Secondo cognome al figlio: va deciso sulla base dell’interesse del minore
Cass. civ., sez. I, del 26 agosto 2025, n. 23905
Massima: È ammissibile l'attribuzione del cognome del genitore che ha proceduto per secondo al riconoscimento del figlio, in aggiunta a quello del genitore che ha per primo effettuato il riconoscimento, purché non arrechi pregiudizio al minore, in ragione della cattiva reputazione del genitore lo stesso, e purché non sia lesiva dell'identità personale del figlio, ove questa si sia già definitivamente consolidata, con l'uso del solo primo cognome, nella trama dei rapporti personali e sociali.
A cura di Dott.ssa Veronica Riggi
Dal 1° giugno 2022 in Italia è possibile attribuire ai propri figli il doppio cognome.
Ciò è derivato dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 131 del 2022 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'attribuzione automatica del solo cognome paterno ai figli, stabilendo che, in assenza di accordo tra i genitori, il figlio debba assumere i cognomi di entrambi.
Tale pronuncia ha eliminato l'automatismo, che per anni è stata consuetudine del cognome paterno, permettendo ai genitori di scegliere se dare al figlio solo uno dei due cognomi, sia esso quello materno o quello paterno, o entrambi.
In quale ordine?
L'ordine dei cognomi è solitamente deciso consensualmente dai genitori.
Può potrebbe succedere che sorgano contrasti tra gli stessi. In tal caso, sempre la Corte Costituzionale nella citata sent. ha chiarito che in caso di disaccordo sull'ordine è necessario il ricorso al giudice per risolvere la questione.
Prima di passare all'analisi dell'ordinanza della Corte di Cassazione, c'è da dire che a 3 anni dalla sentenza, manca ancora una legge che vada a disciplinare effettivamente la materia, in quanto sono state lasciare aperte questioni pratiche come l'ordine dei cognomi e la gestione dei casi di disaccordo tra i genitori.
Bene, tornando alla pronuncia in esame, gli Ermellini oltre al principio di diritto riportato nella massima, hanno continuato affermando che "Quando il giudice è chiamato a valutare l'attribuzione del cognome al figlio naturale riconosciuto non contestualmente dai genitori, egli è investito ex art. 262 co. 2 e 3, c.c. del potere/dovere di decidere su ognuna delle possibilità previste dalla disposizione in parola avendo riguardo, quale criterio di riferimento, unicamente all'interesse del minore, da valutarsi in concreto e con esclusione di qualsiasi automaticità."
In I grado il Tribunale, a seguito di una dichiarazione di paternità, disponeva l'affidamento esclusivo cd. rafforzato della minore alla madre, con facoltà per quest'ultima di assumere in via esclusiva tutte le decisioni di maggior interesse per la figlia relative all'educazione, all'istruzione, alla salute ed alla scelta della residenza e disponeva altresì che qualora il padre avesse manifestato l' intenzione di rientrare a far parte della vita della figlia e di esserne presenza costante, avrebbe dovuto intraprendere un percorso di sostegno alla bigenitorialità.
La vicenda partiva da una richiesta al Tribunale volta ad aggiungere al cognome materno della minore, quello paterno.
Il Tribunale, considerata la lunga assenza del padre dalla vita della figlia e la mancata collaborazione per poter allacciare in maniera adeguata i rapporti tra lei e la figlia, ha ritenuto di non dover accogliere la domanda attorea. Al contrario ha accolto la domanda della convenuta di affidamento c.d. esclusivo rafforzato della minore alla madre, considerato il disinteresse del padre rispetto ai bisogni della figlia, così come è emerso anche dalle relazioni sociali, dalle quale si evinceva che il padre non avesse compreso le finalità dei percorsi suggeriti ed era incapace di anteporre le esigenze della minore alle proprie.
Ricorreva il appello il padre della minore.
La Corte Territoriale si pronunciava in parziale riforma della sentenza del giudice di prime cure, dando atto dell'avvio degli incontri in luogo neutro fra padre e figlia e confermando la presa in carico del nucleo da parte del servizio sociale e del servizio di psicologia dell'età evolutiva territorialmente competenti, i quali avrebbero predisposto la prosecuzione degli incontri della bambina con il padre con le modalità ritenute più rispondenti all'interesse della minore, nell'ottica di una progressiva autonomizzazione della relazione e di sostegno alla genitorialità di entrambe le parti.
Ebbene, il padre della minore ricorreva in Cassazione adducendo la nullità della sentenza della Corte d'appello e per avere la stessa non motivato sufficientemente le ragioni del rigetto del ricorso.
Il palazzaccio ha rigettato il ricorso ed ha osservato che:
" A seguito del riconoscimento della paternità, ai sensi dell' art. 262 c.c., è ammissibile l'attribuzione del cognome del genitore che ha proceduto per secondo al riconoscimento del figlio, in aggiunta a quello del genitore che ha per primo effettuato il riconoscimento, purché non arrechi pregiudizio al minore, in ragione della cattiva reputazione del genitore lo stesso, e purché non sia lesiva dell'identità personale del figlio, ove questa si sia già definitivamente consolidata, con l'uso del solo primo cognome, nella trama dei rapporti personali e sociali. Quando il giudice è chiamato a valutare l'attribuzione del cognome al figlio naturale riconosciuto non contestualmente dai genitori, egli è investito ex art. 262, commi 2 e 3, c.c. del potere-dovere di decidere su ognuna delle possibilità previste dalla disposizione in parola avendo riguardo, quale criterio di riferimento, unicamente all'interesse del minore, da valutarsi in concreto e con esclusione di qualsiasi automaticità."
