Qual è la differenza tra condizione sospensiva e modo nelle determinazioni contrattuali?

05.10.2023

Il modo è un elemento accidentale del contratto che si inserisce in una liberalità (es. istituzione di erede, legato, donazione) con il fine di imporre un dovere di comportamento o di astensione a carico del beneficiario della liberalità stessa. 

Non deve essere confuso con la causa del negozio, costituendo una limitazione della liberalità, né con il corrispettivo in quanto il modo rappresenta un motivo di particolare rilevanza che può avere determinato la volizione (del donante o del testatore) oppure no. Tale figura può accedere solo ai negozi a titolo gratuito. 

A differenza della condizione sospensiva, il modo produce un obbligo giuridico il cui adempimento può essere richiesto da ogni interessato ed inoltre non sospende l'efficacia del negozio. 

Se la volontà del donante è in questo senso: "ti dono dieci milioni di euro se costruisci un ricovero per le donne vittime di violenza domestica", la donazione è soggetta a condizione sospensiva perché il beneficiario, dopo avere accettato la donazione, sarà libero di realizzare il progetto, ma non riceverà i dieci milioni se non quando avrà dato corso alla costruzione del ricovero, avverando la condizione richiesta dal donante. Gli effetti giuridici della donazione (ricezione del denaro) si producono solo se si verifica la condizione. 

Se, invece, il donante dona dieci milioni di euro con l'obbligo di costruire il ricovero, la clausola inerisce ad un modo: se il beneficiario accetta riceverà subito la donazione in denaro, ma sarà obbligato a costruire il ricovero. 

Quanto ai rimedi attivabili in caso di inadempimento del modo, si dà luogo alla risoluzione quando risulta che il modo abbia assunto un rilievo tale da essere, la risoluzione, prevista nell'atto come effetto del suo inadempimento. Inoltre, se è inserito in un testamento la risoluzione può essere pronunciata dal giudice se risulta che l'adempimento del modo ha costituito il solo motivo determinante dell'atto liberale; si assume perciò come prioritaria la volontà del testatore, anche implicita o presunta.

Dott.ssa Martina Buzzelli