Tra erede e legato l’ institutio ex re certa: un ibrido nelle successioni testamentarie.
L'articolo 588 c.c. distingue le disposizioni a titolo universale da quelle a titolo particolare definendo le prime come quelle che attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore. Le disposizioni a titolo particolare invece attribuiscono la qualità di legatario.
Nel secondo comma si legge: "L'indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio".
La norma in esame elabora una figura ibrida tra erede e legato, collocandola in seno alle disposizioni testamentarie che, pur attribuendo al beneficiario determinati beni, qualificano quest'ultimo come un successore a titolo universale.
Nonostante da una prima lettura dell'articolo si possa agevolmente individuare la linea che segna la distinzione tra le due figure e la differenza con la insitutio ex re certa, nella pratica delle successioni testamentarie si deve dare atto delle significative difficoltà interpretative che sorgono nell'indagine sulle volontà del de cuius. Spesso, infatti, si deve tenere conto dell'eventualità che il testatore abbia voluto semplicemente ripartire i propri beni senza preoccuparsi del titolo per il quale avvenisse la vocazione.
Quando si accerti che il testatore, nel disporre dei singoli beni, abbia voluto assegnare questi ultimi come quota dell'universalità, considerando i cespiti quale porzione del suo patrimonio, si avrà successione a titolo universale e istituzione di erede, seppure "pro quota".
"In tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell'art. 588 cod. civ., l'assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale ("institutio ex re certa") qualora il testatore abbia inteso chiamare l'istituito nell'universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni. L'indagine diretta ad accertare se ricorra l'una o l'altra ipotesi si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito e, quindi, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato[1]".
Pertanto se si riesca ad apprezzare che il de cuius abbia voluto destinare quei beni quale quota del suo patrimonio (e non come beni che conferiscono lo status di legatario) si realizza l'insitutio ex re certa in quanto è inequivocabile la sua volontà di istituire l'erede.
La vexata quaestio del "chiamato all'eredità ex re certa" riguarda l'applicazione, anche rispetto a tale figura, del principio della vis espansiva che consente di attrarre in capo al beneficiario la proprietà dei beni di cui il testatore non ha disposto o perché da lui ignorati o perché da lui volontariamente taciuti o, ancora, perché sopravvenuti al momento della confezione del testamento.
È stato affermato un principio, apparentemente in contrasto con quello enunciato dalla giurisprudenza più recente, che sembra negare, in termini assoluti, la possibilità del concorso fra l'erede legittimo e l'istituito ex re, che sarebbe l'unico erede in virtù della forza espansiva implicita nel riconoscimento della qualifica ereditaria.
A tal proposito, la Suprema Corte statuiva l'operatività della vis espansiva a tutti i casi di istituzione a titolo universale: sull'assunto che l'institutio ex re certa fosse istituzione a titolo universale, ad essa si applicava la vis espansiva della quota e la capacità della medesima, di ricomprendere tutti i beni non indicati nel testamento, in quanto sopravvenuti o ignorati dal defunto. "In tema di delazione dell'eredità, non ha luogo la successione legittima agli effetti dell'articolo 457, secondo comma, c.c., in presenza di disposizione testamentaria a titolo universale, sia pur in forma di istituzione ex re certa, tenuto conto della forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti[2]".
In aderenza con la citata ricostruzione, tali beni dovranno essere attribuiti agli eredi, anche chiamati mediante institutio ex re certa, in proporzione alle rispettive quote e senza doversi procedere alla successione legittima. Di conseguenza, una volta accertata l'effettiva volontà del de cuius di devolvere taluni beni come quota dell'intero patrimonio, la qualifica di erede ex re certa si arricchisce anche della forza espansiva tipica del chiamato all'eredità.
Tuttavia, di recente, la Cassazione si è espressa in senso opposto, argomentando: "La giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito in passato che l'institutio ex re certa vale a determinare la quota dell'istituito, non già ad attribuirgli la qualità di unico erede (Cass. N. 737/1963). La possibilità del concorso fra l'istituito ex re e l'erede legittimo è stata in tempi recenti riconosciuta da Cass. n. 17868/2019. È stato precisato che in mancanza di una manifestazione contraria all'apertura della successione legittima, i beni consapevolmente esclusi sono attribuiti al chiamato ex lege. (ex art. 734 c.c. art. 734 - Divisione fatta dal testatore c.c.). La quota dell'istituito ex re è determinata, perciò, in base al rapporto fra le cose attribuite e il valore globale dei beni che il testatore sapeva di possedere in quel dato momento, tenuto conto anche di quelli non contemplati nel testamento. Nella quota differenziale, formata dalle altre cose dell'asse, succede l'erede legittimo; nella stessa proporzione, in forza della virtù espansiva che costituisce connotato essenziale della vocazione a titolo universale, si ripartiranno fra erede testamentario e legittimo i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti dopo la confezione della scheda (Cass. N. 9487/2021).
Il connotato essenziale della istituzione ex re certa non va ricercato nell'implicita volontà del testatore di attribuire all'istituito la totalità dei beni di cui egli avrebbe potuto disporre al momento della confezione del testamento, ma nell'assegnazione del bene determinato o del complesso di beni come quota del suo patrimonio (Cass. n. 42121/2021). Ciò che è essenziale ai fini del riconoscimento del carattere universale della disposizione, piuttosto, è la possibilità di una partecipazione anche dell'erede istituito ex re anche all'acquisto di altri beni e quindi la sua attitudine a raccoglierli in proporzione della sua quota, da determinarsi in concreto attraverso il rapporto proporzionale tra il valore delle res certae attribuite e il valore dell'intero asse (Cass. n. 5773/1980; n. 2050/1976; n. 1368/1971). Se non vi è quella attitudine, ma l'acquisto è limitato esclusivamente a beni determinati, il chiamato, anche se designato erede, non può che essere considerato legatario (Cass. n. 42121/2021). Consegue da quanto sopra che, in materia di interpretazione di una disposizione testamentaria di uno più beni determinati, l'indagine, sulla composizione del patrimonio del testatore al momento della formazione della scheda, è rilevante ad ampio raggio, non solo per stabilire se la disposizione sia legato o istituzione di erede, ma, in ipotesi risoltasi la questione interpretativa nel senso della istituzione ex re, al fine di stabilire se ci siano i presupposti del concorso dell'erede istituito con l'erede legittimo[3]".
Poiché uno dei principi che informa la materia delle successioni è quello della libertà del testatore, tale istituto si rivela uno strumento efficace in tal senso: l'autore delle disposizioni testamentarie potrà infatti pervenire ad un'assegnazione di alcuni dei suoi cespiti individuandoli qualitativamente, senza dover procedere a priori ad una determinazione quantitativa, designando come erede (non come legatario) il soggetto chiamato a beneficiare di quei beni specifici, intesi perciò come quota del patrimonio complessivo.
In conclusione, per determinare la quota ereditaria spettante all'istituito ex re certa occorrerà procedere a posteriori, con un'operazione che terrà conto del rapporto tra il valore dei beni assegnati ed il valore totale del patrimonio: "apporzionamento".
[1] Cass. Civ., Sez. II 25 ottobre 2013 n. 24163
[2] Cass. Civ., SS.UU., 28 giugno 2018, ordinanza n. 17122.
[3] Cass. Civ., Sez. II, 5 agosto 2022, n. 24310.