Il dovere di probità, dignità, decoro e indipendenza nella sfera privata dell'avvocato

31.12.2022

"Gli Avvocati non sono né giocolieri da circo, né conferenzieri da salotto: la giustizia è una cosa seria."

-Pietro Calamandrei- 

L'avvocato, nell'esercizio della propria attività, non è esente dal seguire alcune regole di condotta.

Il codice deontologico che si compone di 73 articoli stabilisce, infatti, le norme e le regole che l'avvocato è tenuto ad osservare in via generale e, nello specifico, nei rapporti con i clienti, la controparte, con altri avvocati e con professionisti; inoltre, individua tra le norme in esso riportate, quelle che hanno rilevanza disciplinare.

Nell'ultimo periodo, ha assunto una grande rilevanza l'articolo 9 che, mentre nel co.1 regolamenta le modalità con cui l'avvocato deve esercitare la professione, nel co.2, sancisce che anche al di fuori dell'esercizio professionale e, quindi, nella sua vita privata è tenuto a rispettare il dovere di probità, dignità, decoro ed indipendenza.

In particolare, infatti, sebbene qualsiasi tipo di intromissione da parte degli organi professionali non sia possibile, nel momento in cui il comportamento deontologicamente scorretto del professionista diventi particolarmente palese, un'ingerenza del degli organi professionali diventerebbe inevitabile e verrebbero prese in considerazioni tutte quelle condotte errate reputate lesive dell'immagine della classe forense.

Nel 2015 il CNF (Consiglio Nazionale Forense), si è pronunciata con la sentenza n. 266.

In tale pronuncia, viene reputato responsabile l'avvocato che con le sue condotte, seppur non compiute nello svolgimento della professione ha leso i doveri di probità, dignità e decoro creando pregiudizio anche all'immagine dell'avvocatura che andrebbe a perdere di credibilità.

Con la recentissima sentenza n. 56 del 13 maggio 2022, il CNF conferma l'orientamento già espresso nel 2015 andando a sanzionare un avvocato che si era macchiato di truffa, con la sospensione dall'esercizio della professione per un anno.

Nella sentenza appena citata, si può, infatti leggere: "Nella decisione impugnata è chiaramente indicato in primis che è ritenuta ferma la violazione della disposizione di cui all'art. 5 del previgente CDF (oggi art. 9 NCDF) non avendo l'Avv. [RICORRENTE] ispirato la sua condotta all'osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro essendo stato sottoposto a procedimento penale per comportamento colposo e avendo così compromesso l'immagine della classe forense e la propria stessa reputazione professionale."

La suddetta violazione dei doveri di probità, dignità e decoro, rappresenta un illecito a forma libera, pertanto, l'individuazione della sanzione da applicare al caso concreto, mancando una sua predeterminazione, viene rimessa ai Consigli Distrettuali di Disciplina, ovvero organismi a cui l'ordinamento professionale forense conferisce l'incarico di controllare l'operato degli avvocati iscritti all'albo.

Dott.ssa Martina Carosi