
Tutela dei diritti degli ex pazienti oncologici: il diritto all’oblio oncologico nella Legge n. 193/2023
A cura di Dott.ssa Lisa Martini
La Legge 7 dicembre 2023, n. 193 ha introdotto nell'ordinamento italiano il diritto all'oblio oncologico, riconoscendo alle persone guarite da patologie tumorali il diritto di non fornire informazioni né essere sottoposte ad accertamenti sulla condizione patologica pregressa, una volta decorso un determinato periodo di tempo.
Conformandosi alle tendenze normative già adottate in altri ordinamenti europei, la disciplina italiana persegue l'obiettivo di prevenire ogni forma di discriminazione nell'accesso a servizi essenziali quali mutui, assicurazioni, adozioni, concorsi pubblici e opportunità lavorative.
Si tratta di una normativa di forte impatto etico e sociale, ispirata ai principi costituzionali di dignità, eguaglianza e tutela della salute, che afferma il diritto delle persone guarite a un pieno reinserimento nella vita civile, libera da stigmi e pregiudizi legati alla malattia superata.
Il diritto all'oblio oncologico è stato introdotto in Italia con la Legge 7 dicembre 2023, n. 193 recante "Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche", entrata in vigore il 2 gennaio successivo.
La ratio legis è chiaramente espressa già all'art. 1, comma 1, ove si afferma l'intento di "escludere qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento" (art. 1, comma 1) e consentire alle "persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica" (art. 1, comma 2), "in attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, degli articoli 7, 8, 21, 35 e 38 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, del Piano europeo di lotta contro il cancro di cui alla comunicazione della Commissione europea COM(2021) 44 final, del 3 febbraio 2021, nonché dell'articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848" (art. 1, comma 1).
L'intervento normativo colma un vuoto giuridico che, per anni, ha alimentato forme striscianti di discriminazione, ostacolando l'accesso di ex pazienti oncologici a servizi essenziali quali mutui, assicurazioni, adozioni, selezioni concorsuali e opportunità lavorative, anche in presenza di certificazioni mediche attestanti una guarigione clinica completa.
L'Italia si è inserita in un percorso già tracciato da altri ordinamenti europei.
È stata la Francia a tracciare il primo sentiero in Europa verso il riconoscimento del diritto all'oblio oncologico. Già nel 2014, il Paese ha iniziato a intervenire sul tema, diventando il precursore nel vietare a banche e assicurazioni di imporre l'obbligo, per chi ha superato una malattia oncologica, di dichiarare informazioni relative alla propria salute per accedere a servizi finanziari o rinnovarli. Un importante passo avanti è arrivato con la riforma entrata in vigore l'1 giugno 2022, grazie alla quale – una volta trascorsi cinque anni dalla guarigione – non è più necessario comunicare dati clinici, a prescindere dall'età in cui è avvenuta la diagnosi.
Sull'onda di questa apertura, anche il Belgio ha adottato misure simili, seguito dal Lussemburgo, che ha scelto una via diversa: un accordo formale tra governo e compagnie assicurative, anziché una legge vera e propria.
Il tema ha poi trovato spazio anche nei Paesi Bassi, dove il diritto all'oblio è stato introdotto con un decreto del 2 novembre 2020, e in Portogallo, che ha definito la disciplina con la Legge del 18 novembre 2021, n. 75.
La normativa italiana, che si distingue per l'ampiezza e la flessibilità dell'ambito di applicazione, definisce diritto all'oblio oncologico come la facoltà riconosciuta alla persona guarita da una patologia tumorale di non fornire informazioni né essere sottoposta ad accertamenti sulla propria condizione clinica pregressa, una volta trascorso un periodo di dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo, in assenza di recidive. Il termine è ridotto a cinque anni in caso di diagnosi avvenuta prima del ventunesimo anno di età.
Nel primo decreto emanato, datato 22 marzo 2024, il Ministero della Salute ha specificato l'elenco delle patologie oncologiche per le quali, in considerazione della prognosi favorevole, tali termini possono essere ancora più brevi, anche solo uno o tre anni, rendendo la normativa particolarmente flessibile e adattabile al progresso medico.
