Lo stato dell’arte sulla rinnovazione dell’istruttoria in appello per overturning

22.06.2022

Se il processo penale si fonda sul principio della oralità, tuttavia la sede principale per l'assunzione della prova è rappresentata dal giudizio di primo grado. Infatti, i casi di rinnovazione della istruttoria dibattimentale sono tassativamente disciplinati dal legislatore.

L'art. 603 c.p.p. regola, fin dalla sua formulazione originaria, tre ipotesi di rinnovazione della istruttoria dibattimentale: se una delle parti l'abbia richiesta nell'atto di impugnazione, e il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti; se nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado; se il giudice la ritiene assolutamente necessaria[1].

Alle tre originarie ipotesi se ne è aggiunta una quarta, frutto di un lungo percorso giurisprudenziale, non sempre rettilineo, anzi spesso tortuoso. La ragione sottesa a tale innovazione è consistita nel tentativo di bilanciare due diverse esigenze, riconosciute e tutelate sia sul piano nazionale (Costituzione), sia sul piano sovranazionale (CEDU): da un lato, il diritto dell'imputato a un giusto processo; dall'altro lato, la ragionevole durata dei processi.

Le ristrette maglie per l'imputato di ottenere la rinnovazione dell'istruttoria, sulla base della disciplina previgente e della interpretazione rigorosa che di essa forniva la giurisprudenza, hanno causato frizioni con i principi costituzionali e convenzionali. Infatti, l'imputato poteva vedersi la sentenza assolutoria pronunciata in primo grado completamente ribaltata nel giudizio di appello in una sentenza di condanna, sulla base della mera lettura delle "carte processuali".

Al fine di risolvere le problematiche relative alle garanzie fondamentali del giusto processo, la giurisprudenza sovranazionale e nazionale ha fissato alcuni principi, pronunciandosi a più riprese.

Il primo passo significativo è stato compiuto con la sentenza della Corte EDU Dan v. Moldavia. In tale pronuncia, il giudice di Strasburgo ha affermato che, nel giudizio di secondo grado, non si può emettere, per la prima volta, sentenza di condanna, qualora la prova decisiva della colpevolezza dell'imputato si identifichi in una fonte dichiarativa, senza che quest'ultima sia stata ascoltata direttamente dal giudice di appello.

Il principio elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo è poi stato recepito dall'ordinamento italiano. La Corte di Cassazione aveva già avuto modo di precisare che il ribaltamento in appello della sentenza assolutoria pronunciata in primo grado necessita di un rafforzamento sul versante motivazionale, imposto dal principio di non colpevolezza. Secondo tale ricostruzione, infatti, una pronuncia di assoluzione rafforza l'ipotesi di innocenza dell'imputato, comportando uno sforzo motivazionale maggiore per fondare la dichiarazione di responsabilità penale.

Alla predetta garanzia sul versante motivazionale, la Corte di Cassazione, in piena aderenza alla giurisprudenza di Strasburgo, ne ha elaborata una ulteriore: la necessità di rinnovare l'istruttoria dibattimentale per l'assunzione della prova dichiarativa decisiva. Nella sentenza Dasgupta[2], il giudice di legittimità ha affermato che si debba procedere nel grado di appello alla assunzione della prova dichiarativa ogniqualvolta il giudice intenda pronunciare una sentenza di condanna in riforma di una sentenza di primo grado assolutoria[3].

La predetta innovazione di matrice giurisprudenziale ha trovato ulteriore conferma anche nella ipotesi in cui non vi fosse stata una audizione del testimone in primo grado, non potendosi perciò parlare di una effettiva rinnovazione della istruttoria. Infatti, nella sentenza Patalano[4], la Corte di Cassazione ha stabilito che il predetto onere di rinnovazione trova applicazione anche nel caso in cui il giudizio di primo grado si sia svolto con le forme del rito abbreviato[5].

La particolare rilevanza delle citate pronunce giurisprudenziali, tanto sovranazionali quanto nazionali, ha portato il legislatore a introdurre all'art 603 cod. proc. pen. il comma 3-bis. In particolare, si prevede che «nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale[6]».

Se l'evoluzione storica, giurisprudenziale e normativa appare chiara, maggiori difficoltà si incontrano in tema di interpretazione del sintagma «diversa valutazione della prova dichiarativa». Infatti, a seconda della portata di tale concetto, è possibile estendere o restringere i casi di obbligatoria rinnovazione della istruttoria.

Secondo una prima impostazione, ogniqualvolta l'impugnazione dell'accusa comporti l'overturning della sentenza di primo grado fondata anche su una prova dichiarativa, il giudice di appello è obbligato a riassumere la predetta testimonianza. Tale soluzione rappresenta senza alcun dubbio una maggiore garanzia per l'imputato, oltre a una maggiore aderenza ai principi della oralità e, soprattutto, dell'immediatezza.

Tuttavia, l'adesione a tale ricostruzione nasconde il rischio di cagionare una irragionevole estensione della durata dei processi. Si pensi al caso in cui l'impugnazione del Pubblico Ministero si fondi principalmente e direttamente sulla interpretazione di una prova documentale, coinvolgendo solo indirettamente una prova dichiarativa. A titolo esemplificativo, il Pubblico Ministero potrebbe censurare la sentenza di primo grado che ha escluso l'idoneità delle risultanze di intercettazioni a riscontrare le dichiarazioni della persona offesa. In questo caso, il tema della valutazione della prova dichiarativa resta solamente sullo sfondo.

