Il dovere di sorveglianza del paziente quale obbligazione del contratto di assistenza sanitaria

23.12.2023

Tribunale Pisa, Sent., 25 Settembre 2023, n. 1165

Il contratto di assistenza sanitaria è un contratto misto, che si perfeziona mediante una serie di prestazioni a carico della struttura: quelle che afferiscono l'intero ambito delle cure e dei trattamenti sanitari, con conseguente obbligo di assistenza e sorveglianza del paziente e quelle di ospitalità alberghiera in senso lato.

Il caso in esame concerne la richiesta risarcitoria del danno da perdita del rapporto parentale subito dai congiunti di una giovane paziente la quale, in seguito al ricovero presso una struttura ospedaliera a causa di una caduta da motocicletta, versava in uno stato mentale di alterazione e disorientamento. Tale stato mentale si manifestava attraverso ripetuti tentativi, della degente, di allontanamento dal reparto presso cui era ricoverata, sino a culminare nel lancio dalla finestra della sua stanza, lasciata aperta dal personale sanitario.

La struttura sanitaria asserisce, in sua difesa, di avere adottato le necessarie cautele di sorveglianza e gli opportuni strumenti di contenzione al fine di evitare il gesto assertivamente suicida della paziente.

A tal proposito il giudice di prime cure afferma: "E' scarsamente probabile che il decesso della paziente sia stato il risultato di un atto di defenestrazione a scopo suicidario. E' del tutto verosimile che, invece, la precipitazione della paziente sia stato il risultato di un tentativo incongruo di allontanamento dal reparto utilizzando la finestra"; - Ciò posto, è necessario valutare se tale atto, indiscusso fattore causale del decesso, fosse prevedibile ed evitabile da parte della struttura ospedaliera, presso la quale la paziente era ricoverata a seguito del sinistro subito, e che era deputata alla sua cura, oltre che, primariamente, alla sua custodia; - I periti hanno descritto la minorata capacità temporanea della paziente successiva al grave trauma cranico subito alla stregua di "delirium", (…) - In particolare, nel caso di specie, si trattava di delirio iperattivo e "Il paziente con delirium richiede, tuttavia, un alto carico assistenziale medico ed infermieristico, soprattutto durante la manifestazione del delirio iperattivo per il continuo monitoraggio farmacologico e la stretta supervisione medica ed infermieristica".

La portata di tale obbligo di vigilanza varia in relazione alle circostanze del caso concreto; l'obbligo sarà tanto più stringente, quanto maggiore è il rischio che il degente possa causare danni o patirne. La diligenza richiesta è pertanto quella di cui all'articolo 1176 c.c.: "Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata".

Invero "con riferimento alle modalità con le quali fu gestita la paziente, (si rileva) che non risultano annotati in cartella né le modalità della contenzione effettuata, né le valutazioni periodiche del personale medico o i tempi dei controlli effettuati dal personale infermieristico ed il periodo indicativo di durata della contenzione, soprattutto, come detto, nel periodo notturno, e tenuto conto di quanto rilevato dallo stesso personale ospedaliero che, la descrive come "Paziente disorientata. Si mobilizza autonomamente. Nel pomeriggio si è allontanata senza consenso del reparto. Sorvegliare attentamente", aggiungendo che il giorno successivo la paziente era alle 21.30 "molto agitata" e si alzava "autonomamente", conducendo a nuova contenzione a letto e somministrazione di terapia sedativa; - Ancora, grave profilo di negligenza, e finanche di imperizia, si deve ravvisare nella mancata disposizione di una consulenza psichiatrica, perché "la gestione del delirium prevede l'ausilio di farmaci di competenza psichiatrica ed interventi ambientali o di supporto atti a garantire la sicurezza del paziente (...)".

Infatti, si rileva che l'obbligo di vigilanza e protezione del paziente, in quanto scaturente ipso facto dall'accettazione di quest'ultimo nella struttura, sorge a prescindere dalla sua capacità di intendere e di volere e dal suo assoggettamento ad un trattamento sanitario obbligatorio.

A ragion veduta Il ricovero in ambito specialistico psichiatrico avrebbe ridotto sensibilmente l'attuazione del gesto autolesivo, che non è stato sostenuto da una fenomenica depressiva, ma avvenuto verosimilmente per un tentativo di fuga in preda ad uno stato di alterazione dello stato di coscienza e delirio di tipo paranoideo" (…) "è bene far riferimento alle buone pratiche: solo lo specialista psichiatra avrebbe potuto definire " i criteri clinici per il ricovero" in un reparto psichiatrico o eventualmente consigliare, se il quadro psichico fosse stabilizzato, la dimissione in accordo ai neurochirurghi. La fenomenica psichica presentata dalla paziente caratterizzata da confusione, allucinazioni, difficoltà nell'elaborazione di un pensiero chiaro e comprensibile, difficoltà nell'eloquio con allentamento dei nessi logici, alternanza di movimenti lenti ad agitazione psicomotoria, insonnia alternata a sonnolenza, deponeva per uno stato di delirium che avrebbe richiesto un intervento multidisciplinare con l'ausilio non solo della consulenza anestesiologica, ma anche di quella psichiatrica che avrebbe potuto programmare un protocollo terapeutico definito e verosimilmente a dosi crescenti fino alla stabilizzazione"; - Il ricovero presso il reparto di psichiatria, d'altra parte, avrebbe, con misura percentuale probabilistico di derivazione causale sufficiente ai fini dell'attribuzione di responsabilità contrattuale (più probabile che non, superiore al 50%), comportato meccanismi più efficaci di contenzione e somministrazione di terapie più adeguate al caso di specie".

Ai fini di una corretta ripartizione dell'onere probatorio, il paziente (o i congiunti come nel caso di specie) deve provare l'avvenuto inserimento nella struttura e che il danno si è verificato durante il tempo della sua degenza, spetta invece alla controparte dimostrare di avere adempiuto la propria prestazione con la diligenza esigibile per impedire il fatto. Per tali ragioni veniva accertata la condotta omissiva colposa, produttiva dell'evento dannoso, in capo alla struttura convenuta, con conseguente affermazione di responsabilità contrattuale dovuta alla violazione degli obblighi di vigilanza derivanti dal ricovero.

Nella fattispecie in esame tale obbligo di sorveglianza presenta un contenuto ben più ampio proprio in virtù dell'alterazione dello stato mentale (che avrebbe inoltre suggerito il ricovero presso il reparto specialistico psichiatrico), manifestato dalla paziente deceduta sin dai primi momenti di permanenza nella struttura sanitaria.

Dott.ssa Martina Buzzelli