Si configura il reato di truffa se si fa credere di possedere poteri soprannaturali in grado di far tornare a casa l'ex coniuge

11.10.2023

Cass.Pen II sez. 24 febbraio 2023, n.8392

E' una sentenza che fa sorridere e che sembra calzare a pennello con il mese più tenebroso dell'anno, quella emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, con cui è stata confermata la sentenza di primo grado che condannava gli imputati per aver fatto pensare alla vittima di possedere poteri psichici in grado di far tornare a casa l'ex coniuge dietro il pagamento di un corrispettivo.

Dopo la sentenza della Corte d'Appello di Palermo che ha confermato la sentenza emessa in primo grado, entrambi i condannati in primo e secondo grado hanno adìto la Suprema Corte ritenendo entrambi che, la Corte di Appello aveva omesso di pronunciarsi sul riconoscimento dell'aggravante di cui all'art.61 c.p., n.5 trattando solamente il motivo di doglianza relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

Tuttavia uno dei due ricorrenti proponeva come motivo di doglianza anche il fatto che dinanzi alla Corte d'Appello, si era reputata sussistente la responsabilità del ricorrente sulla base di mere presunzioni nonostante la persona offesa, in contraddizione con molte dichiarazioni rese, era verosimilmente poco credibile.

Il difensore, inoltre, ha ricordato la remissione di querela sporta nei confronti del ricorrente con contestuale accettazione da parte di quest'ultimo durante un'udienza tenuta dinanzi al Tribunale di Marsala.

Ad opinione degli ermellini, il motivo di ricorso proposto da entrambi i ricorrenti e relativo all'omessa motivazione della sussistenza dell'aggravante di cui all'art.61 è fondato.

A riguardo, infatti, la Corte d'Appello si era limitata ad affermare che "la pena inflitta, a ben vedere, è stata già dosata al di sotto del minimo edittale previsto per il reato contestato, come se fossero state applicate -di fatto- le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante...", difettando sia della motivazione circa la sussistenza dell'aggravante ex art.61 n.5 c.p., sia del riconoscimento delle attenuanti generiche.

Proprio queste ultime infatti, qualora riconosciute, avrebbero avuto un grande peso circa la pena da comminare, in quanto, il minimo per il reato di truffa ex art.640 c.p., sarebbe di mesi 6 di reclusione.

Tuttavia, se il motivo di cui sopra ha trovato accoglimento, l'altro motivo di doglianza avanzato dal secondo ricorrente, è stato ritenuto dalla Corte manifestamente infondato poiché le dichiarazioni della Persona Offesa dal reato avevano trovato riscontro nelle dichiarazioni dei parenti ed in particolare della nuora e dei suoi figli.

Oltretutto, stando ad un principio ormai consolidato, la valutazione dell'attendibilità della persona offesa non può essere oggetto di valutazione in sede di legittimità, essendo essa una questione di fatto "che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni".

Nel caso sottoposto alla Corte, tuttavia non si sono riscontrate contraddizioni, ricorrendo infatti, un caso di "doppia conforme" intendendosi, con tale termine, una doppia pronuncia di eguale significato, in cui, affinchè il ricorrente possa addurre un vizio di travisamento della prova è tenuto a provare che l'argomento probatorio travisato sia stato introdotto come oggetto di valutazione della motivazione del provvedimento della Corte d'Appello.

Dott.ssa Martina Carosi