Qual è la differenza tra confessione come prova legale nel processo civile e l’ammissione?

08.02.2024

L'articolo 2730 c.c. indica la confessione come «la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte», per l'art. 2733 c.c. "Confessione giudiziale" la confessione costituisce «piena prova contro colui che l'ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti indisponibili».

La confessione si caratterizza per la presenza di due elementi: a quello oggettivo dato dalla contrarietà del fatto dichiarato agli interessi del confitente, si affianca l'elemento soggettivo rappresentato dalla volontà di riconoscere il fatto sfavorevole. Il soggetto che rende la confessione, il confitente, è colui che, avendo subito una contestazione da altri, o ad altri avendo reso una dichiarazione spontanea di scienza, riconosca come vero un fatto pregiudizievole per i propri interessi. Oggetto della confessione dovrebbero essere, in astratto, i fatti della causa, siano essi costitutivi, estintivi, modificativi o impeditivi, anche se non è indispensabile che chi confessa ne abbia avuto percezione diretta, potendo averli appresi dalla narrazione di altri.

L'articolo 228 c.p.c. afferma che solo la contra se declaratio emersa nel corso dell'interrogatorio formale, oppure contenuta in un atto sottoscritto personalmente dalla parte, può definirsi confessione.

La confessione e l'ammissione sono istituti legati da un rapporto di specie a genere per cui tutte le dichiarazioni sfavorevoli al dichiarante sono ammissioni ma solo ad alcune il legislatore conferisce valore di confessione ed efficacia di prova legale.

La distinzione non può darsi in assoluto in termini di efficacia probatoria, poiché l'una e l'altra, a seconda del loro atteggiarsi nel processo, possono produrre effetti vincolanti per il giudice oppure essere soggette al suo libero apprezzamento. Rispetto alla confessione, dunque, l'ammissione rappresenterebbe un fenomeno processuale eterogeneo nel cui ambito si possono ricomprendere sia dichiarazioni contrarie all'interesse della parte ma non provenienti personalmente da questa, sia comportamenti (qualificati) personali della parte contra se, ossia tali da pregiudicarla, ai quali la legge ricollega effetti probatori più o meno intensamente favorevoli all'altra parte.

Dott.ssa Martina Buzzelli