'amministrazione scolastica il dovere di rispondere del fatto illecito commesso dagli allievi minori sottoposti alla sua vigilanza. La scuola, peraltro, ai sensi del comma 3 dell'art. 2048 del c.c., si può liberare di tale responsabilità soltanto fornendo la prova di non aver potuto impedire il fatto, con la conseguenza che, sulla stessa, grava, quindi, una responsabilità aggravata" .

Ciò premesso, la Corte d'Appello del Capoluogo abruzzese ha ritenuto di non poter condividere le doglianze avanzate da parte appellante in merito all'accertamento dei fatti dal momento che nulla possa far dubitare della credibilità dei testimoni e delle loro dichiarazioni.

Pertanto, alla stregua di quanto ricostruito nel giudizio di primo grado, il giudice di seconde cure ha valutato che se durante l'orario scolastico i minori erano sottoposti alla vigilanza dei docenti, era anche vero che la ragazza era bersaglio di quotidiane angherie ed offese "che non meritano di essere ridimensionate a meri sfottò ma costituiscono, per la loro ripetitività ed intenzionalità, veri e propri atti di bullismo"; dall'altro lato i professori erano consapevoli delle condotte moleste del ragazzo e che non avevano ritenuto di dover applicare delle sanzioni più incisive volte ad evitare situazioni di pericolo o a salvaguardare l'incolumità della ragazza.

All'esito del giudizio d'Appello, la Corte ha ritenuto il ricorso infondato confermando la decisione del Tribunale di Pescara e condannando parte appellante a rifondere agli appellati le spese di giudizio ed il pagamento del contributo unificato. 

Dott.ssa Martina Carosi