
Il fine delle pene non è tormentare e affliggere: le c.d. “morti di carcere”
A cura di Avv. Sara Spanò
Sono passati ventidue anni quando nel 1998 l'istituto carcerario di massima sicurezza situato nell'isola dell'Asinara fu chiuso definitivamente.
Era stato soprannominato "l'Alcatraz d'Italia". Non solo per essere un luogo da cui era praticamente impossibile fuggire, ma anche perché le condizioni di vita che i prigionieri subivano erano definite disumane.
Ma, nonostante siano passati ventidue anni, la situazione nelle carceri italiane non cambia. Anzi peggiora, portando alle c.d. "morti di carcere". Difatti dal 1992 al 2024 si registrano 4.785 suicidi a causa di assistenza sanitaria disastrata, overdose, condizioni igieniche e strutturali inadeguate, isolamento dal mondo esterno e insorgenza di malattie psichiatriche.
"Il fine delle pene non è tormentare e affliggere un essere sensibile, né è di disfare un delitto già commesso" .
La citazione di Cesare Beccaria offre una prospettiva critica sul
sovraffollamento carcerario, sottolineando come il fine delle pene non dovrebbe
essere quello di "tormentare e affliggere un essere sensibile, piuttosto
dovrebbe servire alla rieducazione del colpevole, nonché alla prevenzione del
crimine.
Il sovraffollamento carcerario è considerato conseguenza di un sistema penale
che favorisce la punizione del soggetto per i reati commessi, rispetto
all'opportunità per la rieducazione e la riabilitazione del reo.
Tale condizione alimenta un ambiente di grande disagio e degrado, in cui le
risorse sono insufficienti e le condizioni di vita divengono precarie.
Difatti, nelle strutture carcerarie di molte regioni d'Italia il
numero di detenuti supera di gran lunga la capacità progettata, causando gravi
problemi che inficiano le condizioni di vita del reo, e, soprattutto,
l'efficacia del sistema penale nel suo complesso.
Nondimeno, la mancanza di spazio e di riservatezza influisce direttamente sulla qualità della vita dei detenuti, minando la loro dignità e il loro benessere.
Senza allargare di molto gli orizzonti, basti pensare a quello che accade nelle carceri della nostra Regione Calabria, ove le condizioni generali delle celle e gli spazi comuni delle sezioni si presentano con pareti scrostate e intonaco cadente: il ristretto spazio della vita quotidiana (riposo, socialità, pasti), maggiormente vissuto dai detenuti, non si presenta salubre, non favorendo la salvaguardia del benessere fisico e psicofisico dei predetti,
A titolo esemplificativo, nella casa circondariale di Palmi (RC), le celle risultano vetuste e presentano muffa e alcune infiltrazioni. Inoltre le stesse non sono munite di docce interne, caratterizzati da spazi molto ridotti ed in condizioni tutt'altro che discrete: le celle non rispettano neppure i tre metri quadri calpestabili; i bagni, pur ristrutturati, dispongono di "uno sfiatatoio" che si affaccia direttamente sulle celle interne, provocando formazione di muffa sul soffitto; le finestre sono coperte da reti molto fitte che ne limitano la visuale; il numero di detenuti supera di gran lunga la capienza massima prevista dall'istituto carcerario.
La situazione attuale che si vive nelle carceri italiane, ove il numero di eventi di autolesionismo e suicidi, lascia non pochi dubbi su un sistema penitenziario lacunoso che non permette di riportare dignità morale e sociale all'individuo sottraendolo all'opportunità di risocializzazione e rieducazione.
Difatti, i padri costituenti, che ben conobbero le atroci nefandezze del secondo conflitto mondiale – anche attraverso la segregazione in carcere – si fecero portavoce di quel malessere e di quelle idee che erano state elaborate già a partire dal secolo precedente.
Le forti istanze legalistiche ed umanitarie convergono nell'art. 27 co. 3 Cost., il quale stabilisce che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».
Una pena con finalità esclusivamente morali, intesa pressoché alla stregua di un ravvedimento spirituale, non sortirebbe alcun effetto pratico nel reo, il quale, una volta rientrato all'interno della comunità, si troverebbe a fare i conti con un contesto sociale, culturale ed economico che non gli appartiene, risultando l'esperienza carceraria ovvero sanzionatoria esclusivamente alienante per la sua personalità. Alla luce di tali considerazioni potremmo rinvenire nella sanzione penale lo strumento attraverso il quale lo Stato si propone di offrire al delinquente i mezzi per la sua reintegrazione nel tessuto sociale, passando per il recupero di quei valori di convivenza che sono venuti meno con la realizzazione della fattispecie delittuosa.
Alla luce di tali difficoltà, la dottrina moderna tende a rinvenire nella norma in questione un requisito "minimo" della sanzione penale rieducativa, mettendo in risalto il fatto che, con l'applicazione della stessa, debba innanzitutto perseguirsi il risultato di impedire la desocializzazione o addirittura la completa distruzione della personalità del condannato.
Ebbene, nel contesto sopra delineato emerge il Decreto Legge 92/2024, che rappresenta un intervento fondamentale nella riforma e nel miglioramento del sistema penale italiano, affrontando tutte le problematiche storiche e strutturali del sistema carcerario e penale.
In tale ottica, il tentativo risiede nel miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti, nonché nel combattere il problema del sovraffollamento carcerario, attraverso la costruzione di nuove strutture distribuite sul territorio, includendo spazi adeguati per attività educative.
Nel Decreto vengono stabiliti criteri rigorosi di ampliamento e ristrutturazione per garantire condizioni di vita dignitose, inclusi standard per lo spazio per detenuto, l'igiene e la sicurezza, attraverso l'ammodernamento delle celle, la creazione di spazi per la socializzazione e la fornitura di servizi sanitari e psicologici adeguati.
In particolare, obiettivo principale del Decreto Legge trova il suo punto di forza nell'aumento dei fondi per i programmi educativi e professionali all'interno delle carceri, con l'intenzione di fornire ai detenuti competenze necessarie per una reintegrazione positiva nella società, mediante supporto per la ricerca di lavoro, l'assistenza nella creazione di reti di supporto sociale e la preparazione per la vita post-detenzione. Ciò include corsi di istruzione, formazione professionale e programmi di sviluppo personale.
Ed invero, si prevede il potenziamento di servizi di supporto psicologico e sociale al fine affrontare le problematiche di salute mentale dei detenuti, mediante assistenza psicologica, terapia e supporto per la gestione dello stress e delle crisi personali.
Il Decreto Legge n. 92/2024 mira a creare un sistema penale più giusto, umano ed efficiente, introducendo modifiche alle procedure giudiziarie per migliorare l'efficienza del sistema penale e garantire una giustizia tempestiva ed equa. Difatti, prevede misure per accelerare i tempi dei processi penali, riducendo i ritardi e migliorando l'efficienza delle udienze.
Viene incentivato l'uso di pene alternative come la detenzione domiciliare e i programmi di messa alla prova, per ridurre la pressione sulle strutture carcerarie e promuovere approcci più umani alla giustizia.
Fonti:
- Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, 1764;
- l'Osservatorio Detenzione Carceri dell'Associazione "Antigone" conta 165 persone detenute a fronte di 141 posti, con un tasso di affollamento pari a 117%);
- Salvi Francesco, La funzione della pena tra castigo e risocializzazione, Salvis Juribus, 11 aprile 2022;
- Decreto legge n. 92/2024;
- Petrelli F., Il "buonismo" dei padri costituenti, Il Mattino, Roma, 2018.