Luci e ombre del concorso di persone eterogeneo nel reato

03.05.2023

Sebbene la maggior parte dei reati attengano a condotte realizzate da autori singoli, l'innesto dell'art. 110 c.p. alle singole fattispecie incriminatrici ne estende la portata anche alle ipotesi in cui la condotta penalmente illecita veda coinvolte più persone. 

Ciò avviene mediante la previsione in astratto dell'applicazione a tutti gli autori del reato della pena prevista da tale norma incriminatrice.

È ormai pacifico in giurisprudenza e in dottrina che l'art. 110 c.p. assolva a una duplice funzione: da un lato, di disciplina; dall'altro lato, di incriminazione.

Infatti, per un verso, la pluri-soggettività della condotta illecita comporta l'applicazione di una serie di norme relative alle circostanze del reato o a un regime peculiare concernente l'imputazione del rischio di una divergenza dal reato originariamente voluto[1]. Al tempo stesso, l'art. 110 c.p. svolge una funzione incriminatrice, nella parte in cui attribuisce rilevanza penale a condotte che sarebbero altrimenti da considerare atipiche.

Sul versante dell'elemento soggettivo, è innegabilmente chiaro che l'art. 110 c.p. trovi applicazione nel caso in cui tutti i concorrenti abbiano agito con dolo.

Al tempo stesso, altrettanto chiaro è che se gli autori del reato hanno agito tutti con colpa, il fatto rientri nella disposizione di cui all'art. 113 c.p., in tema di cooperazione nel delitto colposo.

Non altrettanto pacifica è, invece, la possibilità di configurare un concorso ad elemento soggettivo eterogeneo, ossia ipotesi in cui un concorrente realizzi un contributo doloso o colposo alla realizzazione di un reato, rispettivamente, colposo o doloso altrui[2].

L'esposizione di alcuni esempi può rendere più comprensibile la questione.

Per la prima fattispecie, si pensi alla condotta di Tizio che, viaggiando di notte a bordo dell'autovettura di Caio e avendo visto Sempronio in procinto di attraversare la strada al semaforo, inciti Caio a non rispettare il segnale di fermata, così da urtare Sempronio e cagionarne la morte. In questa ipotesi, l'evento letifero è addebitabile sul piano materiale sia a Tizio, sia a Caio. Tuttavia, il primo ha voluto l'evento-morte, e dovrebbe perciò rispondere a titolo di dolo; il secondo, invece, avrebbe posto in essere una condotta colposa, coincidente con la violazione delle norme cautelari relative alla circolazione stradale.

Per la seconda ipotesi, si pensi alla condotta del medico che ometta di vigilare sul paziente, frequente a scatti di ira e impulsività, il quale cagioni la morte di un paziente su provocazione di quest'ultimo. In questo caso, l'omessa vigilanza da parte dell'esercente professione sanitaria potrebbe giustificare l'addebito a titolo colposo dell'evento morte voluto dal paziente.

Sempre in relazione alla seconda casistica, si potrebbe ipotizzare la responsabilità a titolo colposo di un soggetto che, lasciando incustodita una pistola, abbia permesso a un terzo di prelevarla e utilizzarla per realizzare un omicidio.

Chiarita la questione attraverso l'esposizione di casi concreti, si devono ora esaminare le varie tesi sostenute in dottrina e affermate in giurisprudenza circa l'ammissibilità dell'istituto[3].

Secondo una prima impostazione, non vi sarebbe spazio per ritenere ammissibile il concorso colposo nel fatto doloso.

Tale teorica si basa innanzitutto sulla circostanza che il criterio soggettivo per la punibilità dei delitti sia il dolo, salva diversa disposizione espressa. Di conseguenza, poiché l'art. 110 c.p. non prevede espressamente l'ipotesi della colpa, esso regolerebbe la sola ipotesi di concorso omogeneo nel reato doloso.

I sostenitori di tale tesi escludono, inoltre, la rilevanza sul punto dell'art. 113 c.p. Infatti, per un verso, esso regolerebbe la sola ipotesi di realizzazione di un delitto colposo mediante contributi tutti colposi; per altro verso, tale norma rappresenterebbe la dimostrazione che la responsabilità colposa nel concorso di persone non rientri nell'art. 110 c.p., proprio perché è stato necessario introdurre sul punto una norma ad hoc.

In altri termini, dalle disposizioni di cui agli artt. 110 e 113 c.p. si potrebbe estrapolare il principio generale di unitarietà dell'elemento soggettivo nel reato concorsuale: o il reato è ascrivibile a tutti i concorrenti a titolo doloso, oppure gli autori del delitto devono tutti aver agito con colpa.

Secondo una diversa impostazione, non vi sarebbero ragioni per escludere l'ammissibilità di un concorso di persone ad elemento soggettivo differenziato.

In particolare, sarebbe fallace il richiamo ai criteri di ascrizione soggettiva del fatto di cui all'art. 42 c.p. Infatti, sarebbe comunque garantito il rispetto della previsione espressa della punibilità a titolo di colpa mediante l'espressa punibilità a titolo di colpa del reato di parte speciale.

Al tempo stesso, non sarebbe persuasivo l'argomento secondo il quale il legislatore abbia previsto il concorso colposo di persone nel reato nei soli casi e alle sole condizioni di cui all'art. 113 c.p. Quest'ultima disposizione, infatti, regolerebbe l'ipotesi specifica della co-gestione di un rischio tra più soggetti, in deroga agli ordinari requisiti di cui all'art. 110 c.p.