Perciò, una seconda impostazione, condivisa dalla giurisprudenza di legittimità, si richiama alla disciplina generale circa la prova dichiarativa e, in particolare, alla distinzione tra attendibilità intrinseca ed estrinseca per restringere le ipotesi di rinnovazione della istruttoria in appello[7]. Secondo tale interpretazione, solo nei casi in cui l'impugnazione attenga alla attendibilità intrinseca del testimone sorge l'obbligo in capo al giudice di appello di disporre la rinnovazione della istruttoria.

Questa seconda interpretazione è stata recentemente recepita dalla Corte EDU nella sentenza Ignat c. Romania. In particolare, nel caso concreto, il giudice di appello aveva riformato la sentenza assolutoria pronunciata in primo grado, assegnando un ruolo di primordine ai fini probatori al materiale intercettivo, rispetto alle dichiarazioni dei testimoni indicati a discarico[8].

In definitiva, l'attuale disciplina della rinnovazione della istruttoria dibattimentale in appello rappresenta il compromesso tra diverse esigenze: da un lato, la natura del giudizio di appello come revisio prioris istantiae e la ragionevole durata dei processi; dall'altro lato, il diritto dell'imputato a un giusto processo e i principi di immediatezza e oralità.

Dott. Marco Misiti


[1] La mancata previsione di ipotesi di rinnovazione della istruttoria sempre obbligatoria è frutto di una specifica scelta del legislatore, ricollegata direttamente alla opzione della configurazione del giudizio di appello come nuovo giudizio, oppure come revisio prioris istantiae. Infatti, se il secondo grado venisse ipotizzato come nuovo giudizio, allora l'istruttoria dovrebbe sempre e comunque essere rinnovata; nel caso in cui l'appello si deve limitare ad un controllo sulla correttezza del giudizio di primo grado, allora è possibile prevedere limitazioni alla esperibilità della predetta rinnovazione. Per una più ampia analisi della possibile natura differente del giudizio di appello e sugli effetti di tale configurazione sulla rinnovazione dell'istruttoria, si rinvia a H. Belluta, L. Lupária, La rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale fra legge e giurisprudenza: punti fermi ... e non, in Sistema penale.

[2] Cass. pen., Sez. U, sentenza 1 luglio 2016, n. 27620. In particolare, il giudice di legittimità ha anche affrontato la questione circa la rilevabilità di ufficio della violazione dell'art. 6 CEDU. Sul punto, si rinvia a V. Aiuti, Poteri d'ufficio della Cassazione e diritto all'equo processo, in Cassazione penale, 9/2016, 3214 ss.

[3] Nella analisi della predetta pronuncia, tuttavia, emerge che, secondo tale interpretazione, la rinnovazione della istruttoria in appello per overturning trova il proprio fondamento non tanto nel diritto al giusto processo, quanto nella necessità che la sentenza di appello sia dotata di una maggiore forza persuasiva. In tal senso si è espresso anche P. Messini D'Agostini, F. Sanvitale, Le Sezioni Unite oltre la Corte di Strasburgo in tema di rinnovazione istruttoria in appello, in Cassazione penale, n. 9/2021, 3025 ss.

[4] Cass. pen., Sez. U, 14 aprile 2017, n. 18620.

[5] È opportuno evidenziare che la soluzione appena citata risulta più garantista dell'orientamento della Corte EDU. Infatti, il giudice di Strasburgo ha escluso la violazione dell'art. 6 CEDU nelle ipotesi in cui la normativa di uno Stato aderente non imponga la rinnovazione dell'istruttoria nei casi in cui il giudizio di primo grado, svoltosi con le forme di un procedimento speciale, non preveda l'assunzione di mezzi di prova. In particolare, sul punto, si rinvia alle sentenze Fornataro c. Italia e Di Martino e Molinari c. Italia.

[6] La formulazione della disposizione è stata criticata da molti commentatori, laddove, da un lato, ha tentato di riprodurre gli esiti giurisprudenziali già raggiunti; dall'altro lato, ha omesso di far cenno alla necessità di rinnovare solo la prova dichiarativa decisiva, e non tutta l'istruttoria già svolta. Nel senso di una non felice formulazione legislativa, si rinvia a P. Messini D'Agostini, F. Sanvitale, Le Sezioni Unite, cit., e H. Belluta, L. Lupária, La rinnovazione, cit. Infine, si evidenzia come, nonostante l'esplicito richiamo alla impugnazione da parte del Pubblico Ministero, la giurisprudenza di legittimità ritiene che debba essere disposta la rinnovazione dell'istruttoria anche qualora l'impugnante sia la parte civile ai soli effetti civili. Da ultimo, Cass. pen., Sez. 5, 18 maggio 2020, n. 15259.

[7] Si veda sul punto P. Messini D'Agostini, F. Sanvitale, Le Sezioni Unite, cit. Gli Autori affermano che la Corte EDU non sembra accogliere tale impostazione. In realtà, come si vedrà nel prosieguo, una recente pronuncia del giudice di Strasburgo sembra porsi sulla medesima linea del nostro giudice di legittimità.

[8] Nella predetta sentenza, la Corte EDU effettua una distinzione tra valutazione del fatto (tra cui rientra anche la valutazione di credibilità del testimone) e questioni di diritto.