Il diritto amministrativo in materia di lotta alla criminalità organizzata, una pietra miliare per la sicurezza pubblica. 

08.03.2024

La vicenda riguarda il caso di una società a cui veniva notificata un'informazione interdittiva antimafia. La società ricorreva perciò al giudice amministrativo per l'annullamento, previa sospensione, del provvedimento. Secondo la Prefettura competente sussistevano i presupposti, sintomatici di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell'attività imprenditoriale, di cui agli articoli 84 e 91 D.lgs. 06/09/2011, n. 159 ("Codice Antimafia").

Il Giudice Amministrativo accoglieva la domanda cautelare proposta dalla ricorrente, rimandando alla Prefettura il riesame delle argomentazioni della medesima: infatti l'intero capitale sociale era stato trasferito ad un altro soggetto.

In seguito all'appello cautelare proposto dal Ministero dell'Interno il Consiglio di Stato riformava l'ordinanza impugnata in quanto sul piano del fumus boni Iuris si deve valutare la natura, fittizia o meno, della cessione delle quote del capitale sociale, in quanto avvenuta proprio al termine dell'istruttoria condotta dalla Prefettura, che, nel provvedimento interdittivo di lì a poco emanato, sottolineava: "come gli imprenditori della famiglia abbiano nel tempo posto in essere forme di aggiramento fraudolento dei provvedimenti giudiziari e amministrativi inibitori delle attività esercitate, mediante il trasferimento della titolarità delle imprese interdette a soggetti prestanome ovvero parenti", ciò che sembra essersi verificato, appunto, anche nel presente caso[1]".

Infatti si deve precisare che in materia di misure interdittive antimafia il sindacato del giudice deve ancorarsi ad elementi sintomatici e fattuali (c.d. delitti spia) o ad alcuni a condotta libera da cui si possa desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali "unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata[2]".

Il Giudice Amministrativo dovrà perciò procedere ad un'attenta verifica sull'effettiva e corretta applicazione di quei principi che costituiscono il fondamento del legittimo potere di prevenzione.

La moltitudine di casi indiziari impone sia all'Amministrazione che al giudice di attuare un necessario contemperamento di interessi quando, per effetto del provvedimento interdittivo e per un periodo di tempo non determinabile nella sua durata, viene precluso l'esercizio dell'attività economica ad un operatore, in vista della tutela di un interesse altrettanto meritevole di protezione, "come quello proteso alla salvaguardia del mercato e dei rapporti contrattuali coinvolgenti la P.A. dall'ingerenza inquinante della criminalità organizzata[3]."

Tale approccio deve inquadrarsi nella prospettiva di eludere il pericolo di interferenze da parte della criminalità organizzata nell'attività dell'operatore economico, con una visione dell'Amministrazione procedente non "atomistica e parcellizzata, ma in un quadro complessivo, da cui si possano inferire dati di un possibile condizionamento della libera attività concorrenziale dell'impresa[4]".

Invero,è opportuno distinguere l'ambito dell'indagine penale da quello del procedimento amministrativo che sfocia in un provvedimento interdittivo, mostrando quest'ultimo una natura preventiva: "Il diritto amministrativo della prevenzione antimafia in questa materia non sanziona perciò fatti, penalmente rilevanti, né reprime condotte illecite, ma mira a scongiurare una minaccia per la sicurezza pubblica, l'infiltrazione mafiosa nell'attività imprenditoriale, e la probabilità che siffatto "evento" si realizzi[5]."

In via definitiva il pilastro della lotta alla criminalità organizzata risiede proprio nei capisaldi che fondano l'esercizio del potere di prevenzione generale attivato dall'Amministrazione procedente; laddove l'interpretazione degli elementi indiziari che convergono nel complesso a ricostruire la trama dei rapporti tra operatori economici e organizzazioni criminali si rivela determinante ai fini dell'individuazione di quei rapporti "contaminati" dall'ingerenza mafiosa.

I presupposti della misura interdittiva antimafia non esauriscono pertanto i loro effetti nel quadro disegnato dalla normativa nazionale ma ambiscono a compendiare un più ampio ventaglio di fattispecie, che evocano la sussistenza di una contiguità dell'attività imprenditoriale con quella di stampo criminale mafioso.

Dott.ssa Martina Buzzelli

[1] Cons. Stato, Sez. III, Sent., (data ud. 06/07/2023) 19/07/2023, n. 7073

[2] Consiglio di Stato, III, n. 6105/2019.

[3] Cons. Stato, Sez. III, Sent., (data ud. 06/07/2023) 19/07/2023, n. 7073

[4] Ibidem

[5] Ibidem