Con successivo decreto attuativo dd. 5 luglio 2024, il Ministero della Salute ha stabilito le modalità operative per ottenere il certificato relativo al diritto all'oblio oncologico. Sebbene la legge preveda che gli ex pazienti non debbano fornire prove della propria guarigione – potendo esercitare il diritto semplicemente scegliendo di non dichiarare nulla – in alcuni casi questo certificato può rivelarsi utile. Ad esempio, per rinegoziare polizze assicurative o mutui stipulati in passato a condizioni svantaggiose, quando era ancora necessario dichiarare la pregressa diagnosi. Per queste situazioni, è oggi riconosciuta la possibilità di richiedere un certificato che attesti la guarigione.
La persona interessata può presentare domanda a una struttura sanitaria accreditata, sia pubblica sia privata, a un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale che si occupa della disciplina che riguarda il tumore di cui la persona ha sofferto o ad un medico di medicina generale, allegando tutta la documentazione medica che conferma l'effettiva guarigione.
L'ambito di applicazione della legge sul diritto all'oblio oncologico non è limitato al solo settore bancario e assicurativo (le disposizioni contenute nella legge vietano, difatti, espressamente la raccolta e l'utilizzo di informazioni sulla pregressa condizione oncologica da parte di banche e assicurazioni nella fase di stipula o rinnovo dei contratti), ma si estende anche all'adozione, all'affidamento di minori, all'accesso a concorsi pubblici, selezioni lavorative e corsi di formazione professionale.
Nel mondo del lavoro, la normativa vieta qualsiasi trattamento discriminatorio nelle fasi di selezione o partecipazione a concorsi pubblici, impedendo richieste di informazioni su patologie oncologiche pregresse, e obbliga le amministrazioni pubbliche e le imprese a non considerare tali informazioni, anche se eventualmente acquisite.
Similmente, nelle procedure di adozione e affidamento, i Servizi Sociali e gli organi giudiziari non possono fondare valutazioni sull'idoneità genitoriale facendo riferimento alla pregressa malattia, se maturati i requisiti di tempo e guarigione.
In particolare, con decreto attuativo emanato il 9 agosto 2024, recante "Disposizioni in materia di oblio oncologico in relazione alle adozioni", modificativo dell'art. 22 co. 4 della L. n. 184/1983 in materia di adozione, oggi dispone dunque che: «Le indagini di cui al primo periodo concernenti la salute dei richiedenti non possono riportare informazioni relative a patologie oncologiche pregresse quando siano trascorsi più di dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo della patologia, in assenza di recidive o ricadute, ovvero più di cinque anni se la patologia è insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età».
Si stabilisce, quindi, che i soggetti che presentano domanda di adozione, se sono stati pazienti oncologici e se è decorso il termine previsto dall'articolo sopracitato, forniscono il certificato di oblio oncologico all'Azienda sanitaria che svolge le indagini demandate dal Tribunale a seguito della domanda di adozione.
Il diritto all'oblio oncologico rappresenta, quindi, una tutela avanzata e sistemica che si inscrive pienamente nei principi costituzionali di dignità, salute ed eguaglianza sostanziale.
Rispetto ad altre esperienze europee, l'Italia ha adottato un modello che combina rigore normativo e adattabilità scientifica, estendendo la tutela a una pluralità di settori sensibili: dalla finanza al lavoro, dall'adozione alla formazione professionale. La previsione di termini variabili a seconda della prognosi e della fascia d'età, nonché l'introduzione di strumenti certificativi facoltativi, dimostrano un approccio evolutivo e pragmatico.
La legge n. 193/2023 non si limita, pertanto, a proteggere la privacy sanitaria, ma riconosce, in termini concreti, il diritto delle persone guarite a essere trattate in base al loro presente, non al loro passato clinico, garantendo loro effettivo reinserimento nella vita sociale e lavorativa, senza stigmi né barriere legate alla malattia.