Rapporto tra i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e atti persecutori

24.02.2024

Contributo secondo classificato alla 1° edizione del Contest di GiuridicaMente: il GiuridicaChallenge 2024

Autrice: Dott.ssa Sary Cosenza

Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) è collocato nel Libro II del Codice Penale, precisamente nel Capo IV, dedicato ai delitti contro l'assistenza familiare.

Il concetto di "famiglia", pur sembrando ovvio e naturale da non richiedere particolari spiegazioni, in realtà, dal punto di vista giuridico, presenta ambiguità ed incertezze.

Infatti, lo stesso art. 29 della Costituzione, norma fondamentale in materia, non definisce la famiglia, ma la riconosce semplicemente come «società naturale fondata sul matrimonio».

In tal senso, fondamentale è la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, la quale considera la famiglia come una formazione sociale in perenne divenire, essendo irrilevante che il rapporto familiare sia riconosciuto dall' accordo matrimoniale.

In base a tale giurisprudenza, l'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) include nella nozione di "vita familiare" sia le relazioni giuridicamente istituzionalizzate (famiglia legittima) sia le relazioni fondate sul dato biologico (famiglia naturale), sia quelle che costituiscono "famiglia" in senso sociale, cioè quando sussista l'effettività di stretti e comprovati legami affettivi (in tal senso si è anche espressa la Corte di cassazione a Sezioni Unite con sentenza del 17 marzo 2021, n. 10381).

Anche l'art. 9 della Carta di Nizza, nel prevedere il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, riconosce e garantisce separatamente i due diritti, isolando il diritto di fondare una famiglia dal vincolo matrimoniale strictu sensu inteso, creando così le condizioni per estendere la tutela anche in favore di altre forme di relazione familiare.

Quindi, si riafferma la pari dignità di ogni forma di convivenza alla quale la legislazione nazionale decide di dare una sua regolamentazione.

Nello specifico, il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi si perfeziona con il compimento di una pluralità di atti che devono avere carattere usuale e ripetitivo.

Il bene giuridico tutelato è l'integrità psicofisica del soggetto passivo, mentre in passato si riteneva che il bene tutelato primariamente fosse la protezione degli interessi familiari.

Per molto tempo, la nozione di famiglia rilevante ai fini del reato è stata interpretata in senso restrittivo, limitata solo alla famiglia legittima.

Oggi, invece, si considera famiglia qualunque consorzio di persone.

In particolare, la giurisprudenza di legittimità ritiene che il reato sia integrato anche qualora il fatto di maltrattamenti sia commesso in danno di persona non convivente o non più tale, se legata all'agente da vincoli di coniugio o filiazione.

Quindi, presupposto della condotta è un rapporto di familiarità, convivenza o disciplina ed è un reato proprio, potendo essere commesso solo da un soggetto che sia legato alla vittima da una delle relazioni suddette.

L'art. 572 c.p. punisce la condotta abituale di maltrattamenti. Si tratta di atti che possono essere, di per sé, leciti o meno, ma che nel complesso sottopongono la vittima del reato a un regime di vita vessatorio.

L'elemento soggettivo richiesto dalla norma è il dolo generico, ossia la coscienza e la volontà di maltrattare il soggetto passivo.

Il delitto si consuma nel momento in cui si verifica la situazione di sofferenza nella vittima, in conseguenza degli atti di maltrattamenti subiti. Dopo tale momento, la consumazione potrà eventualmente protrarsi nel tempo.

Il tentativo si ritiene non configurabile con riferimento ai reati propri, come quello in esame, poiché le singole azioni non assumono, solitamente, rilevanza penale autonoma e, anche qualora la assumessero, integrerebbero le diverse fattispecie che di volta in volta verrebbero in considerazione.

Il delitto di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) è collocato nel Titolo XII (dedicato ai delitti contro la persona) del Libro II del Codice Penale, precisamente nella Sezione III (dedicata ai delitti contro la libertà morale) del Capo III del Codice.

Tale delitto, più comunemente noto con il termine "stalking" (dall'inglese "to stalk", cioè "fare la posta alla preda"), è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge 39/2009 al fine di punire determinate condotte che, non rientrando nell'ambito dei maltrattamenti in famiglia, rimanevano impunite o non sufficientemente perseguibili, pur destando notevole allarme sociale.

