Strage di erba: verso la revisione del processo

11.01.2024

Dopo quasi tredici anni dalla sentenza di condanna all'ergastolo per i coniugi Rosa e Olindo, accusati dell'omicidio di Raffaella Castagna, del figlio Youssef di soli due anni, della nonna del piccolo Paola Galli e della vicina di casa Valeria Cherubini, la Corte d'Appello di Brescia ha fissato al primo marzo l'udienza, al termine della quale i giudici decideranno sull'istanza di revisione.

Ma cosa si intende per "revisione" del processo?

Prima di addentrarci nell'analisi di questo istituto, è opportuno fare un breve cenno al concetto di "irrevocabilità" della sentenza intesa come tendenziale "non modificabilità" del provvedimento del giudice contro il quale non è esperibile né l'appello, né il ricorso per Cassazione.

Ciò sta a significare che, di regola, non può esserci un nuovo processo penale nei confronti di un medesimo imputato per il medesimo fatto storico.

Il nostro ordinamento, però, prevede e disciplina alcuni "strumenti" in favore del condannato, attraverso i quali gli effetti del c.d. giudicato possono venire meno in presenza di alcuni presupposti.

Si tratta dei "mezzi di impugnazione straordinari", la cui straordinarietà sta proprio nel fatto che essa è diretta contro una sentenza divenuta irrevocabile.

Tra questi vi è la revisione (art.629 e ss. c.p.p.) che ha per oggetto una sentenza di condanna, la sentenza che applica la pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento), nonché il decreto penale di condanna.

Il giudice competente a decidere è esclusivamente la Corte d'Appello determinata in base alla medesima tabella con cui si individua la competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati (art.11 c.p.p.).

Dunque, si tratta della Corte d'Appello di un distretto diverso da quello in cui si è svolto il giudizio divenuto irrevocabile al fine di evitare influenze ambientali e, di conseguenza, tutelare la serenità dell'autorità giudicante chiamata ad un compito senza dubbio delicato come quello di "stravolgere" un giudicato.

I soggetti legittimati alla richiesta di revisione sono: il condannato; un prossimo congiunto o il tutore del condannato; l'erede o il prossimo congiunto del condannato deceduto; il Procuratore generale della Corte d'appello nel cui distretto fu pronunciata la sentenza di merito poi passata in giudicato.

La revisione può essere richiesta nei casi tassativamente previsti dall'art.630:

  • se i fatti stabiliti a fondamento di una sentenza o di un decreto penale di condanna sono già stati oggetto di una precedente sentenza irrevocabile (ad esempio l'imputato è già stato condannato per un furto avvenuto nello stesso giorno e nello stesso luogo in cui invece il secondo giudice ha ritenuto che avesse commesso un altro reato).
  • Se la decisione irrevocabile di condanna era fondata su di una questione pregiudiziale accertata in una sentenza definitiva, che è stata successivamente revocata.

Per quanto riguarda le questioni pregiudiziali previste dall'art.3 (stato di famiglia o di cittadinanza), un classico esempio è quello della condanna per bigamia alla quale segue una sentenza civile che accerta la nullità del precedente matrimonio.

Invece, per quanto riguarda le questioni pregiudiziali previste dall'art.479 (concernenti controversie civili o amministrative di particolare complessità), è citato generalmente come esempio la condanna per bancarotta fraudolenta alla quale segue la sentenza che revoca la dichiarazione di fallimento.

  • Se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, da sole o unite a quelle già acquisite, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto.

Si pensi, appunto, alla Strage di Erba. Gli avvocati puntano su nuovi testimoni e una serie corposa di consulenze (sette) alla base della richiesta di revisione della sentenza.

  • Se la sentenza di condanna è stata pronunciata in conseguenza di una falsità che è stata accertata in una successiva sentenza irrevocabile (ad esempio, la condanna si era basata su di una testimonianza che poi è stata accertata essere falsa); oppure, è stata pronunciata in conseguenza di un altro fatto previsto dalla legge come reato (ad esempio, simulazione di reato, corruzione in atti giudiziari).

Ai casi di revisione "tradizionale" deve aggiungersi la revisione c.d. europea che può essere esperita quando la Corte europea ha condannato (con sentenza definitiva) il nostro Stato per la violazione di una norma della Convenzione in tema di giusto processo penale.

La revisione, dunque, comporta la riapertura del processo con una ripresa delle attività processuali al fine di garantire la conformità dell'ordinamento nazionale alla Convenzione europea.

Il procedimento di revisione prevede:

  • La fase preliminare di delibazione da svolgersi secondo il regime di segretezza.

La Corte d'Appello è chiamata a valutare la "novità" della prova che giustifica l'apertura del giudizio di revisione. Si tratta, dunque, di una prognosi in concreto sull'idoneità delle nuove prove a ribaltare la sentenza non essendo la Corte tenuta a valutare la credibilità e l'attendibilità della prova in assenza di contraddittorio.

L'esito della fase di delibazione può condurre a diversi esiti: a una declaratoria di inammissibilità o ad una ordinanza di ammissibilità della richiesta con cui si apre il predibattimento del giudizio di revisione e la parte privata, ammessa al giudizio di revisione, riacquista la qualità di imputato.

  • Giudizio di revisione.

Il presidente della Corte d'appello emette un decreto di citazione simile a quello previsto per il giudizio d'appello.

Si osservano le norme disposte per il giudizio di primo grado in quanto applicabili e nei limiti delle ragioni indicate nella richiesta.

Il giudizio inizia con le richieste che siano assunte quelle prove a discarico che già in precedenza erano state indicate o allegate.

Il vero "fulcro" è rappresentato dall'efficacia persuasiva delle prove; è la "novità" che deve convincere dell'innocenza o, quanto meno, far sorgere il ragionevole dubbio.

Quali sono i possibili esiti del procedimento di revisione?

In caso di accoglimento della richiesta, il giudice revoca la sentenza di condanna o il decreto penale di condanna e pronuncia il proscioglimento indicandone la causa nel dispositivo.

In caso di rigetto, il giudice condanna la parte privata che l'ha proposta al pagamento delle spese processuali e, se è stata disposta la sospensione, dispone che riprenda l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza.

Infine, è bene precisare che la sentenza pronunciata nel giudizio di revisione è soggetta al ricorso per Cassazione (art.640 c.p.p). 

Dott.ssa Francesca Saveria Sofia