
L’elemento soggettivo nel delitto di omissione di atti d’ufficio
A cura di Avv. Francesco Martin
Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 328 c.p. è sufficiente il dolo generico, in quanto l'avverbio indebitamente, inserito nel testo della disposizione, qualificando l'omissione di atti di ufficio come reato ad antigiuridicità cosiddetta espressa o speciale, connota l'elemento soggettivo, non nel senso di comportare l'esigenza di un dolo specifico, ma per sottolineare la necessità della consapevolezza di agire in violazione dei doveri imposti.
La Corte territoriale ha erroneamente escluso la concedibilità della sospensione condizionale della pena sostitutiva applicando alla fattispecie in esame, relativa a un reato commesso nel 2017, la più sfavorevole disciplina oggi prevista dall'art. 61-bis, legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dall'art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Tale norma ha natura sostanziale in quanto incide sia sulla specie che sulle modalità di esecuzione della pena; ne consegue, pertanto, che la decisione in esame ha violato l'art. 2, comma quarto, c.p., che, in caso di successione di norme penali nel tempo, prevede l'applicazione della disciplina più favorevole al reo, da individuarsi, nel caso di specie, nella previgente disciplina.
Va, infatti, considerato che tale disciplina è stata costantemente interpretata da questa Corte nel senso della piena compatibilità tra la sostituzione della pena detentiva e la sospensione condizionale della pena, riconoscendo, da un lato, la natura di sanzione penale della sanzione sostitutiva e, dall'altro, l'interesse del condannato ad ottenere entrambi i benefici (Cass. Pen., Sez. Vi, 8 maggio 2025, n. 17489).
Come noto l'art. 328 c.p. prende in considerazione due distinte condotte criminose.
La prima consiste nell'indebito rifiuto di compiere atti di ufficio qualificati, strumentali al soddisfacimento di preminenti ragioni di interesse pubblico espressamente tipizzate dalla legge nelle ragioni di giustizia, di sicurezza pubblica, di ordine pubblico, di igiene o sanità.
L'omissione penalmente rilevante deve avere ad oggetto il provvedimento conclusivo del procedimento o comunque atti antecedenti dotati di rilevanza esterna; esulano invece dall'ambito di applicazione della norma in esame gli atti meramente endo-procedimentali.
Per atto d'ufficio da adottarsi per ragioni di giustizia deve intendersi qualunque provvedimento od ordine autorizzato da una norma giuridica per la pronta attuazione del diritto obiettivo e diretto a rendere possibile o più agevole l'attività del giudice, del pubblico ministero o degli ufficiali di polizia giudiziaria.
Gli atti d'ufficio per ragioni di sanità devono invece identificarsi in quegli atti doverosi e indifferibili, di natura sanitaria o comunque strettamente funzionali alla realizzazione di questi ultimi.
Rientrano invece negli atti d'ufficio da compiere per ragioni di pubblica sicurezza quelli inerenti alle funzioni di polizia, diretti cioè a mantenere la sicurezza e l'incolumità dei cittadini, a prevenire i reati.
L'ordine pubblico, invece, riguarda il mantenimento della pace sociale e del comune vivere civile. La giurisprudenza vi ha ricondotto il caso di omessa segnalazione al Prefetto, ex art. 75 d.P.R. n. 309/1990, da parte del pubblico ufficiale, della detenzione ad uso esclusivamente personale di sostanza stupefacente – che non integra quindi un delitto – sul presupposto che sussista un obbligo di riferire il fatto senza ritardo per ragioni di ordine pubblico.
In relazione invece alle condotte di ritardo, da considerarsi pluri-offensive, in quanto la norma incriminatrice, al comma secondo, tutela nel contempo l'interesse del privato, alla tempestiva adozione dell'atto, il legislatore ha subordinato la rilevanza penale del comportamento dilatorio a precise condizioni.
Occorre infatti, come anticipato, la messa in mora del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, mediante una richiesta scritta, come precisato dall'ultimo inciso del comma secondo dell'art. 328 c.p., la cui ricezione determina il dies a quo del termine di trenta giorni per l'adozione dell'atto o per la comunicazione al privato delle ragioni del ritardo. Deve trattarsi di una diffida ad adempiere, non potendosi riconoscere efficacia a un mero esposto o ad una semplice segnalazione
Come evidenziato, l'elemento soggettivo che deve assistere le condotte di cui all'art. 328 c.p. è il dolo generico, che richiede – nel caso di omissione – la rappresentazione dei presupposti del dovere di attivarsi, anche in relazione alla sussistenza delle ragioni di primario interesse pubblico che impongono il compimento dell'atto.
Nelle ipotesi di cui al secondo comma, la componente rappresentativa del dolo deve ricomprendere altresì l'avvenuta diffida ad adempiere inoltrata dal privato.