La responsabilità del fornitore per erogazione di carburante impuro

07.08.2023

Una particolare ipotesi di inversione dell'onere probatorio.

Nei contratti che prevedono l'acquisto di carburante il consenso fra le parti è manifestato tacitamente mediante il pagamento del prezzo da parte dell'acquirente. Si instaura, infatti, un rapporto contrattuale tra quest'ultimo ed il fornitore, proprietario dell'impianto di distribuzione.

In base allo schema della responsabilità contrattuale qualora l'acquirente riscontri un malfunzionamento della propria autovettura, a causa dell'erogazione di carburante impuro e voglia ottenere il risarcimento del danno, deve supportare altresì l'onere di provare che tale danno sia stato cagionato dall'inadempimento dell'altra parte. 

L'attore dovrà limitarsi a dimostrare l'esistenza del titolo, l'inadempimento (o il non esatto adempimento) della controparte ed il nesso causale. È, invece, onere del convenuto dimostrare che l'inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa ad esso non imputabile (articolo 1218 c.c.).

Tuttavia, come è stato di recente affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, l'onere probatorio sull'inadempimento deve gravare sul compratore: "stante, che se è pur vero che spetta al contraente, e, quindi, al venditore, dimostrare di avere ben adempiuto, non è parimenti dubbio che il fatto dell'inadempimento (nella specie, che il guasto è stato causato dal rifornimento di gasolio) deve essere dimostrato dall'altra parte (nella specie, il compratore)" [1].

Pertanto, pur qualificandosi come contrattuale il rapporto in questione, vi è un'inversione dell'onere probatorio in capo al soggetto che ha effettuato il rifornimento di carburante.

L'attore deve quindi provare:

  • che il rifornimento del carburante sia avvenuto presso l'impianto di distribuzione di cui è proprietaria la parte convenuta;
  • che il guasto riportato dal motore dell'autovettura sia stato causato proprio dal carburante erogato da quel distributore (nesso di causalità);
  • che nel periodo compreso tra la data di rifornimento e quella del malfunzionamento non vi siano stati altri approvvigionamenti presso pompe di benzina diverse dalla stazione di rifornimento destinataria della contestazione.

Il tema centrale attiene all'accertamento del nesso di causalità, che è elemento imprescindibile per fondare la pretesa di parte attrice.

In concreto, il fattore dirimente ai fini di una corretta ricostruzione del nesso causale tra fatto e danno si deve rintracciare nella prova, il cui onere grava sulla parte attrice, della riconducibilità del guasto prodotto all'autovettura al rifornimento di carburante effettuato dal convenuto. Deve sussistere, infatti, la certezza che il carburante, di cui si assume l'impurità, sia il prodotto venduto dalla parte convenuta e non provenga invece da precedenti rifornimenti effettuati presso altre stazioni di servizio.

Nella valutazione di tutte le circostanze utili a ricostruire il nesso causale si deve pertanto considerare che il guasto avrebbe potuto ugualmente prodursi per effetto di un lento processo di accumulo dell'acqua o di altre sostanze impure nel filtro del gasolio derivante "da plurimi e diversi rifornimenti, fino a raggiungere proporzioni intollerabili e danneggiare gli organi della distribuzione del carburante provocando i guasti lamentati dall'attore[2]".

Sulla prova del nesso di causalità, inoltre, la Cassazione precisa "era rimasto provato il rifornimento e il successivo guasto del mezzo; ma non v'era prova che esso guasto fosse dipeso dal rifornimento in parola e non piuttosto da un lento accumulo nel filtro del gasolio di un quantitativo di acqua divenuto nel tempo fonte di danno meccanico[3]".

Alla stregua di tale parametro il giudice deve, nella sua attività istruttoria, accertare la sussistenza del nesso causale in maniera stringente: in quanto il guasto all'autovettura ben potrebbe derivare da rifornimenti diversi da quello contestato o da un accumulo progressivo di acqua nel filtro del gasolio che ha generato danni meccanici irreversibili.

La richiesta risarcitoria dovrà infine essere valutata anche in relazione alla circostanza che per il medesimo impianto di distribuzione di carburante siano (o non siano) pervenute altre domande del medesimo tenore.

Un episodio nocivo, infatti, che presenti carattere di sporadicità non è ascrivibile nell'alveo di sistematiche condotte pregiudizievoli poste in essere dal convenuto; se si addivenisse a diversa conclusione si registrerebbe una significativa concentrazione di pretese risarcitorie, più o meno legittime, potenzialmente pretestuose ed idonee ad accrescere indebitamente l'assetto patrimoniale di ciascun cliente della stazione di rifornimento.

Dott.ssa Martina Buzzelli

[1] Cass. Civ., Sez. II, ord., 16 Febbraio 2022, n. 5029.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.