Limiti alle immissioni sonore provenienti dagli animali domestici
La vicenda trae origine dal caso di una proprietaria di immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo, la quale veniva tratta in giudizio dai proprietari degli immobili confinanti per il risarcimento del danno da immissioni sonore dei propri cani, divenute ormai intollerabili in quanto eccessivamente assordanti e prolungate nel tempo.
La domanda attorea aveva ad oggetto un'immissione che non poteva dirsi generata da un ordinario uso per civile abitazione dell'immobile, essendo lo stesso adibito a ricovero per cani visto il considerevole numero di esemplari canini ivi custoditi.
Le doglianze manifestate dai proprietari di terreni limitrofi afferivano al perdurante ed assordante latrare dei cani proveniente dal fondo contiguo.
Ad avviso della ricorrente, tuttavia, la competenza
della causa si radicava in capo al Giudice di Pace piuttosto che al Tribunale
in quanto il numero degli animali d'affezione detenuto non si tradurrebbe in
un'attività di custodia e cura degli animali tipica dei centri di ricovero
autorizzati e connotata pertanto da finalità commerciali o industriali;
peraltro, nessuna norma imporrebbe un limite numerico agli animali da affezione
da possedere da parte del privato.
Inoltre, la ricorrente asseriva l'erroneità della sentenza del giudice di appello nella parte in cui ha confermato quella di primo grado nella limitazione a sei del numero massimo dei cani da detenere all'interno della propria abitazione ed al fondo annesso di più di 3000 metri quadri. Tale limitazione trovava ragione nel necessario contemperamento delle opposte esigenze dei proprietari delle abitazioni limitrofe al godimento delle normali abitudini di Vita e quelle della ricorrente, relative al mantenimento ed alla cura di animali d'affezione.
A tal proposito la Corte precisa che "il limite di tollerabilità delle immissioni non ha carattere assoluto ma è relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti; spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa[1]".
Il giudice dell'appello confermava nondimeno la statuizione circa il superamento della tollerabilità delle immissioni del giudice di primo grado fondata sulle caratteristiche dei luoghie "rigettava anche il gravame circa la non risarcibilità del danno non patrimoniale consistente nella modifica delle abitudini di vita dei danneggiati in quanto il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite doveva ritenersi risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, essendo riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita personale e familiare all'interno di un'abitazione e, comunque, del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita[2]".
Quanto al profilo probatorio in ordine allo stravolgimento delle abitudini di vita dei proprietari degli immobili confinanti si deve sottolineare il parametro, tendenzialmente elastico, adottato dalla giurisprudenza di legittimità nella valutazione della sussistenza o meno del medesimo, anche in rapporto di emancipazione rispetto alla prova del danno biologico.
Infatti "L'accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni, sulla base di nozioni di comune esperienza, senza che sia necessario dimostrare un effettivo mutamento delle proprie abitudini di vita". Nello stesso senso questa sezione ha ribadito il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 2611 del 01/02/2017 secondo cui: "Pur quando non rimanga integrato un danno biologico, non risultando provato alcuno stato di malattia, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall'art. 8 della Convenzione Europea dei diritti umani, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, integra una lesione che non costituisce un danno "in re ipsa", bensì un danno conseguenza e comporta un pregiudizio ristorabile in termini di danno non patrimoniale[3]" .
[1] Cass. civ., Sez. II, Ord., (data ud. 25/10/2022) 20/01/2023, n. 1823
[2] Ibidem
[3] Ibidem