Il reato in esame è stato di recente oggetto di inasprimento sanzionatorio dalla Legge 19 Luglio 2019, n. 69, denominata "Codice Rosso".

Quest'ultimo ha introdotto ulteriori modifiche a tutela del soggetto passivo e per una maggiore speditezza delle indagini.

Il delitto di atti persecutori si configura solo in presenza di «condotte reiterate» di minaccia o molestia che provochino nella vittima eventi quali un perdurante stato d'ansia o di paura, un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o un'alterazione delle abitudini di vita.

La norma incriminatrice tutela la libertà morale, intesa sia sotto il profilo della libertà di autodeterminazione, che sotto l'aspetto della serenità psichica.

Inoltre, può individuarsi come bene giuridico tutelato la libertà fisica del soggetto passivo, la cui incolumità è tutelata indirettamente, considerato che molto spesso le condotte di stalking tendono ad evolversi in atti ancora più gravi.

Il soggetto attivo del delitto ex art. 612 bis c.p. può essere chiunque, trattandosi di reato comune.

È previsto un aumento di pena se l'autore riveste la qualità di coniuge, anche separato o divorziato, ovvero da persona che è o è stata legata da una relazione affettiva con la vittima.

Quanto al soggetto passivo del reato, è prevista un'aggravante nel caso in cui il reato sia commesso ai danni di un minore o di una persona con disabilità ovvero di una donna in stato di gravidanza.

Il delitto di atti persecutori è un reato c.d. abituale improprio, secondo quanto stabilito dalla Cassazione Penale nel 2021, ossia un reato per la cui sussistenza è richiesta la reiterazione dei fatti, ciascuno dei quali, isolatamente considerato, costituisce un reato diverso da quello risultante dalla sua reiterazione.

La condotta può essere alternativamente costituita da minacce o molestie.

Quanto al requisito della reiterazione, la giurisprudenza ammette anche due sole condotte per ritenere costituita la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice, sempre che si sia prodotto uno degli eventi tipizzati dalla norma.

In relazione al lasso temporale sufficiente per integrare la fattispecie criminosa, la giurisprudenza ha ammesso anche l'arco di tempo di una sola giornata, purché i comportamenti molesti o minacciosi si pongano in rapporto di causa – effetto con gli eventi in danno alla persona offesa.

Inoltre, gli atti persecutori sono un reato di evento e di danno, per la cui configurazione, oltre al comportamento minaccioso o molesto, deve sussistere un'alterazione della sfera psichica del soggetto passivo.

L'elemento psicologico del delitto in esame è il dolo generico, sub specie di dolo diretto, ovvero la coscienza e volontà sia delle condotte persecutorie che delle conseguenze dannose per la vittima.

Molto interessante è il rapporto tra il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi e il delitto di stalking aggravato, disciplinato ai commi 2 e 3 dell'art. 612 bis c.p.

In particolare, in virtù della clausola di sussidiarietà prevista per il delitto ex art. 612 bis c.p. risulta configurabile il più grave reato di maltrattamenti e non già quello di atti persecutori.

Va precisato che, come suddetto, i due reati hanno differenti soggetti attivi e passivi e diverso bene giuridico tutelato.

Secondo l'orientamento tradizionale, l'elemento discretivo tra i due reati è la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare e affettivo o, comunque, la sua attualità e continuità temporale.

A seguito della cessazione di tale vincolo, sussisteranno unicamente gli atti persecutori che potranno eventualmente concorrere con il reato di maltrattamenti in famiglia eventualmente commesso nel periodo precedente.

Negli ultimi tempi, però, è emerso un orientamento che rilegge i rapporti tra le due fattispecie, estendendo l'ambito applicativo dell'art. 572 c.p. con riguardo sia alle ipotesi di intervenuta cessazione del vincolo familiare che con riguardo alle condotte maltrattanti compiute in un «contesto affettivo protetto», caratterizzato come tale da legami affettivi forti e stabili, tali da rendere difficoltoso per colui che patisce i maltrattamenti sottrarsi ad essi e particolarmente agevole per colui che li perpetua proseguire.