Secondo invece una terza tesi, di tipo intermedio, sarebbe ammissibile il solo concorso doloso nel fatto colposo, ma non anche quello colposo nel delitto doloso.

Secondo tale impostazione, escludere in toto o comunque qualificare come colposa la condotta di un soggetto che abbia volontariamente indotto o determinato terzi a cagionare colposamente l'evento contrasterebbe con esigenze di politica criminale e di aderenza alla natura della dinamica del fatto[4].

Al contrario, la natura eccezionale della punibilità dei delitti a titolo colposo richiederebbe una espressa previsione, che però non sarebbe rinvenibile né nell'art. 110 c.p., né nell'art. 113 c.p.

Nella comparazione tra le varie tesi, nessuna sembra effettivamente privilegiare, poiché ciascuna di esse presenta pregi e difetti.

La teoria della inammissibilità è senza alcun dubbio rispettosa del principio di frammentarietà del diritto penale e del divieto di analogia in malam partem

Tuttavia, la stessa realizza un'ingiustificata disparità di trattamento tra istituti assimilabili per funzione, ossia quelli previsti agli artt. 40, comma 2, e 110 c.p.: sebbene entrambi comportino la trasformazione della natura del reato (il primo, da commissivo a omissivo, il secondo, da monosoggettivo a plurisoggettivo), solo il concorso di persone nel reato presupporrebbe, nel caso in cui si condividesse tale tesi, una espressa previsione per la imputazione a titolo colposo.

La teoria dell'ammissibilità, invece, assicura una maggiore coerenza di sistema, in particolare con vari istituti "trasformatori" della natura dei reati di parte speciale. Contemporaneamente però non spiega le ragioni per cui, ammessa una normale punibilità del concorso colposo nel fatto altrui, il legislatore abbia sentito la necessità di disciplinare espressamente alcune ipotesi di agevolazione colposa[5].

Infine, la teoria intermedia si pone in linea con esigenze di politica criminale e di proporzionalità della sanzione al fatto. Tuttavia, il dato testuale dell'art. 110 c.p. non sembra offrire alcun rilievo all'elemento soggettivo, non giustificando perciò una diversa soluzione al quesito a seconda che il contributo non essenziale sia doloso o colposo.

Del resto, neppure la giurisprudenza di legittimità appare dirimente per la risoluzione della questione. Anzi, essa ha riflettuto nel tempo i contrasti dottrinali appena esposti[6]. Deve però notarsi che le più recenti pronunce della Suprema Corte sembrano condividere il dogma della unitarietà dell'elemento soggettivo nel concorso di persone[7].

Si deve però rilevare che tali pronunce spesso richiamano un proprio precedente a Sezioni Unite che, per la verità, non sembra aver affrontato direttamente il tema del concorso di persone a elemento soggettivo eterogeneo[8].

Insomma, tutte le varie tesi presentano pregi e difetti. Non si esclude perciò che, sebbene la più recente giurisprudenza di legittimità abbia negato l'ammissibilità quantomeno di un concorso colposo nel fatto doloso, i prossimi anni non possano riservarci un revirement giurisprudenziale.

Dott. Marco Misiti


[1] Sul punto, si vedano gli l'artt. 116 e 117 cod. pen.

[2] Per poter sussumere il caso concreto in una delle due categorie (ammessa e non concessa l'ammissibilità dell'istituto) è necessario esaminare l'elemento soggettivo relativo alla condotta che abbia avuto una funzione prevalente nella causazione dell'evento.

[3] La questione verrà affrontata limitatamente alle ipotesi in cui il reato sia un delitto. Tuttavia, la questione si pone anche con riferimento alle contravvenzioni, in cui il fatto è imputabile indifferentemente a titolo doloso e colposo.

[4] Parte della dottrina sostiene l'ammissibilità del concorso doloso nel fatto colposo assimilandola a una sorta di reità mediata. Sul punto, si veda R. Orlandi, Concorso nel reato e tipicità soggettiva eterogenea. Il concorso colposo nel reato doloso, in Archivio penale, n. 2 del 2020, p. 12.

[5] Pone l'evidenza su tale aspetto R. Orlandi, Concorso, cit., p. 25.

[6] Per la tesi dell'ammissibilità, si veda, ex multis, Cass. pen., Sez. IV, n. 28187 del 07/06/2017. Per la tesi della inammissibilità, si veda, ex multis, Cass. pen., Sez. IV, n. 7032 del 14/02/2019.

[7] Si veda sul punto la recente sentenza Cass. pen., Sez. V, n. 1065 del 13/01/2023.

[8] Ci si riferisce alla sent. Sez. U, n. 2720 del 28/02/1990. In particolare, essa ha affrontato il caso della corresponsabilità del notaio nella contravvenzione di lottizzazione abusiva realizzata da terzi. Ebbene, l'affermazione secondo la quale non sarebbe concepibile un concorso colposo in reato di natura dolosa si fonda sulla circostanza che il citato reato è considerato dalla stessa giurisprudenza di legittimità come avente natura esclusivamente dolosa. In altri termini, piuttosto che una dichiarazione di inammissibilità in astratto del concorso di persone a elemento soggettivo eterogeneo, in realtà le Sezioni Unite sembrano aver fondato la decisione sull'assenza della previsione della punibilità a titolo colposo per la contravvenzione di lottizzazione abusiva.