Responsabilità e Modelli 231

29.10.2025

Cass. pen., Sez. IV, 01 settembre 2025, n. 30039

Massima: «Il modello di organizzazione e gestione di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 non deve contenere prescrizioni operative di dettaglio, essendo lo stesso preposto a solo a delineare i principi, le procedure generali e i flussi informativi necessari per prevenire la realizzazione di reati. La specificità operativa, infatti, è demandata a strumenti diversi e complementari rispetto al c.d. "MOG", quali i documenti di valutazione dei rischi, le istruzioni operative e le procedure tecniche di dettaglio. Il modello organizzativo in disamina ha, invero, una funzione di governance e di controllo dei processi decisionali. Inoltre, se è vero che l'adozione di un modello organizzativo conforme agli standard internazionali non determina, ex se, l'esenzione da responsabilità di cui all'art. 30, comma 5, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, altrettanto vero è che detta circostanza rappresenta un elemento che può essere superato solo attraverso la compiuta dimostrazione della sostanziale inadeguatezza del sistema organizzativo adottato.»

A cura di Avv. Elia Francesco Dispenza

La sentenza oggetto di commento affronta temi centrali in materia di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.lgs. 231/2001, offrendo importanti precisazioni sui presupposti di imputazione e sull'interpretazione dei concetti di interesse, vantaggio e colpa di organizzazione.

La Corte di Cassazione ha analizzato nel dettaglio la responsabilità penale-amministrativa delle tre società imputate, operative di settori diversi — una attiva nella produzione di biocarburante, un'altra nei servizi health & safety nei luoghi di lavoro e una terza specializzata in lavori impiantistici e manutentivi — fornendo indicazioni di principio destinate a incidere sulla prassi applicativa.

Nel caso della società operante nel campo petrolifero, la Corte ha annullato con rinvio la statuizione di responsabilità amministrativa, richiamando il principio della necessaria pregiudizialità del reato commesso dalla persona fisica. 

La responsabilità dell'ente, ai sensi dell'art. 5 del D.lgs. 231/01, presuppone infatti l'accertamento di un illecito penale realizzato nel suo interesse o a suo vantaggio da soggetti che agiscono per suo conto. 

Ne consegue che l'annullamento della condanna per il reato presupposto, anche con rinvio, comporta automaticamente la caducazione della pronuncia di responsabilità dell'ente che su di esso si fonda. 

A fronte di tale effetto assorbente, la Corte ha dichiarato non esaminabili gli ulteriori motivi di ricorso relativi alla sussistenza dell'interesse o vantaggio e all'efficacia esimente del modello organizzativo adottato in materia di sicurezza sul lavoro.

Più articolata è la posizione dell'impresa che eroga servizi di sicurezza industriale. 

In primo luogo, la Cassazione ha escluso l'inammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell'ente, precisando che, pur non essendo possibile costituirsi parte civile direttamente contro l'ente ai sensi del D.lgs. 231/2001, è ammesso che questo risponda come responsabile civile per i danni derivanti dal reato dei propri dipendenti. 

Inoltre, qualora l'ente sia già parte del procedimento penale, non è necessaria una citazione formale ai sensi dell'art. 83 c.p.p., essendo sufficiente una richiesta risarcitoria esplicita. 

Diversamente, la Corte ha accolto il motivo relativo alla carenza di motivazione sul requisito dell'interesse o del vantaggio, ritenendo la decisione di merito fondata su una formula vuota e generica. Invero, la Corte d'appello aveva individuato l'interesse nella volontà di mantenere rapporti favorevoli con la committente per assicurarsi la prosecuzione della commessa, ma tale motivazione è stata giudicata insufficiente poiché priva di una concreta dimostrazione del collegamento finalistico tra la violazione e l'utilità per l'ente. 

A tal proposito, la Cassazione ha ricordato che l'interesse, valutato ex ante, consiste nella prospettazione di un'utilità, mentre il vantaggio, valutato ex post, è collegato al conseguimento di un profitto o di un risparmio di spesa. 

Nei reati colposi di evento, come quelli in materia di sicurezza sul lavoro, questi criteri si riferiscono alla condotta violativa e non all'evento lesivo. Anche un risparmio minimo può integrare il vantaggio, ma deve essere concretamente apprezzabile. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto mancante l'indicazione dell'effettiva utilità perseguita e ha rilevato la sottovalutazione di elementi fattuali, quali la posizione non apicale degli imputati e l'assenza di incentivi contrattuali alla riduzione dei costi per la sicurezza.

Per quanto riguarda la società impegnata in lavori di montaggi industriali, l'annullamento con rinvio è stato disposto per un diverso profilo, relativo alla colpa di organizzazione. 

La Corte ha osservato che la sentenza impugnata non aveva adeguatamente motivato in ordine a tale elemento, che rappresenta il nucleo della responsabilità dell'ente. 

La colpa di organizzazione deve essere intesa in senso normativo, come rimprovero per non aver predisposto adeguate misure gestionali e di controllo atte a prevenire i reati, e l'onere di dimostrare l'esistenza di tale deficit organizzativo grava sull'accusa. 

La Cassazione ha inoltre censurato la decisione di merito nella parte in cui aveva considerato irrilevante il modello organizzativo aziendale certificato secondo lo standard BS OHSAS 18001, ricordando che l'art. 30, comma 5, del D.lgs. 81/2008 attribuisce a tali modelli una presunzione di conformità, che pur non essendo assoluta, rappresenta un elemento probatorio significativo. Spetta quindi all'accusa dimostrare la concreta inadeguatezza o inefficace attuazione del modello. 

La Corte ha poi chiarito che il modello organizzativo ex D.lgs. 231/2001 non deve essere un manuale operativo di dettaglio, ma uno strumento di governance volto a delineare principi generali, flussi informativi e meccanismi di controllo, mentre la specificità operativa è demandata ad altri strumenti, come i piani di sicurezza. Considerare la genericità del modello come indice di inefficacia significa fraintenderne la funzione. 

È stata invece respinta la doglianza relativa alla pretesa genericità del capo di imputazione, ribadendo che la determinatezza della contestazione va valutata non solo sul testo dell'imputazione, ma anche sull'insieme degli atti processuali che consentono all'imputato di comprendere pienamente l'addebito e difendersi efficacemente.

In definitiva, la pronuncia in esame ribadisce con chiarezza alcuni dei pilastri fondamentali della responsabilità amministrativa degli enti, richiamando l'esigenza di motivazioni reali e non apparenti, la necessità di un accertamento concreto dei requisiti di interesse e vantaggio, e l'importanza di una corretta valutazione della colpa di organizzazione e dei modelli di gestione e controllo. 

Essa rappresenta un ulteriore tassello nel processo di chiarificazione della giurisprudenza in materia, rafforzando l'orientamento volto a esigere dall'accusa un onere probatorio pieno e non meramente presuntivo nella dimostrazione dell'inadeguatezza organizzativa dell'ente.