Qual è la differenza tra pubblicità informativa e accaparramento della clientela?

31.08.2023

Nel corso degli anni si sono susseguiti numerosi dibattiti circa la possibilità per l'Avvocato di rendere edotto il pubblico relativamente ai servizi offerti nel proprio studio; ad oggi, la questione è stata ampiamente superata.

Secondo quanto previsto nell'art.10 l.r.f. l'Avvocato ha la possibilità di mostrare al pubblico di cosa si occupa, l'organizzazione e la struttura del proprio studio, nonché eventuali specializzazioni e titoli posseduti. Questo tipo di pubblicità prende il nome di "Pubblicità informativa" ed è necessario che sia trasparente, veritiera, corretta e non comparativa con altri professionisti, divenendo, a quel punto, ingannevole, equivoca, denigratoria o suggestiva.

Proprio per quanto concerne la "pubblicità comparativa", nella professione forense si ha una disciplina discostante da quella prevista per altre professioni dall'art.3 del d.p.r. n. 137 del 7 agosto 2012, ove non è espressamente vietata. In particolare, le informazioni che vengono fornite dal professionista non devono in alcun modo riferirsi alla natura ed ai limiti dell'obbligazione professionale, con il rischio di incorrere nell'illecito disciplinare.

Quando l'avvocato si trova nella condizione di fornire delle informazioni a titolo di pubblicità, è comunque tenuto ad indicare sempre il proprio titolo professionale, la denominazione dello studio e l'ordine di appartenenza; tuttavia, non può fregiarsi del titolo di "professore", a meno che non sia professore ordinario o associato in materie giuridiche, previa indicazione della materia di riferimento.

Quanto appena esposto, è ciò che è previsto nell'art.35 del codice deontologico forense che, tuttavia, è stato modificato dal CNF nella seduta del 22 gennaio 2016, in seno alla quale si è stabilito che per fini pubblicitari, qualunque mezzo è ammesso purché l'informazione rispetti i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza.

A differenza della Pubblicità, l'art.37 cod. deont., sanziona espressamente il c.d. "accaparramento di clientela".

Esso consiste nell'utilizzo di mezzi scorretti[1] non legati alla propria competenza professionale, al solo fine di acquisire incarichi e clienti ledendo, in tale modo anche la dignità ed il decoro della professione.

Dott.ssa Martina Carosi

[1] Ci si riferisce ad esempio alla consegna di biglietti da visita a vittime di incidenti stradali ricoverate in ospedali, ecc..