La Responsabilità del custode in caso di alterazioni improvvise e repentine della cosa in custodia

19.02.2024

Cass. civ., Sez. III, 16 novembre 2023, n. 31949

La pronuncia in esame trae origine da un sinistro in cui è incorso il ricorrente, che si trovava sull'autovettura condotta dal figlio, su di un tratto autostradale a causa della collisione con una ruota completa di cerchione, di un autoarticolato, che impegnava la sede stradale.

In seguito all'impatto il ricorrente presentava diverse richieste di indennizzo, rimaste prive di riscontro, nei confronti di Autostrade per l'Italia Spa per ottenere il ristoro dei danni cagionati al proprio veicolo.

Nel giudizio di primo grado il medesimo conveniva in giudizio la società gestrice dell'autostrada davanti al Tribunale di Genova il quale, ritenuta accertata la responsabilità di Autostrade per l'Italia Spa ai sensi dell'art. 2051 c.c., liquidava in favore del ricorrente undicimila e quattrocento euro, di cui cinquecento per fermo tecnico.

Pertanto, la Società soccombente appellava la sentenza dinanzi alla Corte d'appello di Genova, che rigettava la domanda proposta in prime cure. Il ricorrente sollevava dunque ricorso alla Suprema Corte avverso la sentenza della Corte distrettuale.

La Corte di legittimità accoglieva il ricorso e cassava la sentenza impugnata, ribadendo quanto già statuito in primo grado, sulla base del seguente argomento: in primo luogo "è noto che, anche il custode di una strada aperta al pubblico transito risponde delle alterazioni di quella, a meno che non provi che, per il carattere improvviso della modifica delle condizioni originarie, non sia stato inesigibile un intervento tale da scongiurare, per quanto possibile, le conseguenze potenzialmente dannose di tale modifica". La Cassazione, inoltre, si ispirava ad un indirizzo emerso in precedenza per cui, "a mano a mano che il tempo trascorre dal suo accadimento in rapporto alle concrete possibilità di estrinsecazione della signoria di fatto su quella, la modifica stessa finisce con il fare corpo con la cosa stessa, sicché è a quest'ultima, come in effetti modificata anche dall'evento originariamente improvviso, che correttamente si ascrive il fatto dannoso che ne deriva".

Ad avviso della Cassazione, il giudice di secondo grado aveva proceduto ad un esame solo formale dell'assolvimento dell'obbligo di vigilanza gravante sul custode della cosa, ai sensi dell'art. 2051 c.c. La Corte d'appello di Genova aveva infatti ritenuto sufficientemente assolto tale obbligo dalla mera predisposizione, da parte della convenuta in giudizio, di un servizio di controllo sul tratto autostradale, di circa trenta chilometri, nel quale si è verificata la collisione tra l'autovettura condotta dal figlio del ricorrente e una ruota verosimilmente staccatasi dal treno di gomme di un autoarticolato. Tuttavia tale valutazione era stata condotta senza accertare "se effettivamente detto servizio di vigilanza fosse stato espletato adeguatamente anche nelle ore notturne, in quanto l'impatto si è verificato nel corso della notte e in concomitanza con gli eventi atmosferici avversi, quali la pioggia, che avevano colpito l'autostrada nelle ore dell'impatto tra l'autovettura del ricorrente e la ruota; invece, la corte territoriale avrebbe dovuto accertare, per escludere la responsabilità altrimenti inevitabilmente incombente sul custode della cosa, che la modifica sia stata così repentina ed improvvisa che non sia stato possibile, secondo un criterio di normalità causale, esigere in concreto dal custode un intervento di ripristino od eliminazione della modifica pericolosa, verificando non già la predisposizione astratta di un piano di interventi, ma, nello specifico, se nel medesimo contesto del sinistro questi vi fossero stati e fossero stati idonei ad elidere la responsabilità del custode".

Conclude la Corte che la sentenza impugnata è errata in punto di ricostruzione del nesso causale, in quanto ha affermato che vi era assenza della prova del nesso, senza considerare che il pericolo (la ruota dell'autoarticolato) fosse in origine sulla carreggiata non rilevando che esso fosse stato, o meno, urtato prima da altro od altri veicoli. Quest'ultima circostanza avrebbe peraltro dovuto essere provata dal custode, qualora avesse voluto scongiurare il radicamento della propria "istituzionale responsabilità".

In riferimento a tale ultimo profilo la ripartizione dell'onere probatorio in tema di responsabilità per danno da cose in custodia risulta, secondo l'opinione della Suprema Corte, apertamente violata dalla Corte territoriale; la quale aveva appunto assegnato rilevanza ad elementi non provati ritualmente in giudizio (quali la velocità di guida tenuta dal conducente) e comunque sulla base di circostanze di fatto non riscontrate. Infatti, in concreto, l'onere della prova dell'insussistenza del caso fortuito gravava, ingiustamente, sulla parte che ha subito il danno ed ha agito per il risarcimento del medesimo e non sul custode, secondo quanto invece previsto dalla lettura sistematica degli artt. 2051 e 2697 c.c.

In definitiva, la norma di cui all'articolo 2051 c.c. deve essere interpretata nel senso che "la capacità di vigilare sulla cosa, di mantenerne il controllo e di neutralizzarne le potenzialità dannose non integra un elemento costitutivo della fattispecie", semmai rileva in quanto indirizzo interpretativo della fattispecie stessa, "funzionale a disvelare la ratio legis che presiede all'allocazione del danno".

Nel caso di specie la circostanza dell'installazione di apparecchiature di controllo sul tratto autostradale interessato dal sinistro non è di per sé idonea ad invocare l'esclusione di responsabilità della Società convenuta; dovendosi per converso procedere alla verifica della sussistenza del caso fortuito (con onere probatorio incombente su quest'ultima) tale da rendere inutile e, pertanto, inesigibile un'azione di ripristino immediata e neutralizzante da parte del custode.

Dott.ssa Martina Buzzelli