Le conseguenze dell’ampliamento della causa nel contratto di mutuo di scopo
Cass. civ., Sezione I, 19 Settembre 2024, n. 25193
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La vicenda origina dalla concessione di 51 mutui da parte di Cassa Depositi e Prestiti a favore dell'Università La Sapienza di Roma allo scopo di finanziare la costruzione di opere di edilizia ospedaliera per l'Azienda universitaria Policlinico Umberto I di Roma, alla quale era succeduta, ex d.l. n. 341/99. conv. con l. n. 453/99 l'Azienda Policlinico Umberto I di Roma.
Sia in primo che in secondo grado la richiesta di pagamento da parte della Cassa Depositi e Prestiti viene rigettata.
In particolare, in sede di appello, viene esaminata la natura dei contratti di mutuo di scopo, e viene escluso che si tratti di un contratto di durata.
La Corte di legittimità, nel cassare la sentenza impugnata e accogliere i motivi del ricorso, precisa una serie di aspetti di indubbia rilevanza in punto di diritto.
La Suprema Corte effettua un'attenta indagine sul contratto di mutuo di scopo.
Viene rilevato come, rispetto al normale contratto di mutuo, la sua causa risulta ampliata, in primo luogo in relazione al piano strutturale, perché oltre alla ordinaria funzione del mutuo (restituzione della somma mutuata e corrispondenza degli interessi), il mutuatario si impegna anche alla realizzazione dello scopo concordato.
In secondo luogo, l'ampliamento riguarda anche il profilo funzionale, perché lo stesso impegno del mutuatario alla realizzazione della prestazione oggetto del contratto entra nel sinallagma.
Come anche in precedenza affermato con ordinanza n. 15929/2018, "la destinazione delle somme mutuate alla finalità programmata assurge pertanto a componente imprescindibile del regolamento di interessi concordato, incidendo sulla causa del contratto fino a coinvolgere direttamente l'interesse dell'istituto finanziatore, ed è perciò l'impegno del mutuatario a realizzare tale destinazione che assume rilevanza corrispettiva".
La Suprema Corte, dunque, annovera pacificamente il mutuo di scopo tra i contratti di durata.
Nonostante i pareri contrari di una tralatizia dottrina, la quale si fondava sul fatto che la durata riguardasse la sola obbligazione di pagamento degli interessi, gli Ermellini oppongono che l'impatto degli artt. 118 e seguenti del Testo Unico Bancario ha portato a un riesame del contratto di mutuo.
Sulla base di tali norme, il mutuo viene qualificato come contratto di durata per via della durata prolungata, e non istantanea, del prestito e dell'utilità in capo al mutuatario.
La Corte, infine, ritiene tale affermazione ancor più valida con riguardo al mutuo di scopo, proprio in ragione di quell'ampliamento causale che avvince le parti nel corso del rapporto orientato al raggiungimento dello scopo.