La modifica anagrafica del sesso secondo la normativa italiana

29.05.2023

"Non è libero chi è schiavo del proprio corpo." 

-Lucio Anneo Seneca-

Nella società attuale sempre più persone dai bambini agli adulti, non si riconoscono nel proprio sesso biologico che viene ritenuto diverso dalla propria identità di genere, da cui deriva una vera e propria sofferenza psicologica che prende il nome di "disforia di genere"[1].

Se per molti, infatti, c'è una coincidenza tra la propria identità di genere e il proprio sesso biologico, molti altri, nel profondo, sentono di appartenere al sesso opposto o di non appartenere affatto a uno dei due generi.

La disforia di genere necessita, tuttavia, di una valutazione operata da uno psicologo o psichiatra che dovrà valutare il suo interesse al possibile cambio di sesso, la sua immedesimazione nel sesso a cui sente di appartenere, la sussistenza di una rete di amici e familiari che supportino la persona, ma soprattutto, la presenza di differenza tra sesso biologico ed identità di genere.

In relazione a quanto sopra, è possibile definire la persona che vive questa discrepanza tra identità di genere e sesso biologico, transessuale o transgender ponendo, però, l'accento sulla diversità di questi due termini molto spesso impiegati per esprimere il medesimo concetto.

Quando si parla di persona transessuale, infatti, ci si riferisce ad un soggetto che avverte l'esigenza di uniformare il proprio corpo alla propria identità di genere passando per procedure medicali che coinvolgono svariati professionisti come psicologi ed endocrinologi, fino a terminare con un'operazione chirurgica.

Al contrario, invece, parlando di "transgender", si fa riferimento alle persone che vivono un'incongruenza tra il proprio sesso biologico e la propria identità di genere, che prende anche il nome di "incongruenza di genere", ma non prevede il percorso clinico-medicale.

Sotto un profilo giuridico, nel nostro ordinamento, è presente la L.n.164 del 14 aprile 1982 che nel suo procedimento ordinario prevedeva l'instaurazione dinanzi al Tribunale competente (quello del luogo di residenza), del ricorso al fine di ottenere l'autorizzazione alla sottoposizione all'intervento chirurgico finalizzato alla riassegnazione di genere; poi, successivamente all'intervento, si poteva adire lo stesso Tribunale per ottenere il cambio del nome e del sesso anche sui documenti.

Negli anni, però, ed in particolare nel 2011 con il D.lgs n.15, si poneva una modifica sostanziale alla disciplina previgente, stabilendo che sarebbe stato possibile cumulare le due domande dinanzi al Tribunale. Successivamente, concedere l'autorizzazione al cambio di sesso solo ove necessario ammettendo che l'accoglimento della domanda fosse subordinata prevalentemente alla condizione psicologica del ricorrente, da valutare per mezzo di un colloquio con il giudice in seguito al quale la persona dimostri di essersi immedesimata nel genere opposto e sia uno stato ormai irreversibile.

Negli anni successivi, ed in particolare nel 2015 e nel 2017, si sono susseguite una serie di pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale. Viene riconosciuta la possibilità alla persona che intenda richiedere il cambio di sesso sui documenti personali di non doversi più sottoporre preventivamente all'intervento chirurgico potendo, quindi, operare la propria richiesta al Tribunale competente anche preliminarmente all'intervento.

A tal proposito, infatti, la Sentenza della Cass. Civ. Sez. I, n.15138/2015, ha affermato che "il desiderio di realizzare la coincidenza tra soma e psiche è, anche in mancanza dell'intervento di demolizione chirurgica, il risultato di un'elaborazione sofferta e personale della propria identità di genere realizzata con il sostegno di trattamenti medici e psicologici corrispondenti ai diversi profili di personalità e di condizione individuale. Il momento conclusivo non può che essere profondamente influenzato dalle caratteristiche individuali. Non può in conclusione che essere il frutto di un processo di autodeterminazione verso l'obiettivo del mutamento di sesso, realizzato mediante i trattamenti medici e psicologici necessari, ancorché da sottoporsi a rigoroso controllo giudiziario".

Grazie a questa pronuncia storica, dunque, affinché si possa rettificare il sesso, sarà necessario proporre la domanda giudiziale presso il Tribunale del luogo di residenza dell'istante e si potrà chiedere contestualmente sia l'autorizzazione all'intervento e la rettifica del sesso sui documenti, sia solamente quest'ultima.

Sarà, tuttavia, necessario allegare alla domanda giudiziale una documentazione medica e psico-diagnostica in grado di certificare che la volontà di rettificare il sesso sia irreversibile e che la persona si sia immedesimata nel genere percepito nonché la volontà (eventuale) di sottoporsi all'intervento chirurgico.

Elemento essenziale ed imprescindibile per ottenere l'autorizzazione sarà la prova della disforia di genere del ricorrente e, qualora sia già avvenuta, l'eventuale trasformazione corporea a cui si è sottoposto ed una perizia endocrinologica con cui si presenta la cura ormonale somministrata.

Il Tribunale, al termine del procedimento, determinerà il sesso dell'istante autorizzando l'eventuale trattamento chirurgico laddove richiesto e ordinerà all'ufficiale di Stato Civile del Comune di nascita di eseguire la rettifica del sesso con conseguente modifica di esso anche sui vari documenti personali della persona.

Dott.ssa Martina Carosi

[1] La disforia di genere è svincolata dall'orientamento sessuale motivo per cui sarebbe un errore confonderla con esso, poiché, le stesse persone transgender potrebbero avere qualsiasi orientamento sessuale.